Giuseppe Grattacaso
A Lisbona, dopo Parigi e Roma

Wunderkammer Duemila

Le Wunderkammer, “stanze delle meraviglie" tipiche del Seicento, rivivono in una mostra di Elisabetta Scarpini che riunisce oggetti, sogni, memorie, libri e animali...

Le Wunderkammer erano stanze in cui, a partire dal Cinquecento e per tutto il Seicento, venivano raccolte mirabilia, oggetti esotici o di forme stranissime, o ancora prodotti originali fino all’eccesso creati da artigiani abilissimi, animali a due teste, rettili provenienti da luoghi lontani, uccelli sconosciuti. Erano, insomma, un luogo delle meraviglie, una camera delle curiosità, nella quale guardarsi attorno con stupore e che doveva appunto destare meraviglia nel visitatore. Le pareti erano in gran parte coperte da mensole e ripiani, sui quali poggiavano, allineati in disposizione all’apparenza casuale, i pezzi eccentrici di collezioni stravaganti e disordinate. Si trattava di raccolte di cose e reperti stravaganti, una sorta di prima idea di quelli che poi saranno i musei, dei quali però non possedevano la disposizione sistematica, né tantomeno il rigore. È normale che queste fiere dello straordinario trovassero ampio favore nel secolo del Barocco.

Elisabetta Scarpini dedica alle Wunderkammer una mostra già ospitata nella libreria Fahrenheit 451 di Campo de’ Fiori a Roma e prima ancora presso Le Salon by Thé des Écrivains di Parigi, e che approda ora a Lisbona, dall’8 al 18 aprile presso la Livreria Ler Devagar, nel quartiere dell’Alcântara.

wunderkammer 3Le camere delle meraviglie della Scarpini sono fotografie che ritraggono composizioni realizzate dalla stessa artista, in cui libri, oggetti del quotidiano, piccole suppellettili, verdure e piante immediatamente riconoscibili nella loro familiarità, si sistemano in un ordine inconsueto e sorprendente, dando luogo a insospettabili parentele, a legami che, così come nell’arte barocca, si strutturano in forme di equilibrio precario eppure in qualche modo necessario.

Le Wunderkammer diventano degli spazi, innanzitutto mentali e culturali, dove vengono a condensarsi, come nei sogni, frammenti provenienti dalla vita quotidiana più prossima così come da lontani eventi rimossi. Sono nature morte del meraviglioso ridotte a fotografie, formate da brandelli che risalgono all’epoca remota della storia individuale e da lacerti della banalità e della consuetudine a cui ci costringe il presente. In esse convivono, suggerendo peraltro senza mai dichiararla una ragione che spieghi la loro coesistenza, presenze strambe e personaggi familiari.

Il rapporto tra i diversi materiali che compongono la scena (perché pur sempre di un teatrino bizzarro si tratta, di una scenografia che rimanda all’assurdo compiersi delle vite in una intelaiatura troppo spesso singolare) può essere rassicurante o generare inquietudine, ma è sempre il segno di una realtà che, pure nella bidimensionalità dell’oggetto fotografico, cambia repentinamente di segno e genera nuove prospettive.

La volontà di esporre le opere in librerie è una scelta felice, visto che gli oggetti più presenti nelle Wunderkammer della Scarpini sono appunto i libri. Nelle parole della letteratura, ma soprattutto della poesia diremmo a scorrere i volumi presenti nelle fotografie, c’è la vita e l’arte, così come è presente l’ostinarsi dell’una e dell’altra a offrire un equilibrio e un senso a schegge spesso vaganti, a oggetti, sentimenti, emozioni, eventi dell’esistenza che si combinano in fogge strampalate, in audaci diagrammi che pure da qualche parte devono avere una loro spiegazione. Per Mauro Pompei, che firma lo scritto di presentazione del catalogo della mostra, si tratta di una «molteplicità che si ripiega e si spiega, e che sta a noi, alla nostra capacità di pensarla, tentare nuovamente di dispiegare».

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