Cultura e autogestione
Salvate l’Aquila!
La sintomatica storia del cinema Aquila di Roma, cattedrale della produzione e della programmazione indipendente, beffato (e messo in ginocchio) dalla buricrazia
Che cosa sia il Cinema Aquila a Roma lo sanno tutti i cinefili. Luogo di elezione del migliore cinema indipendente, qui sono nati piccoli fenomeni, da qui molti registi hanno battuto il primo colpo d’ala. Festival di cinema internazionale o dedicato, dibattiti con attori e registi, qui il cinema si può toccare, gli si può dare del tu. Da qui ha preso l’abbrivio Andrea Segre, ormai regista rampante. Qui ha tenuto per oltre un mese Fuoristrada, singolare docufilm su una ancor più singolare vicenda. Qui La mia classe, storia di una classe di italiano in un Ctp, il maestro Valerio Mastandrea era l’unico attore professionista, è stato visto, discusso e vivacemente commentato dagli studenti della vicina scuola di italiano Pigneto Prenestino. Qui, solo in questa sala, una produzione a basso costo come Spaghetti story ha raccolto 35.000 euro grazie a una programmazione lunghissima che ha lasciato spazio al passaparola. Il restauro di una preesistente buona architettura ha certo il suo valore, ma il vero valore è nella testa e nel cuore della cooperativa che gestisce le tre sale, che si è fatta carico di una indispensabile ma onerosa digitalizzazione, che intende il suo lavoro come una vera fabbrica culturale e sociale.
Ma forse qualcuno non lo sa. Come quel consigliere che ha presentato un’interrogazione all’assessore alla cultura di Roma. Di qui è partita un’indagine che ha evidenziato un’anomalia amministrativa: la cooperativa che gestisce il cinema è una sub concessionaria del consorzio che ha vinto il bando di appalto, il Sol.Co. E il Comune, invece di chiedere chiarimenti o avviare una diffida, ha revocato il bando che scadrebbe nel 2018. E mentre l’assessore Marinelli annuncia un nuovo bando per il «rilancio del cinema», attorno alla vecchia gestione si stringe una grande solidarietà. Non solo per le tremila firme raccolte in una manciata di giorni: giovedì scorso era stata indetta una conferenza stampa, ci si aspettava giornalisti e invece sono arrivati a riempire la platea anche registi, attori, distributori, pubblico cinefilo, abitanti del quartiere. Inaccettabile lo sgombero della struttura in un mese e il licenziamento in tronco del personale!
Il direttore del Nuovo Cinema Aquila accoratamente ripercorre le tappe della vicenda. Da quando, nel 2004, il Comune assegnò la sala a una società che non aveva i requisiti richiesti. «Qui il Comune non ci ha assegnato nulla – dice – ad assegnare la sala è stato il Tar e poi il Consiglio di stato a cui si era rivolto il consorzio Sol.Co, secondo arrivato. Ma quando ci siamo trovati davanti alla necessità di investire 400.000 euro per il digitale abbiamo capito che non era possibile ottenere i finanziamenti regionali se la società non fosse stata prevalentemente dedicata al cinema. Di qui il pasticcio della sub concessione. Forse abbiamo sbagliato, ma trovo paradossale che per questo ci si riversi addosso il fango di Mafia Capitale. Anzi, per eliminarne anche l’ombra del sospetto, abbiamo già provveduto a dimetterci da quel consorzio». Insomma, un’autogestione, la mobilitazione continua.