Alla Biennale Arte
L’arte di insegnare
A Venezia si sono incontrati artisti ed educatori per capire come il rapporto tra insegnamento, creatività e mondo del lavoro può essere modificato. Partendo dall'esperienza condivisa
Come si crea il sapere di una persona e come viene trasmesso in un mondo difficile e controverso come quello di oggi? Attorno a questa domanda hanno dibattuto oltre 100 relatori tra artisti, attivisti, insegnanti, teorici e politici provenientida 20 paesi del mondo durante il Creative Time Summit 2015. La più grande conferenza internazionale sulle trasformazioni artistiche e sociali si è tenuta quest’anno alla 56a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, All the World’s Futures, su invito del curatore Okwui Enwezor. Nel corso di tre giorni (11-13 agosto) si sono trattati argomenti che vanno dalla formazione degli artisti nelle istituzioni educative al potenziale del curriculum per l’insegnamento collettivo, al futuro educativo in Afghanistan e alla pedagogia della decolonizzazione. La nozione di Curriculum, che ha dato il nome al Summit 2015, è stata affrontata da diverse prospettive in una serie di plenarie interdisciplinari che hanno visto la partecipazione di ospiti illustri tra cui il Presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani, Teju Cole, Antonio Negri, Cesare Pietroiusti e molti altri.
Quali decisioni incidono sull’elaborazione del Curriculum? La prima sezione si è focalizzata sulle conoscenze che non appaiono di solito nei curricula contemporanei e sulle narrative offuscate dal potere egemonico. Ad aprire la plenaria è stata Amy Goodman di Democracy Now!, un programma televisivo indipendente che diffonde notizie quotidianamente in oltre 1.300 televisioni e radio di tutto il mondo. Il suo modello di giornalismo politico indipendente è stato premiato con il Right Livelihood Award, conosciuto anche come Premio Nobel Alternativo, per portare a milioni di persone notizie che spesso sono escluse dalla comunicazione mainstream. Nel suo discorso la Goodman ha insistito sull’importanza di dare voce alle persone e alle storie che non vengono solitamente rappresentate. «I media possono essere la forza più grande per raggiungere la pace nel mondo. Quando le persone possono esprimersi liberamente e parlare della loro esperienza, vengono meno tutte quelle barriere che alimentano l’odio. Per questo – ha concluso la Goodman – è importante mantenere i media aperti e indipendenti, affinché possano dare voce a tutti, non solo a chi è al potere. Solo così la vera democrazia può funzionare».
Artisti provenienti da diverse realtà sono stati invitati a parlare dei metodi di apprendimento che hanno elaborato. Tra questi Emily Jacir, artista e professoressa all’Accademy of Art Palestine, che affronta temi legati alla trasformazione, alla resistenza, al dialogo interculturale, attraverso movimenti collettivi e personali in spazi pubblici; Akram Zaatari, artista libanese impegnato a raccogliere, esaminare e contestualizzare un’ampia gamma di documenti (foto, audio, video) sulle condizioni post guerra della società libanese; Charles Gaines, artista americano, che interpreta complessi sistemi cognitivi e di comunicazione, utilizzando una varietà di mezzi espressivi.
Il Summit è proseguito con una sezione dedicata all’Istituzione Educativa come Modulo, spostando cosi l’attenzione sulle strutture educative tradizionali e sulle metodologie di un’educazione de-centralizzante. L’artista italiana Marinella Senatore ha raccontato la sua pratica caratterizzata dalla partecipazione pubblica. La scuola che ha fondato, The school of narrative dance, coinvolge intere comunità nel processo creativo dando vita ad opere di storytelling in cui tutti hanno un ruolo. Il suo approccio nasce dall’idea che le persone possano usare i progetti per socializzare o per imparare un lavoro, una tecnica. L’architetto Kunlé Adeyemi ha parlato della Makoko floating school una struttura galleggiante nella laguna di Lagos in Nigeria. Il progetto pilota è partito dalla considerazione dei bisogni sociali e fisici della communità di Makoko nel contesto di una rapida urbanizzazione africana e degli effetti del cambiamento climatico. La sua ricerca è volta a generare un sistema costruttivo alternativo ed ecosostenibile sfruttando le potenzialità di sviluppo urbanistico sulle acque. Tina Sherwell, direttice del programma accademico della International Accademy of Art Palestine, ha illustrato il suo approccio educativo, insistendo sull’importanza degli scambi interculturali con studenti ed insegnanti di altri paesi, ospitati regolarmente dall’Accademia.
Durante il secondo giorno si è affrontato il tema della “Geografia dell’apprendimento”, ossia la relazione tra i sistemi conoscitivi e le geopolitiche, in contesti che vanno dalle comunità indigene alle forme di conoscenza creolizzate trasmesse in condizioni di emigrazione. Tra i relatori Michael Gerace, direttore del collettivo Re-locate Kivalina, ha raccontato il lavoro che sta svolgendo presso la comunità di Kivalina in Alaska che, a causa dell’innalzamento del livello del mare, deve essere ricollocata. Il suo collettivo di artisti interviene nei contesti di spostamento di comunità indigene per cause climatiche, usando i media online e l’arte per agire sul piano culturale, sociale, politico ed economico. L’arte può essere una forma di inchiesta pubblica. Su questa premessa si è aperta la plenaria intitolata “L’Arte della Pedagogia”, incentrata sui lavori che sfruttano le innate possibilità pedagogiche dell’arte. Due italiani hanno portato sul palco la loro esperienza: Beatrice Catanzaro, insegnante all’Academy of Art Palestine, focalizza la sua pratica sulla partecipazione pubblica e sull’apprendimento condiviso; Cesare Pietroiusti, professore del laboratorio delle Tecniche e delle Espressioni Artistiche dello IUAV, è interessato alle situazioni problematiche e paradossali che solitamente vengono considerate troppo insignificanti per diventare materia di discussione. Come può sorgere la conoscenza dalle relazioni sociali e dalle esperienze comuni?
Durante l’ultima sessione sulla Conoscenza come Esperienza Collettiva, artisti e attivisti si sono confrontati su come lo sfruttamento della conoscenza collettiva abbia influenzato i modelli delle loro comunità. Il programma del Summit si è arricchito con ulteriori interventi, tra cui una conversazione tra il Presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani e l’artista Mariam Ghani sul futuro dell’educazione nel Paese. È emersa l’importanza di correggere le relazioni di genere, uomini-donne, ed il divario tra generazioni; di puntare sulla creatività dei giovani e di rafforzare il dialogo tra giovani donne e giovani uomini affinché collaborino insieme alla ricostruzione del paese. Il diciottenne Joshua Wong, fondatore del gruppo studentesco attivista di Hong Kong , Scholarism, ha raccontato la genesi del movimento Umbrella, contro il lavaggio del cervello dell’educazione nazionale. La rivista Time lo ha nominato Personaggio dell’anno 2014.
Le considerazioni su come debba essere un Curriculum si sono concluse con l’intervento del filosofo Antonio Negri, secondo il quale il Curriculum deve rappresentare un insieme di singolarità, senza badare all’identità ma piuttosto agli elementi culturali, storici e linguistici che ci hanno fatto agire. Quindi per cominciare, il curriculum deve parlare al plurale: NOI abbiamo fatto, invece di IO ho fatto. Perché il lavoro è collettivo, la vita è in comune ed il valore è nella cooperazione.