Valentina Mezzacappa
Diseducazione televisiva

Omofobia Outlander

La serie tv Outlander (dal romanzo di Diana Gabaldon) è un esempio nitido di come si possano travisare la storia, i diritti e la semplice razionalità solo per fare audience

Ci sono nozioni che si apprendono ben presto a scuola: che la terra è rotonda, che i suoi moti di rotazione e rivoluzione influenzano diversi fattori, tra questi l’avvicendarsi del giorno e della notte. In poche parole, mentre una parte del globo è sveglia e operativa, in un’altra si dormono sonni tranquilli o travagliati a seconda dei casi. Allo stesso modo, mentre una parte del medesimo globo finalmente si sveglia reclamando il diritto alla diversità (parola da prendere sempre con le pinze) e alla famiglia per tutti, lunedì sera su un celebre canale satellitare si ripiombava nel sonno dell’ignoranza e dello stereotipo più grossier.

A dirla proprio tutta, la nuova serie targata Starz, Outlander, è ormai da un cospicuo numero di episodi che invita lo spettatore al sonno della ragione, della civiltà e dell’apertura mentale.

La storia in breve per chi questa perla se la fosse persa: è il 1945 e l’infermiera militare Claire Randall è sopravvissuta al rovinoso conflitto che ha visto impegnato in prima linea anche il marito. La coppia parte per un viaggio in Scozia con la speranza di ricostruire un rapporto rimasto in stand-by per cinque anni a causa della guerra. Una notte i due assistono di nascosto a un antico rito pagano nei pressi di un sito archeologico. Il giorno dopo Claire torna sul posto e dopo aver toccato una delle standing stone che formano l’antico e sacro monumento si ritrova magicamente catapultata nella Scozia ante-Culloden.

Siamo rimasti in silenzio quando Claire e il marito, entrambi in divisa, si sono scambiati un bacio appassionato in stazione prima di partire per i loro rispettivi fronti. In divisa non è consentito lasciarsi andare a simili dimostrazioni d’affetto. E sempre in silenzio abbiamo accolto il classico stereotipo che accompagna la figura dell’infermiera militare multi-tasking che nulla teme e pare abbia conseguito almeno una decina di specializzazioni in campo medico. Siamo rimasti in silenzio per non dire atterriti quando abbiamo iniziato a conoscere i personaggi della serie. Scozzesi amanti della bottiglia, sboccati, sporchi e foresti alcuni e spietati feudatari altri, capaci di ricorrere alle peggiori violenze per salvaguardare le proprie ricchezze e il proprio status.

La lista purtroppo è infinita.

Poi è andato in onda l’episodio di lunedì e tacere è diventato pressoché impossibile. Facciamo un paio di passi indietro. Siamo perfettamente coscienti del fatto che la società in cui viviamo è solita nascondere innumerevoli verità, tra queste per esempio il fatto che l’anoressia sia una patologia che colpisce sia uomini sia donne, come è anche vero che la violenza sessuale è una realtà capace di disastrose conseguenze sulla psiche di entrambi i sessi. Poi c’è il Capitano Black Jack Randall, il cattivo della serie, nonché avo del marito di Claire, quello del 1945. I due uomini sono fisicamente due gocce d’acqua, lo stesso, però non si può dire del loro carattere e del loro modo di interagire con il mondo. Jack Randall, quello del XVIII° secolo è un mostro, un sadico, un violento, un fine torturatore mosso da un sentimento di odio a dir poco ossessivo verso il bellimbusto Jamie Fraser. Ed ecco che il famigerato episodio finalmente rivela cosa in realtà alimenta questo odio che nulla ha a che fare con la ben nota occupazione inglese.

Jack Randall è nientemeno che omosessuale!

Il suo sadismo, la sua mostruosità, la sua anima nera come la pece sono dovuti al suo orientamento sessuale! Egli in realtà non odia il povero Jamie ma lo desidera, lo brama. In conclusione, le devianze comportamentali e mentali del capitano di sua maestà re Giorgio sono da ricercare nella sua difficoltà di poter vivere la propria omosessualità con la libertà che merita.

Ecco cosa afferma in merito una delle pubblicazioni che hanno segnato la storia della psicologia, il Psychopathia Sexualis di Kraft-Ebing: «Anche negli omosessuali la direzione all’istinto sessuale di per sé pervertita può andare congiunta ad altre perversioni. Trattasi qui di processi assolutamente analoghi a quelli che si incontrano fra gli eterosessuali. Il fatto che il fenomeno concomitante dell’omosessualità sia talvolta un’intensificazione della sessualità, rende facilmente possibili atti sessualmente crudeli, anche sadistici…».

Penso sia opportuno soffermarsi su alcuni concetti esposti nell’introduzione al capitolo Complicazioni dell’omosessualità della celebre pubblicazione: si parla di congiunzione fra perversioni, di processi analoghi a quelli della sfera eterosessuale. Non si può comunque ignorare che i giudizi di Ebing siano ancora a dir poco acerbi. La prima edizione del tomo in questione risale al 1886 e nel corso del tempo Kraft-Ebing, che fu uno dei primi studiosi ad affrontare il tema arrivò, dopo anni e anni di studio, a negare la natura perversa dell’omosessualità e ad ammettere la mancanza di una correlazione fra patologia mentale e omosessualità.

La conclusione alla quale possiamo giungere nel caso di Outlander (e che tenteremo di esporre con tanta più civiltà possibile nonostante il famigerato episodio ci abbia davvero indignato) è che qui qualcuno è colpevole di un pantagruelico faux pas, che ci si sia lasciati incantare dai peggiori e più antiquati stereotipi, che sensibilità e cultura siano stati letteralmente buttati fuori dalla finestra. O, a voler proprio restare in tema con l’ambientazione storica della serie televisiva, che siano stati gettati in una di quelle botole in uso nelle antiche prigioni dove venivano scaricate le carcasse di ladri e criminali all’indomani della loro impiccagione.

Globalizzazione e tecnologia hanno reso questo mondo più accessibile, ci hanno ampiamente dimostrato che l’omosessualità è ben altro, come ci hanno anche dimostrato che l’oscura e violenta natura del capitano è cosa a sé stante.

Outlander è un esempio scadente e povero di letteratura sensazionalistica, che gioca e sfrutta (male) alcuni lati della natura umana per fare scalpore. Esso ha inoltre la colpa di aver trasformato le peculiarità di una civiltà, quella scozzese, in stereotipi di bassissima lega. Giustificare tutto ciò equivarrebbe ad ammettere che tutti gli italiani hanno i baffoni, sono bassi e non possono svolgere nessun’altra attività professionale che non sia quella dell’idraulico (con tutto il rispetto per chi questo lavoro lo svolge davvero).

E a chi sostiene che quell’orrenda scena di stupro maschile andata in onda sia da vedere come una pietra miliare, come un’ulteriore prova della crescita culturale e mentale della presente civiltà si può solo rispondere dicendo che il vero bandolo della matassa non sta nel prendere coscienza che sia l’uomo sia la donna sono potenzialmente esposti alla violenza ma che il vero problema sta nell’accostamento, ormai superato da oltre un secolo, tra patologia sessuale e mentale e omosessualità.

Sfortunatamente non si possono lavare via i postumi di questo orrore socio-culturale con la celebre soluzione S. in vendita in tutte le farmacie della repubblica, possiamo però combattere il germe dell’ignoranza con nuove serie televisive come Fresh Off the Boat, The New Normal, Transparent, per nominarne solo alcune. E perché no, anche con Six Feet Under. Quella si che è stata una vera pietra miliare del piccolo schermo.

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