“Giacomo, Il signor bambino“
Il bambino Leopardi
Paolo di Paolo ha ricostruito l'infanzia di Giacomo Leopardi e l'ha trasfigurata in una favola. Dove i sogni sembrano sempre sul punto di diventare realtà
Paolo di Paolo è uno scrittore poliedrico: pur così giovane, si è già cimentato in diversi generi letterari: dal romanzo al saggio, dalla biografia al reportage. Con Giacomo Il signor bambino affronta adesso anche il genere della favola per bambini, proposta nella collana Il quaderno Quadrone dell’editore Rrose Sélavy, illustrata da tavole molto belle (oniriche, sempre un poco in ombra, notturne, pastose nel colore) di Gianni De Conno e preceduta da una breve introduzione di Mario Martone: “Il romanzo di quando era bambino è uno, forse il più bello, dei romanzi che compongono come tante scatole cinesi la vita di Giacomo Leopardi. – scrive il regista – Paolo di Paolo lo ha trasfigurato con ispirazione e col suo poetico racconto ci conduce per mano…”. Ricordo qui che Martone, oltre ad aver girato un film sul poeta di Recanati, Il giovane favoloso, presentato a Venezia nell’estate scorsa, ha messo in scena per il teatro Le Operette morali. Insomma, è uno che sulla materia ha ragionato parecchio e sa di cosa parla.
È vero, il racconto di Di Paolo è poetico, questa è la prima qualità che salta agli occhi, non soltanto per la grazia e la leggerezza con cui è scritto, ma anche perché trasfigura poeticamente l’infanzia di Leopardi, proiettando i vari elementi biografici in quadri di una narrazione allegorica che si presenta, se mi passate l’azzardo, come una favola picaresca e avventurosa nel territorio virtualmente sconfinato, irto di sorprese e agnizioni, della casa avita. Il racconto si potrebbe dire che non ha inizio e non ha fine, fotografa una realtà in movimento, impastata di presente e passato, di sogno e realtà quotidiana, di libri e di esperienza, capace anche di preannunciare il futuro.
Martone ci spiega come la vulgata dipinga un Leopardi immancabilmente pessimista cosmico e infelice, frutto di una superficiale conoscenza della vita e dell’opera del grande poeta-filosofo ottocentesco, il quale sapeva anche divertirsi, nei suoi primi anni, per esempio scrivendo versi umoristici dalla perfetta metrica contro la minestra (che detestava), oppure indossando i panni di questo o quell’eroe mitologico, di questo o quel personaggio o animale, guidando i suoi fratelli (il fratello Carlo e la sorella Paolina) e schiere di burattini in avventure notturne fino alla cucina della grande casa e in altre simili imprese partorite dal gioco e dalla fantasia. Parliamo della fantasia di un bambino davvero speciale, ovviamente, dotato di una grande immaginazione e, già, di una squisita cultura umanistica e letteraria.
Vediamo un Giacomo affascinato dagli uccelli (fringuelli, civette ecc.), intento a spiarli dalla finestra della sua stanza immaginandosi al loro posto a volteggiare nei cieli primaverili fra le colline verdi e dolci che circondano la sua Recanati. In generale, Giacomo, in questa breve storia, ci appare attratto e spaventato allo stesso momento dalla Natura, che riconosce come alleata ma anche, per esempio nel temporale, come potenziale nemica. Oppure vediamo il Signor Bambino che si identifica in qualche personaggio dipinto sul soffitto, o impegnato a incantare il cuoco con le sue storie ammalianti. Oppure, ancora, nell’ennesimo guizzo della sua mente da artista, Giacomo immagina di non avere più un nome, e così acquistando una quasi metafisica leggerezza. Un Leopardi votato all’invenzione e alla proiezione di se stesso in un universo mitico/magico, dunque, ma permeato di quella che chiamiamo realtà.