Un giallo per l'estate/3
Cormery e la vedova
«C’erano venti soldatini di piombo, con divise ottocentesche». Letizia spiegò a Cormery: "Mio marito era appassionato di battaglie storiche"». La terza puntata del racconto "I soldatini di Napoleone”
Riassunto delle puntate precedenti: Il commissario Cormery e il suo vice Gasbarro si trovano dinanzi a un uomo morto a causa di due proiettili conficcati all’altezza del cuore. La zona è frequentata da prostitute. Nell’auto della vittima ci sono due cose che incuriosiscono i poliziotti: due mazzi di chiavi e un peluche a forma di rana. La vedova della vittima Letizia, ha un corpo splendido e un viso molto brutto. Scostante, dà l’impressione di non essere mai stata sentimentalmente legata al marito.
* * *
Cormery la squadrò come donna, chiedendosi come mai la natura aveva posto sopra un corpo dotato di un accentuato sex appeal un viso insignificante, un po’ da coniglio, anzi da criceto. E rammentò quel che per scherzo una volta gli aveva detto un suo amico:-Basta spegnere la luce, no? Piero aveva replicato che un volto del genere, se guardato più volte, era destinato a rimanere illuminato anche nel buio. Controreplica dell’amico:-Non hai torto, ma io mi riferivo a relazioni occasionali. Quelle che la memoria non tiene prigioniere.
– E Gianni, suo marito, di che cosa si occupava veramente…era agente di commercio, questo lo so, ma…
– Lavorava per una ditta di prodotti per la pulizia della casa.
– Capitava che rimanesse assente da casa un giorno, due o…mi dica lei, signora Marchisio.
– Sì, a volte sì.
Il commissario estrasse dalla tasca della giacca i due mazzi di chiave:- E questi? Li conosce?
Prontamente la donna spiegò che uno era quello di casa mentre l’altro apriva l’appartamento di Amelia, la zia di Gianni, quella che gli aveva fatto da mamma: – Mio marito l’andava a trovare spesso.
– E lei sapeva sempre che si trovava dalla zia?
Domanda dietro la quale si nascondeva il sospetto che Ganni più che far visita all’amata zia si rifugiasse da lei. Un’idea stramba, spuntata così.
Letizia ebbe un’esitazione, un fremito di leggero imbarazzo. Poi disse:- Be’, una volta mi ha telefonato dicendomi di essere dalla zia Amelia, ma dai rumori di sottofondo ho capito che non era vero…
– Quindi sospettava qualcosa? Voglio dire, e mi scusi l’indiscrezione, che la tradisse.
La neo-vedova sospirò, come se volesse concludere o riassumere un pensiero non semplice: – Gianni era geloso della sua vita privata, ma questo non vuol dire che avesse un’amante, se lei, commissario, pensa proprio a questo.
Nel frattempo “condoglianze” chiese a Cormery di poter verificare se uno dei due mazzi di chiavi corrispondesse davvero all’abitazione.
– Fai pure…col permesso della signora, s’intende. La quale signora non fece una piega. In effetti “quelle” chiavi aprivano “quella” porta.
Il commissario poi si rivolse a Letizia e s’appuntò l’indirizzo della zia Amalia. Subito dopo si alzò e si diresse verso il comò del soggiorno, con tanto di specchiera. Voleva vedere da vicino quel che aveva immediatamente attratto la sua attenzione, pochi minuti prima. C’erano circa venti soldatini di piombo, con divise ottocentesche. Letizia anticipò la sua domanda: – Mio marito era appassionato di battaglie storiche. Quello che vede, commissario, dovrebbe essere la battaglia di Waterloo.
– Interessante – fece Cormery – ma come mai ci sono militari austriaci e prussiani e non quelli napoleonici?
– Non me ne intendo o comunque non ci ho fatto caso – rispose lei, alzandosi.
– Mi dica, signora: lei considerava un po’ infantile questa collezione così in bella vista?
– Nel senso che giudicavo mio marito un bambinone?
Non c’era bisogno di chiedere altro. La domanda era anche una risposta.
Cormery osservò, con un sorriso sulle labbra, che Gianni tifava per gli altri, quelli che decisero che il piccoletto corso voltasse lo sguardo all’indietro, a Sant’Elena, e non davanti a sé come aveva fatto all’Elba. Lei alzò il mento, alla meridionale. Come dire “e io che saccio?”. E così non faceva altro che evidenziare la distanza tra lei e Gianni.
Improvvisamente la domanda del caso, brutale malgrado la voce suadente di Cormery: uno dei due, o tutte e due, avevano avuto o avevano ancora un amante? Letizia arrossì lievemente, cercò di puntare lo sguardo su un oggetto, un mobile, una sedia.
Lei: – Abbiamo avuto i nostri problemi. Li hanno tutti, non crede?
– Ovviamente. Bisogna vedere chi li causa, se entrambi o solo uno dei due…
Cormery, tra sé e sé, prese atto che quella donna sapeva schivare abilmente le frecce. Tanto è vero che spiegò che “la realtà del matrimonio è faccenda complessa” e poi che vale la regola aurea (ma non pronunciò la parola “aurea”) della discrezione, del silenzio, del “cuore non vede” eccetera eccetera. Conclusione di Cormery: in quell’appartamento si allungava e si restringeva, a seconda delle circostanze, l’ombra delle corna. Cornuto sia lui che lei? Oppure entrambi per un patto discretamente osceno in grado di tenere in piedi il tavolo della quiete e della routine. Quello sbiadito starsi accanto che rende le coppie ancora coppie.
I due poliziotti presero congedo, dopo aver assicurato, come sempre facevano, che avrebbero cercato il responsabile della morte dell’agente di commercio. Non fecero alcun cenno all’ipotesi del suicidio. E lei né corresse né domandò.