Un bella reinvenzione biografica
Il romanzo di Silone
Con "Il fenicottero", Renzo Paris ricostruisce la vita di Secondino Tranquilli fino al momento in cui decise di diventare lo scrittore Ignazio Silone. Uno scavo letterario che arriva al cuore dell'uomo
Raramente di questi tempi la narrativa italiana regala piaceri ed emozioni come la lettura dell’ultimo libro di Renzo Paris Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone (Elliot, 333 pagine, 19,50 euro). Si tratta infatti di un’opera assai bella e particolare, che con una sintesi banale potremmo definire una fiction storico-letteraria: Paris ricostruisce in forma di romanzo i primi trent’anni della vita di Secondino Tranquilli – il vero nome di Silone – fermandosi al 1930, ovvero l’anno in cui decise di farsi scrittore, l’anno della nascita di quel capolavoro della letteratura mondiale che è Fontamara.
La rosa selvatica di Fontamara, come scrive Paris, è fiorita in un cespuglio di spine. Dalla miseria e dalla solitudine di Secondino, orfano in cerca di un padre che non avrebbe trovato, dalla sua doppia vita di comunista rivoluzionario e di informatore della polizia fascista, dalla sua enigmatica sessualità, dalla sua crisi di identità che avrebbe infine assunto i contorni patologici della schizofrenia. D’altronde, dice ancora l’autore, la letteratura, quella vera, «non certo quella dell’intrattenimento che oggi impazza», può nascere «dove meno te l’aspetti».
Anche il romanzo di Renzo Paris appartiene alla categoria della letteratura vera.
Due parole sul titolo. Fenicotteri venivano chiamati i comunisti clandestini che, sotto il fascismo, si spostavano da una città all’altra d’Italia e d’Europa per portare con sé volantini, documenti, carte d’identità false, lettere cifrate. E tale, come è noto, fu Silone fino alla scelta di abbandonare il Partito comunista, che coincise con quella di chiudere la sua decennale attività spionistica.
La scrittura di Paris è scorrevole, incisiva e, potremmo dire, sinfonica: adotta infatti la bella lingua italiana con la sua ricchezza di note e di strumenti, senza cedimenti ai barocchismi, ai modernismi e ai tentativi di innovazione ai quali spesso oggi ricorrono tanti scrittori.
Tuttavia è la storia la forza potente di questo romanzo, che deriva dalla capacità dell’autore di calarsi nel suo personaggio. Arrivato all’ultima pagina Paris si chiede se si è identificato più del necessario con la vita di Secondino: «Sono un marsicano anch’io, non ho dubbi, porto quel tatuaggio profondo impresso sulla mia pelle, ho vissuto da bambino accanto alle baracche del terremoto del 1915, la mia stessa famiglia era baraccata. Sono emigrato a tredici anni a Roma. Ho soggiornato a Parigi, Berlino, Madrid, Mosca. Ho scritto anch’io una specie di “Uscita di sicurezza” dalla confusa cultura sessantottesca, quando mi sono accorto che molti di loro si sono serviti di quei giovani per fare carriera in tv, nelle università, sui giornali e nei parlamenti europei. Sono finito anch’io, come Secondino, nel salottino di uno psicanalista junghiano, che mi ha riportato alla mia infanzia, facendomi scrivere una trilogia sulla mia cara Marsica…».
Al di là di queste spiegazioni, resta il fatto che la capacità di immedesimazione dell’autore è straordinaria. L’amore di Renzo Paris per il suo personaggio non gli impedisce di scandagliarne con il rigore di uno storico ma più ancora di uno psicanalista la tormentata esistenza, nel tentativo – letterariamente riuscito – di giungere alle radici dei suoi comportamenti.
Il fenicottero è un libro che consigliamo a tutti gli amanti della “vera” letteratura, ma soprattutto agli amanti della scrittura. Si tratta infatti di una eccezionale lezione. La tela del racconto è infatti trasparente, nella trama il lettore può cogliere il lavoro, la fatica e la sofferenza dell’autore. Fatica e sofferenze premiate, perché Paris ci consegna un Secondino Tranquilli che è un gigante letterario destinato a restare impresso nella memoria del lettore.