La scomparsa di un maestro
Oltre il cinema
Il cinema di Manoel de Oliveira aveva il merito incomparabile di lasciare l'anima in sospeso, come se la traccia dei suoi film proseguisse nello spazio e nel tempo
Purtroppo non è un pesce d’Aprile tardivo. È morto davvero Manoel Cândido Pinto de Oliveira, che il prossimo dicembre avrebbe varcato la soglia dei 107 anni, centosette. Tanti quanti il cinema, o quasi. Per chi aveva adorato ogni fotogramma del suo cinema, questo è davvero un giorno di lutto. Ripercorrere la sua carriera sarebbe davvero un’impresa titanica, non tanto per il numero dei film, relativamente contenuto, quanto per l’ampiezza, o meglio, l’indeterminatezza del suo talento, che ci ha sorpreso fino all’ultimo. Come quando, pochi mesi fa, alla Mostra di Venezia, aveva presentato un cortometraggio di nemmeno venti minuti, O Velho do Restelo, che metteva insieme, in una città dei giorni nostri, personaggi come Don Chisciotte, Luis de Camões, Camilo Castelo Branco e Teixeira de Pascoaes, a parlare della vita.
Il cinema del lusitano de Oliveira aveva il merito incomparabile di lasciare l’anima in sospeso, come se la traccia dei suoi film proseguisse nello spazio e nel tempo, arrivando anche dopo la fine della proiezione dentro il nostro intimo più profondo. La lentezza solo apparente delle sue pellicole nascondeva dei percorsi emotivi sublimi, fatti di ironia stralunata e citazioni coltissime. Ma non per questo fruibili solo a pochi eletti. In questo era davvero inimitabile, nel saper creare e gestire la teatralità delle sue storie, sempre a metà tra la potenza delle immagini e il ricamo formale di parole e dialoghi.