Elisa Campana
Cartolina da Parigi

Donne ai limiti

In Francia va per la maggiore un libro Alexandra Lapierre che rievoca le avventure e le scelte estreme (anche sociali) delle donne esploratrici. Donne che hanno “invaso“ un dominio tutto maschile

Alexandra Lapierre è una scrittrice francese, nota per i suoi romanzi e le sue biografiche storiche, incentrate principalmente su figure femminili, spesso dimenticate, di grande spessore. In questo periodo in Francia ha molto successo il suo libro Elles ont conquis le monde, tutt’ora inedito in Italia, ossia un prezioso collage di racconti brevi che fanno rivivere le avventure di quelle esploratrici che, tra il 1850 e il 1950, sono partite alla scoperta dei nuovi terreni di conquista per l’Occidente. Donne, giovani e anziane, erudite o non, affascinate da mondi esotici e pericolosi, romperanno le maglie del segregazione sessista che a quel tempo perversava in Europa: «Il personaggio dell’esploratore nell’immaginario collettivo non esisteva che nella sua declinazione al maschile».

Donne, esseri ritenuti troppo fragili per potersi muovere, troppo stupide per poter accedere ai segreti della geografia e della scienza. E invece loro scaleranno montagne, attraverseranno deserti, catalogheranno insetti e piante, ritracceranno sentieri, tesseranno intrighi internazionali e mostreranno al mondo che una donna poteva fare ben oltre che rammendare calzini e suonare il pianoforte in salotti all’ultima moda. May French Sheldon, erudita americana di letteratura francese, partirà appositamente senza marito al seguito alla volta dell’Africa: con un uomo al proprio fianco la spedizione avrebbe perso ogni valore.

Riportiamo qui quattro storie, quattro donne esploratrici, vissute in età diverse, dalle vicissitudini più disparate, ma accumunate dalla voglia di viaggiare, di conoscere, di imparare e, soprattutto, di andare oltre quelle costrizioni che le rinchiudevano tra le quattro mura del focolare domestico.

Mary SeacoleMary Seacole (1805-1881) ebbe due grandi amori che hanno fatto di lei una celebrità nella sua Kingston, in Giamaica, poi nel resto del mondo. Il primo è quello per il viaggio che la porterà a percorrere le Antille in lungo e largo, per poi trasferirsi a Cruces e aprire una locanda dove ospiterà e all’occasione si prenderà cura della povera gente, degli Indiani e dei militari. La sua vera passione infatti è la medicina, un interesse che pulsa nei suoi geni, ereditato dalla madre guaritrice che per prima le trasmise i segreti delle piante e della spezie. Allo scoppio della guerra di Crimea, Mary non ha più dubbio sulla sua vocazione e si reca a Londra per partire come infermiera, ma la medicina si rivela essere un gusto alquanto sconveniente per una donna onesta, e in più “meticcia”: per i bianchi, l’esperienza e le conoscenze mediche non contano se a vantarle è una yellow doctoress, così era conosciuta dalle sue parti. Mary non si perde d’animo e si reca a Balaklava dove organizza a poca distanza dal fronte scottante di una guerra cruenta un ricovero per militari malati e convalescenti. Il coraggio e il buon cuore le sono valsero non solo la riconoscenza dei suoi malati, ma anche tre decorazioni nazionali, tra cui la Legione d’onore.

Fanny Bullock WorkmanFanny Bullock Workman (1859 – 1925). Se May French Sheldon trovò nel marito un impedimento all’affermazione della propria identità di donna, Fanny non si separò mai dal suo Dr Workman e in bicicletta divoreranno insieme, kilometro dopo kilometro, la Francia, l’Italia, la Spagna, l’Algeria, il Marocco, lo Sri Lanka, l’India. La loro terra di conquista sarà però l’Himalaya: il tetto del mondo era ancora poco conosciuto e ieri come oggi faceva paura, spazzato da venti gelidi, con rabbiose bufere di neve, crepacci spaventosi. Terra ostile che non spezzò la determinazione e l’audacia degli Workman che portarono a compimento otto spedizioni cartografiche. Nell’ultima, sulla cima del ghiaccio Hispar nel 1908, Fanny si fece fotografare mentre con due mani, per non essere portata via dalle raffiche furiose, reggeva un volantino sul quale si leggeva chiaramente “Votes for Women”. Fanny Bullock Workman, moglie, madre, esploratrice, suffragetta e donna libera.

Gertrude Bell (1868-1926) è la Bell de Bagdad per il suo sguardo ammaliatore, la superba eleganza, l’audacia. Conquistata dai signori del deserto, si lancerà in spedizione sempre più lunghe e solitarie tra i deserti della Mesopotamia, osservando, prendendo appunti, registrando informazioni per giocare poi un ruolo di primo piano nella rete di spionaggio che la Corona britannica tesseva sagacemente. Benché erudita in archeologia, il suo naturale terreno d’azione è la politica: nel 1921 disegna i confini di quello che sarà il moderno Iraq e nel corso della prima guerra mondiale la troviamo alla ricerca di trattati e alleanze con i signori del deserto contro la potenza ottomana, alleata della Germania e sul fronte opposto inglese. Il suo più grande successo sarà un trattato firmato con il capo della tribù degli Anaizah, che accetta di assalire i Turchi a vantaggio della Gran Bretagna. Ricca, infelice e contraddittoria, acerba oppositrice del diritto di voto per le donne, si suicidò nel 1926 nella capitale del nuovo stato che ella stessa aveva contribuito a fondare.

Anita Conti (1899-1997) la signora del mare (nella foto accanto al titolo), donna d’avventura del XIX secolo, vive gli anni della giovinezza in una condizione di elitario isolamento: il denaro, la cultura, il cosmopolitismo dei suoi genitori stabilitisi sulle coste della Bretagna, in Francia, sono sufficienti alla sua educazione anti-convenzionale.  Anita diventa rilegatrice d’arte e scrive per giornali femministi, occupandosi di un tema insolito per il tempo, tanto più se a trattarlo era una giovane donna: descrive le deplorevoli condizioni sanitarie nei quali versavano i lavoratori degli allevamenti di ostriche in Bretagna. Le sue non sono solo illazioni e frasi fatte, dalle sue parole traspaiono tutte le sue competenze tecniche per un settore, quello della pesca, che aveva imparato a conoscere dal di dentro. Assunta dall’Ufficio scientifico e tecnico delle pesche marittime, avrà un ruolo di primo piano come oceanografa per lo Stato francese prima, per proprio conto, studierà e misurerà le tecniche di pesca, viaggerà da un porto all’altro del mondo, la macchina fotografica sempre al collo. Solo negli anni ’80 del secolo scorso poserà finalmente la valigia e un giovane illustratore, Laurent Giraud, incontra questa donna di 97 anni e l’aiuta a catalogare le sue 40.000 fotografie e grazie a lui, viene fondata l’associazione Cap su Anita Conti. La signora del mare e dei pescatori ha avuto la sua gloria.

Esploratrici. Donne. Non hanno solo riscritto carte geografiche, hanno riscritto la storia per loro, per il genere umano e per tutte le altre donne, contemporanee e passate, silenziose, coraggiose, sottomesse, schiave, vittime, ribelli che non arriveranno mai a increspare le acque della Storia.

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