La Domenica: itinerari per un giorno di festa
Sui passi di Francesco
Il Sacro bosco di Assisi inserito tra le mete della Via Francigena. Un pellegrinaggio che inizia dalla Piazza della Basilica che riporta allo spirito del Poverello, oggi rivitalizzato grazie all'intervento del Fai
Il sole fa ancora più bianca la basilica. Il campanile svetta allegro, come un gioiello sopra il manto verde scuro della selva. Digrada impenetrabile il bosco verso la valle. E non si immagina quanti sentieri e radure e alberi e uccelli e animali si annidino sotto. Fratello Sole, Sorella Acqua. L’Italia squassata dalla corruzione può cercare nei suoi paesaggi piuttosto che in certi politici o cricche di faccendieri l’orgoglio e speranza Osserviamo questi scorci. Assisi con la sua doppia basilica affrescata non solo da Giotto. Assisi con la sua natura austera e prodiga. Assisi memore delle storie dei Comuni e degli asceti, dei poeti e dei filosofi. Assisi è una parte per il tutto del Bel Paese. Per questo è una delle nuove mete del Festival della Via Francigena, 400 eventi al via da Canterbury a Roma, da Trondheim, in Norvegia, a Gerusalemme. (francigenafestival@libero.it; www.festival.viefrancigene.org). Tra i trekking e le visite guidate per i viandanti e insieme con la manifestazione “La bisaccia del pellegrino” che con l’Associazione Civita promuove il tratto Nord della Francigena tramite le tipicità agroalimentari, c’è appunto il pellegrinaggio alla selva del Poverello promosso dal Fai: un cammino condiviso in compagnia di cani, gatti, asini e cavalli da Assisi al Sacro Bosco. Il quale è dal 2011 uno spicchio ritrovato d’Italia, rivitalizzato appunto dal Fondo Ambiente Italiano, così come ha fatto con la Villa Gregoriana di Tivoli.
Ma com’è nato il recente “miracolo” della selva umbra? Nel 2008 il Fai riceve da Intesa Sanpaolo 64 ettari di collina attorno al Convento e alle chiese di Assisi. C’è da rimboccarsi le maniche perché la vegetazione – querce, aceri, carpini – langue. Si comincia a ripulire il sottobosco, a sradicare alberi morti o pericolanti. Al loro posto si piantano decine di specie ad alto fusto: duecento olivi, che sono lo sfondo tipico del luogo, e mille arbusti. Poi si mette mano ai sentieri. Ripristino di itinerari, messa in sicurezza di parapetti e gradinate, realizzazione di un percorso che dalla Piazza Superiore di Assisi, dominata dal rosone trinato della Basilica, attraversa la Selva di San Francesco – prima parte del Bosco e proprietà del Sacro Convento – scende al Complesso di Santa Croce, per poi risalire la Valle del Tescio e ritornare lungo la sponda opposta del torrente verso il Mulino. Ma c’è anche da restaurare edifici e ruderi. Ecco appunto la duecentesca Chiesa di Santa Croce, ecco il Mulino, i resti del Convento benedettino, la Torre del XVI secolo. La passeggiata comincia subito dopo il muro che delimita la Piazza della Basilica. Lo sguardo spazia in un ambiente naturale intatto di ulivi, campi coltivati, colline e pianura con case coloniche e piccole pievi. Il silenzio regna, addentrarsi nella foresta è viaggio a ritroso nel tempo. Salvare il bosco significa anche allontanare la tentazione di speculazioni turistiche. L’escursione riporta sui passi del Poverello, che cercava qui la solitudine per la meditazione.
A valle, inglobata nella pretenziosa chiesa di Santa Maria degli Angeli, resiste con le sue mura annerite la Porziuncola. Vicino a questa chiesetta il piccolo frate e i suoi compagni avevano tirato su capanne di frasche. Altro non gli serviva. E fecero lo stesso a Greccio, a Fontecolombo, a Poggio Bustone, ai piedi del Subasio. Ovunque trovassero una foresta e un colle, lì si fermavano e pregavano. Loro frati-figli, mentre altri – frati-madri – si occupavano delle incombenze materiali, in attesa di scambiare i ruoli. Francescani e benedettini cominciano così – attorno all’anno Mille – a domare l’erto Appennino. Dissodano, bonificano, piantano, coltivano. Creano giardini attorno ai conventi. Poi trasmigrano altrove, per la predicazione. La Natura era poco un mezzo e molto un fine. Il Bosco di San Francesco ci sia d’esempio. Anche questo la meta aggregata nel 2015 alla tradizionale Via Francigena vuole significare.