Cartolina da Lisbona
Le nuvole di Magellano
Dai mercatini d'antiquariato della città ricompare una mirabolante biografia di Magellano scritta da Stefan Zweig: una storia dove la realtà si trasforma in illusione
Spulciando tra le bancarelle di antiquariato di Lisbona, ecco apparire un libro non luso ma austriaco (Fernão de Magalhãis, Livraria Civilisaçao, Porto 1945, con in prima pagina una dedica di Rui Bossa riportata di suo pugno a Goa il 20.07.1947). Sebbene tradotto in portoghese dal tedesco. È una di quelle tante biografie di uomini problematici che solo Stefan Zweig seppe scrivere. Uomini, sempre, in lotta con il loro implacabile Demone interiore. Emblematici gli Hölderlin, von Kleist e Nietzsche di Der Kampf mit dem Dämon.
Il Fernão de Magalhãis Ferdinando Magellano, qui descritto, non fa eccezione. Un uomo bruno (moreno), segaligno ed impenetrabile. Ossessionato dalle sue implacabili certezze interiori, ma soprattutto ferreo, indomabile, inesorabile, inflessibile. Con se stesso come con gli altri. Il suo volto, dice Zweig, tradiva chiaramente una «mascula decisão». E solo per questo gli riuscì di fare quello che nessuno prima di lui aveva mai fatto. La circumnavigazione del globo. L’avventura di Colombo al pari della sua impallidisce come un gioco da ragazzi. E di certo egli impersona con ciò quel così austero e rigoroso spirito luso di cui abbiamo già parlato. Quindi egli concerne (pertencia) come non mai a Lisbona, al Portogallo ed alla loro storia. Ma in un modo che poteva essere solo proprio degli uomini non comuni descritti da Zweig. Lisbona ed il Portogallo rifiutarono infatti le sue visioni.
Il mitico Dom Manuel, infatti, irritato dai modi arroganti e pochissimo deferenti di Magalhãis, lo mandò letteralmente a quel paese. E quando l’altro gli disse chiaro in faccia che si sarebbe rivolto altrove, Manuel gli rispose sprezzantemente che facesse pure. Mai avrebbe potuto immaginare che quel louco atrevido (pazzo che osa troppo) avrebbe trovato udienza presso il re di Castiglia. Che era poi nientepopodimeno che l’imperatore Carlo V.
Seguiamo allora la traccia della storia narrataci da Zweig (qui accanto nella foto).
Magalhãis/Magellano era stato in realtà sempre un uomo di secondo piano. Restò infatti sempre nell’ombra e però comunque anche in primissima linea. Sempre presente nelle più sanguinose battaglie dei Descobrimentos. Quella di Cananor (Calcutta) con Vasco da Gama, nel marzo del 1506. Quella di Malacca nel settembre del 1509. Poi l’assedio di Goa. Infine nel Luglio del 1511di nuovo a Malacca, in una vera e propria Strafeexpedition contro il locale sultano. E fu qui che egli si guadagnò un amico fedele per la vita, lo schiavo malese Henrique. Tornò poi a Lisbona bruciato dal sole e carico di cicatrici. Ed è a tempo ancora per andare di nuovo a combattere a Ceuta, dove perdette per sempre l’uso di una gamba. Sempre nell’ombra, sempre capace di calcolare con freddezza i passi da fare. Ma sempre capace di emergere dall’anonimato quando serviva un uomo di fegato. Sempre freddo, silenzioso ed impassibile davanti al peggiore pericolo.
A Lisbona progettò la sua opera sulla base di oscuri e dubbiosi rapporti di naviganti portoghesi circa il famoso passaggio a sud del continente americano. Associò così i suoi destini a Rui Faleiro, uno dei più grandi matematici e cartografi del tempo (i cui calcoli si riveleranno però poi in gran parte errati). Insieme meditano e progettano l’impresa, facendo in modo che però resti solo un loro segreto.
E visto che con Dom Manuel non c’è niente da fare, infine, Magalhãis/Magellano nell’ottobre del 1517 va a Sevilla. Il primo ostacolo è convincere la locale Casa de Contratação, che esamina tutti i progetti di spedizione. Lo aiuta Diogo Barbosa, un connazionale e mezzo parente. Ne sposa la figlia e si stabilisce nella sua casa. Dopo lunghe peripezie la Casa de Contratação ne accetta il progetto e lo sottopone a Carlo V. Che accetta di dargli udienza. Nell’udienza tutto dipende dal temutissimo Cardinale Fonseca, vescovo di Burgos (che era stato il peggior nemico di Colombo). Eppure proprio questi si entusiasma per il suo progetto. E così l’imperatore accetta. Il 20 di Settembre del 1519, dopo solenni cerimonie e messe, e dopo commoventi addii, la flotta di cinque vascelli muove da Cartagena. Le peripezie della navigazione davvero inenarrabili, costellate come sono da difficoltà di ogni genere. Tra cui ammutinamenti, terribili lotte intestine, morti ed esecuzioni. Ma soprattutto dopo un po’ lo stesso Magalhãis/Magellano inizia a dubitare del successo dell’impresa. Infine, quando dopo un intero inverno trascorso a svernare in Patagonia giungono al sospirato stretto, si trovano davanti ad un percorso infernale, disseminato di insidie di ogni genere e senza la minima certezza che vi sia davvero una via di uscita. Durante l’attraversamento uno dei vascelli diserta e veleggia di nuovo verso la Spagna. Un altro era andato già perduto. E quando infine lo sbocco verso il Pacifico viene trovato, li attende lì una traversata interminabile in cui verranno consumate tutte le già scarse provviste e la maggior parte degli uomini si ammalerà di scorbuto. Sempre di più i morti. Quando infine giungono in vista delle prime isole (Massava), anche se non ancora l’arcipelago malese, sembra che tutto sia finito. Ma proprio lì Magalhãis/Magellano troverà la morte in un’assurda scaramuccia (da lui stesso mal calcolata) con i guerrieri del re dell’isola di Zebu.
È il 26 di Aprile del 1521. Nemmeno il suo cadavere mutilato sarà mai più trovato. La stessa fine dell’infante Dom Sebastião ad Alcacerquivir in Marocco. La flotta proseguirà senza di lui scoprendo tra l’altro le Filippine e raggiungendo infine le sospirate Molucche. Quando poi l’unico vascello rimasto giungerà a Cabo Verde, il nostro Antonio Pigafetta, fedele compagno di Magalhãis/Magellano per tutto il viaggio, farà la scoperta del fuso orario (grazie ad un giorno mancante nel suo diario di bordo). Una volta tornati in Spagna (il 4 di Settembre del 1522), Magalhãis/Magellano era stato intanto già dimenticato, ed era ormai quindi morto e sepolto anche nella memoria di tutti. Tutta la gloria andrà all’oscuro ed infido Sebastian Del Cano, che aveva guidato fin lì l’ultimo vascello. Egli non si fece scrupolo di usare il plurale maiestatis («nós navegámos…») nello scrivere il rapporto.
Tutto era intanto svanito intorno Magalhãis/Magellano. La moglie è morta. Morto è anche il figlio di Barbosa durante il viaggio. Faleiro, di ritorno in Portogallo, era stato imprigionato. Perfino lo Stretto che portava ormai il suo nome, venne poi dichiarato impraticabile per i suoi pericoli. E per molto tempo venne addirittura dimenticato.
Il mare ed il vento irati, dice una ballata spagnola, lo hanno chiuso di nuovo. E così la tanto bramata rotta alternativa per le ricchezze delle Indie nemmeno servirà mai a nulla.
Nessuno si è arricchito per questo, insomma, Solo l’umanità, dice Zweig, in un suo certo qual ottimismo progressista.
Sarà vero? O si tratta invece solo del mistero di un uomo. Questa volta dilatato a proporzioni planetarie.
Ecco allora un altro dei tanti mistèrios de Lisboa. Città predestinata ad essere inizio e fine dei sogni di naviganti e di uomini comuni. Sempre trampolino di lancio verso un qualche Assoluto.