Cartolina dall'America
Parata repubblicana
Uno per uno, ecco chi sono i diciassette candidati repubblicani alla Casa Bianca (da Trump a Jeb Bush a John Kasich) e come si sono presentati, in tv, ai loro elettori e al mondo
Si è aperta ufficialmente la campagna elettorale per le presidenziali del 2016 con il primo dibattito repubblicano che si è tenuto a Cleveland in Ohio. A causa della quantità di candidati, 17, è stato deciso di dividerlo in due parti. Nel pomeriggio c’è stato quello tra 7 candidati, quelli che negli exit poll sono risultati meno popolari. Protagonisti di quello che è stato soprannominato scherzosamente “happy hour” (in quanto ha preceduto, come gli aperitivi, il pasto più importante della sera tra gli altri 10 candidati) sono stati Carly Fiorina ex CEO della Hewlett Packard, l’ex governatore della Virginia Jim Gilmore, il senatore della South Carolina Lindsey Graham, il governatore della Louisiana Bobby Jindal, l’ex governatore dello stato di New York Perry Pataki, l’ex governatore del Texas Rick Perry e infine l’ex senatore della Pennslvanya Rick Santorum. Moderatori sono stati i due giornalisti di Fox Bill Hemmer e Martha MacCallum.
Genericamente piuttosto noioso e abbastanza convenzionale sia per la scelta delle domande che per le risposte offerte ha visto trionfo assoluto dell’unica donna presente in tutto il dibattito: Carly Fiorina la quale si è premurata immediatamente di precisare che sarà la candidata più effettiva contro la democratica Hillary Clinton. E che si è dichiarata pronta, non appena verrà eletta, oltre a respingere la legislazione sull’ambiente appena varata da Obama, a smantellare immediatamente l’accordo con l’Iran con due telefonate. La prima al suo buon amico Bibi Netanyahu rassicurandolo che l’alleanza con gli States sarà una priorità e la seconda al presidente iraniano chiedendogli imperiosamente di rendere disponibili e aperti al pubblico i siti militari sospetti, dovunque e in qualunque occasione venga richiesto, cercando di rendere il più difficile possibile in assoluto la circolazione di denaro a livello internazionale.
A questa ultima decisione ha fatto eco Rick Perry che ha messo al primo posto delle cose da fare oltre ai problemi di emigrazione che, quando era governatore del Texas, quotidianamente ha dovuto affrontare ai confini con il Messico, proprio lo scioglimento dell’accordo con l’Iran. I più conservatori sono apparsi Lindsey Graham con l’idea di togliere qualsiasi fondo pubblico alle organizzazioni abortiste, Rick Santorum con l’interruzione di qualunque sostegno all’assistenza e, attraverso un rafforzamento del primo emendamento, con una difesa senza alcun controllo della libertà religiosa. A loro si è unito Bobby Jindal che invece si è dichiarato pronto immediatamente a respingere la riforma sanitaria, che va sotto il nome di Obamacare, e a fare in modo che l’IRS (Internal Revenue Service, cioè l’agenza delle tasse) non richieda alcun contributo ai gruppi religiosi. Per il resto i due ex governatori George Pataki e Jim Gilmore sono apparsi meno estremi, ma anche più grigi e meno chiari su quelle che sarebbero le loro priorità. Per tutti, comunque, esiste la necessità imprescindibile di ridurre la spesa governativa a favore dei meno abbienti siano essi i fondi dedicati all’assistenza sociale e medica, ai reduci militari o ai disoccupati che quelli necessari a nuove assunzioni nel pubblico impiego.
Al dibattito della sera hanno partecipato i 10 candidati più popolari: l’ex governatore della Florida Jeb Bush, il neurochirurgo Ben Carson, il governatore del New Jersey Chris Christie, il senatore del Texas Ted Cruz, l’ex governatore dell’ Arkansas Mike Huckabee, il governatore dell’Ohio John Kasich, il senatore del Kentucky Rand Paul, il senatore della Florida Mark Rubio, Donald Trump e il governatore del Wisconsin Scott Walker. Moderatori della serata i giornalisti di Fox Brett Baier, Megan Kelly e Chris Wallace. Anche in questo dibattito che è stato più movimentato di quello del pomeriggio, con alcuni momenti esplosivi, non ci sono stati precisi commenti o risposte compiute alla piattaforma della Clinton. Forse complice la mancanza di tempo che i tanti candidati avevano a disposizione. La frizione iniziale è naturalmente partita da Donald Trump che alla richiesta di Baier di assicurare supporto al candidato repubblicano nominato dal Partito si è rifiutato di promettere. Ed è stato subito attaccato da Rand Paul.
«Non posso. Non posso dire che rispetterò la promessa verso la persona che vince. Se vinco io, e sono già in vantaggio di un bel po’, posso promettere che se sarò nominatocorrerò come repubblicano… Ne sto discutendo con tutti voi», ha replicato Trump. «È proprio questo che è sbagliato – l’ha interrotto molto adirato Rand Paul – proprio questo. Lui è abituato a comprare e vendere i politici di tutti i tipi e sta già scommettendo sui Clinton. Se non corre come repubblicano forse sostiene la Clinton o corre come indipendente. Sta già piazzando le sue scommesse perché è abituato a comprare i politici». «Ebbene – ha ribadito Trump – a te ho dato molti molti soldi…». Un altro momento di tensione c’è stato quando Rand Paul e Chris Christie si sono presi sui diritti civili rispetto al terrorismo. In particolare sul fatto che secondo il senatore del Kentucky dovrebbe essere possibile poter avere il controllo totale sulla privacy dei cittadini se necessario, mentre il governatore del New Jersey si è imposto dicendo che non si può tollerare nessuna restrizione così indiscriminata delle libertà individuali. Deboli sono apparsi il governatore del Wisconsin Walker e il senatore della Florida Rubio abbastanza grigi e scontati, mentre il senatore Ted Cruz e l’ex governatore dell’Arkansas Huckabee sono risultati particolarmente retrivi. Rand Paul nei due scontri della serata è risultato bizzoso e complessivamente perdente. Carson, il neurochirurgo di colore, garbato e molto emozionato, ha avuto un paio di momenti divertenti e acuti, mentre Christie è stato incisivo e ha risposto bene alle domande senza essere troppo polemico. Trump su cui da giorni si discuteva per la possibilità che facesse una delle sue “trumpate” è stato più misurato anche quando si è preso gioco della politcal correctness, ma è stato meno flamboyant e dunque meno divertente del solito. Addirittura è apparso in difficoltà per una domanda sulla sua misoginia da parte della giornalista Megan Kelly. Insomma, è rimasto più nell’ombra. Come abbastanza in ombra è rimasto Bush che forse è stato il più politico, ma senza momenti particolarmente esaltanti.
La rivelazione della serata e di tutto il dibattito in generale è stato il governatore dell’Ohio, John Kasich, che sembra avere ripreso il vecchio spirito repubblicano, quello che ha permesso a Roosevelt e Johnson, due presidenti democratici di votare riforme decisive come Social Security e Medicare proprio con i voti repubblicani. Pacato, calmo, ma molto incisivo, il governatore dell’Ohio ha sostenuto la necessità di non restringere il sostegno governativo ai meno fortunati siano essi i più bisognosi o i malati mentali secondo il principio di giustizia «give everyone a chance»; ha rivendicato l’espansione di Medicaid che ha ampliato egli stesso proprio nel suo Stato e si è dichiarato in favore dei diritti degli omosessuali. Forse la possibilità di un repubblicano che riesca a essere bipartisan è ancora possibile. Sempre che il Partito repubblicano abbia interesse a nominare un politico con la caratteristica di essere animato dall’interesse verso il bene comune.