Attilio Del Giudice
Un racconto inedito

Lo sguardo di Marinella

«Su, Marinella, togliti le mutandine che facciamo l’amore subito. Mi hai fatto venire una voglia matta». «Le mutande non me le posso togliere, perché non me le hai mai dipinte...»

«Caro Daniele, l’incisione che mi hai mandato e che hai intitolato: Lo Sguardo di Marinella, è significativa e ha quel fascino particolare che attribuisco a quasi tutte le tue opere; tuttavia, dal momento che questa la dobbiamo utilizzare come copertina di un libro di narrativa, mi sono permesso di fare un sondaggio nella nostra redazione, chiedendo: “Che vi suggerisce questa immagine?”. Ho avuto cinque risposte diverse, cinque interpretazioni, un paio mi sono sembrate perfino troppo fantasiose. Alla fine ho pensato di interpellare l’autore del romanzo. Ha detto che ero pazzo, che non andava bene per niente, perché il suo romanzo parla di puttane è vero, ma di alto bordo, mentre nella tua incisione la donna, piuttosto scapigliata e con abiti di poco valore, dà l’idea di una prostituta di strada, anzi di una poveraccia senza arte né parte.

Sì, forse lui ha ragione, comunque, anche se avesse torto, lo devo accontentare, perché è l’autore col quale abbiamo firmato un contratto ed è previsto che lui possa disapprovare la scelta della copertina. Insomma, non ti dispiacere, ma sono costretto a decidere per un’altra immagine. Ho pensato di andare sul classico e scegliere De Nittis, un pittore che seppe reggere il confronto con Degas e che, secondo me, se non fosse morto giovane, avrebbe dato dei punti a tutti gli impressionisti francesi.

«La tua incisione, ripeto, mi intriga e ti chiederò di utilizzarla per un’altra opera, anzi ho già in mente qualcosa, ma te ne parlerò, quando il progetto prenderà corpo. Intanto ti saluto con amicizia, tuo Ettore».

Marinella, il soggetto della mia incisione, effettivamente non sembrava una ragazza elegante e, non c’erano dubbi che da un bel po’ di tempo, non frequentasse parrucchieri. Però aveva uno sguardo intenso che testimoniava un carattere fiero e orgoglioso, infatti ebbe una reazione di rabbia per questa lettera e disse che  dovevo immediatamente rispondere per le rime.

«Come si permetteva quella mezza calzetta di un editore di dire che sono una poveraccia senza arte né parte, peggio di una prostituta da strada. Pensasse a quella zoccola della moglie prima di parlare»!

«Calma, calma! Cerchiamo di restare calmi! Marinella, tu sei una ragazza intelligente, non ti alterare e cerchiamo di ragionare!».

«Ma che vuoi ragionare! Con questo stronzo vuoi ragionare?».

«Marinella, ascoltami! Innanzitutto tu non sei un personaggio reale, appartieni al regno dell’immaginazione…».

«E meno male!».

«Tu puoi esistere solo in un quadro, in un disegno, in un’ incisione, e sempre che a me venga la voglia di riprodurti; insomma non puoi procedere per vie legali, puoi solo agire per interposta persona, praticamente tramite me che sono l’autore e il responsabile dell’opera, e, infatti, mi chiedi di rispondere per le rime. Ma io non ho intenzione di mettermi contro Ettore, sia per l’amicizia che mi lega a lui da molti anni, sia perché mi fa lavorare. Hai letto? Già pensa di utilizzarti per un altro romanzo».

«In sostanza, siete due stronzi!».

«Dai, Marinella, sei così bella quando t’arrabbi, che non mi offendo. Vieni qui! Dammi un bacetto!».

«Perché il bacetto non te lo fai dare dal tuo amichetto, che ti fa lavorare?».

«Su, Marinella, togliti le mutandine che facciamo l’amore subito. Mi hai fatto venire una voglia matta. Ricordati che sono l’autore, il tuo autore».

«Le mutande non me le posso togliere, perché non le tengo, non me le hai mai dipinte, caro bebè».

Vi sembrerà strano, ma quando si comporta cosi, mi mette allegria.

Per la verità, conosco perfettamente le critiche che mi vengono rivolte da più parti: «E una tua invenzione, in fondo è una fantasia, dici che vuoi amarla fisicamente, ma finisci per amare una tua propaggine. Sì, è vero, somiglia a una donna vera, ma non lo è e non puoi far finta che la cosa sia secondaria e ti lasci indifferente, eccetera, eccetera». Più o meno queste cose mi vengono ripetute sia da quelli che, sotto sotto, sono invidiosissimi e mi vorrebbero vedere perduto per sempre, sia, in verità, dagli amici veri, che mi parlano col cuore in mano. Tutti ci mettono pure la faccia di circostanze, vale a dire un po’ contrita come quando si parla a uno affetto da una grave malattia, di cui non si dovrebbe parlare che, però, se ne parla, perché può essere debellata con un po’ di buona volontà. Io non mi sforzo di rassicurarli che sto per uscire dal pericolo di una vera e propria ossessione onanistica, anzi mi diverto a lasciarli nel dubbio e me la cavo con qualche battuta, tipo: «Tanto è stato accertato, scientificamente, che non è vero che le seghe producono la cecità ed è risaputo che si tratta di un’illazione del cattolicesimo terroristico, caduta, ormai, inesorabilmente, in disuso».

Insomma non mi lascio convincere dalle stupide considerazioni amicali (e non) e mi comporto secondo il mio istinto, che non mi ha mai tradito.

Allora l’ho chiamata. «Marinella, ascolta! Veramente non hai le mutandine?».

«Ma sei sordo? Te l’ho detto: non me le hai mai dipinte».

«Non ci credo, fai vedere!».

Ha alzato la veste e ha mostrato tutto quel bendidio. «Questo, però, l’ho dipinto con bravura, mi sembra vicino alla perfezione, non ti pare?».

«Sì, sì! Ne sono contenta, ma lo hai fatto perché ti è convenuto, c’era il tuo tornaconto, ne puoi fare uso quando ti viene lo sfizio, quando ti fa comodo…».

Marinella, non parlare così! Non mi piace. Uso, convenienza, sfizio, comodo… Come fai ad attribuirmi tutta questa volgarità. Se, qualche volta, ti chiedo di fare l’amore è perché ti voglio bene, anzi ti amo. E tu a questi miei sentimenti, puri, delicati, rispondi con locuzioni pesantemente materialistiche, come se avessimo dimenticato che sei un’opera d’arte. L’opera d’arte, non esclude l’eros, ma lo sublima e lo rende spirituale. Questo lo dovresti sapere!».

«Tutte quelle schifezze che mi fai fare, sono tutte spirituali?».

«Quasi tutte. Però, c’è sempre l’amore».

«E va be’, ti voglio credere. Tu mi ami, mi ami alla follia. Sei contento?».

«Non ho detto che ti amo alla follia, però ti amo».

«Io non credo, carino, proprio per niente. Tu mi vuoi solamente fottere! Del resto, se mi amassi non avresti permesso che un sottosviluppato di editore, mi insultasse in quel modo. Anzi, sai che ti dico: d’ora innanzi, con me hai chiuso. Il mio culo, che dici essere superlativo, non lo potrai vedere né di giorno, né di notte, fin quando, in mia presenza, non avrai chiamato al telefono quella mezza cartuccia e gli avrai detto il fatto suo. Mi sono spiegata?».

Ora, c’era poco da stare allegri. Conoscendola, sapevo che la minaccia era molto concreta. Il desiderio restava alto, ma non vedevo la possibilità di ottenere il lasciapassare da quella mia creatura, senza ottemperare ai suoi ineludibili ordinativi, parlare praticamente all’editore a muso duro.

«Devo andare nel bagno – Dissi. Tu, vedi, mi fai star male».

Avevo pensato di prendere a volo il cellulare, che doveva stare sul comodino, andare nel bagno e da lì chiamare l’editore e avvertilo che lo avrei richiamato per redarguirlo aspramente, ma per finta, una fiction in sostanza un po’ ridicola, benché necessaria. Mi trovavo in una particolare situazione e chiedevo l’aiuto a un amico. Insomma tutto, se vogliamo, era facile. Invece le cose andarono malissimo.

Il cellulare non lo vidi. «Marinella, hai visto il mio telefonino?».

«Perché, a che ti serve? Non dovevi andare nel bagno?».

«Ma, dove sta?».

«Vai nel bagno! Vai! Non capisco che ci devi fare col telefonino».

«Volevo sentire il dottore, sento delle fitte!».

«Delle fitte? E dove?».

«Qui sul duodeno».

«Ho capito, ora ci parlo io col dottore, tu va nel bagno! A proposito, volevi parlare col dottore o con l’editore e farmi fessa e contenta? Ma sei proprio sicuro che io sia totalmente una scema?»

«Ma che dici, sei impazzita? Ma come fai a pensare certe cose. Vuoi attribuire a me la tua testa malata?».

Invece di rispondere si mise a cantare: «Parole, parole, parole».

Cristo, non potevo sopportare tanta sfrontatezza!

«Marinella, ti ordino di darmi immediatamente il mio cellulare. Basta, facciamola finita!».

«Bello, per me la potevamo far finita anche prima, non c’era bisogno di ricorrere a questi mezzucci da ragazzino deficiente. Le fitte sul duodeno, la telefonatina al dottore. È da ridere. Questo si crede che scendiamo dalla montagna». Aggiunse, guardando il soffitto, come se lassù ci fosse un alleato in ascolto.

«Perché tu da quale nobile casata discendi?».

«La stessa da cui discendi tu che mi hai dipinta. Comunque, ragazzo, sono stanca, stanca di parlare con uno che non ha le palle».

Con queste parole esaustive, mi lasciò per andarsi a collocare in un vecchio album di disegni e bozzetti vari.

Stetti male. Questa volta stetti male per davvero. Naturalmente il desiderio del suo corpo era svanito, mentre mi restava l’amaro dell’assoluta mancanza di rispetto. A che vale essere il creatore? Anche noi mortali facciamo la stessa cosa con Dio, ma noi non siamo sicuri che Dio esista, anche quelli che sono sicuri, non l’hanno mai visto di persona, almeno così mi pare, invece questa disgraziata mi vede, mi sente, sa che sono il suo creatore…. No, è assurdo, è veramente paradossale…. non ci voglio pensare. Basta, basta! Non posso tollerare di essere offeso, insultato da una sottoproletaria qualunque, che nemmeno si lava…. Hanno ragione: una senz’arte né parte.

Potrei anche considerare, in linea teorica, che ci possa essere un contrasto ideologico, un tasso di polemica tra un personaggio e il suo autore, ma è impensabile che si possa supinamente accettate l’insolenza portata all’estremo. Marinella è ingrata, volgare, sfacciata, incivile. La pagherà cara! La pagherà cara!

Quella notte, la passai interamente in bianco, senza chiudere occhio. Avevo maturato una decisione terribile e inderogabile: Quella ragazza doveva morire. Sapevo che la morte di un dipinto è indolore per il soggetto del quadro, ma non lo era per me. Però, ormai non potevo tornare sui miei passi. Fu il giorno più brutto della mia vita.

Facebooktwitterlinkedin