Il nostro inviato al Lido
11 minuti di speranza
L'eccitazione suscitata dal divertente film di Jerzy Skolimowski è spiegabile con le poche sorprese fin qui riservate dalla Mostra del cinema di Venezia. Pellicole dignitose (vedi Laurie Anderson, Gianfranco Pannone, Alberto Caviglia), ma ancora niente di grande. Continuiamo a sperare...
La 72^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha superato abbondantemente metà del percorso ma a tutt’ora non ci ha regalato nessun grande film. Qualcosa di buono si è visto, ma niente di davvero “sorprendente” o “straordinario”. Per questo è facilmente spiegabile l’eccitazione suscitata questa mattina da Jerzy Skolimowski e dal suo peraltro divertente 11 minuti. Che poi sarebbero quelli che trascorrono dall’inizio delle varie storie raccontate da tutti i punti di vista dei protagonisti fino all’esplosivo finale. Operazione riuscita, scaltra, e perfetta per i frequentatori di festival. Al cui eccessivo entusiasmo va riconosciuta l’attenuante di una dieta rigorosa a base di film modesti o poco più.
Debole ma non banale Heart of a dog di Laurie Anderson, compagna di Lou Reed al quale è dedicata la parte finale del film incentrato su Lolabelle, amato cane dei due artisti e guida dello spettatore attraverso l’inconscio della regista. Operazione interessante quella di Gianfranco Pannone. L’esercito più piccolo del mondo ha il pregio di farci conoscere una realtà, quella delle guardie papali vaticane finora poco divulgata se non attraverso il pretesto di complicati fatti di cronaca. Alberto Caviglia, presente in Orizzonti, realizza Pecore in erba, un’opera dal dispositivo non nuovissimo ma con l’encomiabile intento di raccontare in una maniera diversa un fenomeno terribile come l’antisemitismo.
Tutto sembra confermare, salvo graditissime e auspicabili sorprese degli ultimi giorni, un livello medio dei film. Non ci sono grandi pellicole, ma non ce ne sono nemmeno di inguardabili. Il che non è incoraggiante, ma lascia almeno un filo di speranza.