Fa male lo sport
La Blatteromania
Ammesso che lasci, l'opacità nel calcio non finirà con Blatter. Perché ormai la grande corruzione globale ha minato alle radici uno sport malato di gigantismo
Lo sport di vertice non cambierà mai. Il calcio è soltanto la punta dell’iceberg del marcio e della corruzione. E Blatter è uno degli oligarchi caduti dal piedistallo. Per il momento. Pare che voglia già tornare. Forse non smetterà mai di comandare e di ingrassare la macchina onnivora che muove il pallone. A meno che gli americani non decidano di abbatterlo definitivamente come si fa con le statue dei dittatori.
Ma ci sono tanti altri dirigenti dello sport mondiale moralmente guasti, e in molti casi anche penalmente, come i signori del Cio, parrucconi incartapecoriti, gli ultimi nababbi che campano di rendita su domanda e offerta della corruzione, personaggi che incidono sulle economie degli Stati attraverso quel gioco dei giochi che va sotto il nome di Olimpiadi. Prima o poi, anche da quelle parti scoppierà qualche altro scandalo. Basta che venga meno l’equilibrio delle menzogne e dei ricatti.
Il calcio è sovraesposto, più soggetto quindi a qualche black out. Ma quando tornerà la luce, quando le inchieste dell’Fbi saranno esaurite, quando il ricambio della cabina di comando sarà completato, ogni cosa tornerà a suo posto. Tutto continuerà come prima. Con Blatter o senza Blatter. Non è questione di singole persone. Anche se il calcio è recidivo. Prima di Blatter, c’era Joao Havelange, non uno stinco di santo, rimasto lì a capo della Fifa 24 anni.
Il meccanismo oramai è incontrollabile, è sfuggito di mano al creatore, diventando un Frankenstein, un mostro deforme e ricco, almeno per coloro che lo sfruttano e ci guadagnano. Compresi gli Stati che corrompono. In una lucida analisi, come spesso gli capita, Mario Sconcerti ha scritto sul Corriere della Sera: «Esiste nel calcio e nello sport una straordinaria concussione che viene spesso dimenticata, data per normale. Nei milioni del segretario di Blatter c’è per esempio la mano nobile di Mandela. C’era anche lui a Losanna nel ’98 quando fu deciso lo scambio tra le Olimpiadi ad Atene e i Mondiali al Sudafrica… Il problema delle manifestazioni universali è questo, sono troppo ricche, troppo importanti, trascendono il senso comune dell’onestà…». Fino ad arrivare a pensare che se offri buste e bustarelle a quel funzionario della Fifa, stai facendo qualcosa di nobile per il tuo paese. (Convinzione radicata dalle nostre parti: immaginate che cosa potremo fare per avere le Olimpiadi…)
Si può fermare questo mondo pallonaro e scendere? No, non si può. La rana è gonfia fino all’inverosimile ma non andrà in pezzi. Il calcio – e lo sport più in generale – si regge sull’equilibrio della corruzione e dell’inverosimile che si trasforma nel reale della quotidianità. Il ragazzino che costa milioni di euro, i paesi che non hanno culture sferiche e investono in Occidente e fanno saltare il banco, il frenetico susseguirsi di eventi, di prestazioni e di partite che si alimentano di vigilie interminabili e poi durano lo spazio di un sospiro. Lasciandoti il dubbio che quello che si è visto sia tutto vero. Non si può fermare più questa giostra infernale che fa muovere miliardi. E appassiona miliardi di uomini. Già fermare un Mondiale che si dovrebbe giocare a Natale sarebbe una bella cosa: nel caso, si potrebbe fare una ola come allo stadio. Il calcio avrebbe bisogno di una bella spending rewiev ma sarà più facile attuarla in Italia che nel mappamondo di Blatter. Le roi est mort, vive le roi. Qualsiasi riferimento a Platini non è puramente casuale.
Morto un papa, se ne fa un altro avrà pensato il nostro n.1 del calcio: il ragionier Tavecchio. Perché se per Blatter e la sua corte si muovono Obama e Putin, per le sozzerie del nostro cortile persino Renzi, che pure è sempre pronto con il ditino, non si è molto sprecato. Noi non ci siamo fatti mancare nulla, nel frattempo: scommesse e arresti, la ‘ndrangheta e gli accordi sospetti tra i signori dell’etere, perquisizioni in Federcalcio e presunte estorsioni pur di comandare e condizionare la pedata nostrana. Dal planisfero della Fifa al cortile di casa Italia.
Serve ancora indignarsi? E pretendere magari da quel figurino di Malagò, il presidente del Coni tutto ciuffo e tintarella, di fare qualcosa, prendere una scopa e cominciare a ripulire, invece che invocare i passi indietro di Lotito? L’impunità non riguarda soltanto Blatter.