Ritratto d'artista
Il teatro avvelenato
«L'umanità è vaccinata: se non va a teatro, spia i drammi degli altri, come fosse uno spettacolo». Incontro con il grande regista: Giancarlo Sepe
Nome e cognome: Giancarlo Sepe.
Professione: Regista teatrale.
Età: 69.
Da bambino sognava di diventare un regista teatrale? No, lo facevo e basta: costringevo i miei piccoli amici a fare strane storie, ognuno vestito con il proprio costume di carnevale, ne uscivano dei veri mélange drammaturgici.
Cosa significa costruire regie e dirigere gli attori? Significa leggere le storie già scritte in un modo personale, disincagliato da filologismi vari, vedere gli altri come capaci di mimetizzarsi nei miei, loro fantasmi per trarne una visione palpitante.
Il suo film preferito? 8 e ½ di Federico Fellini.
Il suo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da lei o da altri) La classe morta di Tadeusz Kantor.
Ha lavorato con grandi attori. Cosa gli hanno dato e chi ricorda con più affetto?I grandi attori ti regalano tutto senza l’idea di regalarti niente. Basta guardarli! L’affetto per Lilla Brignone, quello per Mariangela Melato, Concetta Barra, Aroldo Tieri, Olga Villi, Gianni Agus, ancora è forte dentro di me.
Qual è il regista da cui ha imparato di più? Da tutti e da nessuno, ma il mio vero insegnante è il cinema.
Il libro sul comò: I dolori del giovane Werther di Goethe.
La canzone che la rappresenta: La mer di Charles Trenet.
Prosecco o champagne? Entrambi.
Il primo amore, lo ricorda? Sì e no. Ricordo che eravamo piccolissimi, ed io ero precoce…
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Rivelazione e stupore, un meccanismo elementare ed esplosivo.
Strategia di conquista: qual è la sua? Esprimo dedizione e soprattutto autoironia.
Categorie umane che non le piacciono? Gli opportunisti. Il teatro ne soffre e ne è purtroppo intasato.
Che ne pensa della vecchiaia? Ci sono dentro, cerco di non pensarci fino a quando non m’impedirà di fare le cose che mi piacciono, dopo mi chiuderò a riccio!
Il sesso nobilita l’amore o viceversa? Il sesso è il sesso, e conta, non nobilita niente e l’amore resiste anche senza sesso. A volte.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Le affinità elettive sono un concentrato di sublime che sorseggi di giorno in giorno.
Costretto a scegliere: regista di prosa o di lirica? Regista di prosa.
Casa di bambola o Natale in casa Cupiello? Casa di bambola (Ibsen è un cardine senza il quale saremmo ancora ai languori cecoviani, meravigliosi ma afasici, inerti, senza speranza, meglio i furori borghesi da cui non si esce vivi).
Shakespeare o Pirandello? Ho sempre un’idea su di un Pirandello da fare…vorrà dire qualcosa?
Com’è cambiato il teatro dalla metà degli anni ’60 ad oggi? Dal giorno alla notte. A dodici anni andavo a teatro a vedere tutto quello che m’interessava. L’approvvigionamento di testi nuovi, stranieri e no, da parte delle compagnie era una cosa magnifica, non mancava anno che non ci fossero novità, conoscevamo, recitati da compagnie straordinarie, autori dell’est, russi, inglesi, francesi, americani: una meraviglia.
L’ultima volta che è andato a teatro, cos’ha visto? Vapore di Marco Lodoli, con Giuliana Lojodice, al teatro India.
Racconti il suo ultimo lavoro: The Dubliners/James Joyce/15:the dead Part 1, uno spettacolo che nel corso degli anni, grazie al cinema di John Ford, mi è cresciuto dentro. I dublinesi visti dal loro autore più innovativo nel linguaggio: James Joyce. I drammi di un popolo fermo, costretto dalle afasie di una società rinunciataria e perbenista si celebra solo attraverso i suoi canti, nella perenne speranza, un giorno, di partire, confessioni a cuore aperto di donne e uomini che non sperano e che aspettano i fine settimana per ubriacarsi. Presentato al 57° Festival di Spoleto a cui aggiungerò una parte seconda che presenterò al prossimo Festival dei due mondi.
Perché il pubblico dovrebbe vederlo? Il pubblico dovrebbe vederlo perché, nel tema, è unico: uno spettacolo che più che parlare di storie parla di etnia, si balla e si canta e viene recitato in inglese, ed è estremamente coinvolgente: uno spettacolo internazionale. Piaccia o no!
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Cosa devo dire? Non cado dalle nuvole se mi si chiede una cosa del genere, però mi preme di sottolineare che il marcio c’è quando un giornalista o critico diventa socio di una compagnia, quando diventa editore, quando arruola giovani cronisti a dividere il mondo attivo del teatro in un teatro di serie a e di serie b, una intera compagine di squadristi che contribuiscono ad avvelenare l’acqua dove tutti si abbeverano, che decidono chi si deve premiare, chi deve andare all’estero, chi deve avere accesso ai premi ministeriali, pensi che un mio spettacolo – parlo di quelli fatti alla Comunità di Roma – non viene ospitato a Milano dal 1979!!! Potrei parlare, riempire libri interi, mi creda!
Come e dove si vedi tra venti anni? Tra 20 anni non ci sarò più, e non sogno l’eternità…
La cosa a cui nella vita non vorrebbe mai rinunciare. Lavorare…
Quella cosa di lei che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Odio andare a teatro. Mi annoia!
Piatto preferito: La parmigiana.
La morte: paura o liberazione? Né l’una né l’altra, guardare avanti, tanto nessuno ce la toglie.
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? Io che ho lavorato prevalentemente con Prime Donne, posso dire che il problema non si pone.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Certo! Per vari motivi: tempo, denaro, interesse.
Di lasciarsi sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirsene subito dopo? Sì, quando Sergio Fantoni mi propose Tradimenti di Pinter ed io rifiutai perché non capii il testo.
Cos’è un attore? Una macchina fatta di cuore, sentimenti, risentimenti, fragilità e supponenza. Insomma, una vera meraviglia!
Meglio essere: felice, sereno o contento? Felice, felice! Sereno attiene alla vecchiaia; la contentezza alla modestia.
Gli attori dimenticano le battute: condannati o graziati? Graziati!!! Anch’io ho fatto l’attore e so cosa significhi dire la stessa battuta per cento volte o avere vuoti di memoria. Una tortura!
Che cosa rappresenta per lei il pubblico? Il pubblico è il nulla anonimo, che t’infastidisce se tossisce, ti placa se sorride, ti fa sentire grande se applaude.
Tre difetti che non bisogna assolutamente avere per poter fare il regista. Conosco registi pieni di difetti che sono grandi. Il regista è come un uomo che ha tutti i difetti del mondo.
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? L’umanità è ampiamente vaccinata, si guarderebbe intorno per affacciarsi a spiare i drammi degli altri, pacificandosi immediatamente.
Gli alieni la rapiscono e può esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Fatemi vedere del cinema, non importa quale…
La frase più romantica che abbia mai ascoltato in scena. «Volentieri mi nutrirei di rose, si sente il sapore del fiore…» (I misteri dell’amore di Roger Vitrac).
La frase più triste che le sia toccato di sentire in scena. «…Si muore a tutte l’età” (Victor o i bambini al potere di Roger Vitrac).
Gli attori vanno guidati o lasciati ai loro istinti? Ragione e sentimento, istinto e raziocinio, queste le cose che chiedo quando si prova, ma la partenza per l’attore è la piena libertà.
Cosa vorrebbe che la gente ricordasse di lei? La mia generosità.
Ha mai litigato con un attore/trice per una questione di interpretazione del personaggio? Sì, ma non mi va di dire con chi o perché: succede!
Ha mai litigato con un produttore per una questione di soldi? Litigato no, ma ritiratomi, sì.
Progetti futuri? Sudori freddi ispirato ai personaggi creati da Pierre Boileau e Thomas Narcejac (gli autori de “La donna che visse due volte”) che andrà al prossimo Napoli Teatro Festival – The Dubliners/James Joyce/12: Ivy Day Part 2, al prossimo Festival di Spoleto e in ultimo: I Dolori del Giovane Werther di J. W. Goethe.
Un consiglio a un giovane che voglia fare questo mestiere. Sarebbe auspicabile munirsi di una buona famiglia che l’aiuti, come l’ho avuta io. Straordinaria!!!