Paola Benadusi Marzocca
Una trilogia ispirata a Jules Verne

Il ragazzo Nemo

A colloquio con Davide Morosinotto sul primo dei tre libri incentrati sul leggendario capitano dell'“Isola misteriosa”. Un giovane uomo pieno di luci e di ombre che l'autore ha sviluppato intepretando “l'originale”...

La vocazione di Davide Morosinotto è stata precoce poiché fin da piccolo avrebbe voluto scrivere di mondi fantastici e avventurosi. Giusto sguardo prospettico, il suo, visto che i libri d’avventura non cessano di attrarre i ragazzi grazie alle storie che invitano alla fantasticheria, che sanno di terra e di mare, con i loro protagonisti dai muscoli forti e dai riflessi rapidi sempre pronti a combattere il sopruso e l’ingiustizia. Nemo il ragazzo senza nome, ultimo romanzo di Morosinotto (Rizzoli, 235 pagine, 15 euro), si iscrive a pieno titolo nella categoria. È il primo volume di una trilogia ambientata nell’Europa d’inizio Ottocento che si ispira al leggendario personaggio di Jules Verne, il capitano de L’isola misteriosa, che era poi il principe indiano Dakkar. Si istruì nelle scienze, lettere e arti, viaggiando per tutta l’Europa. «Era stato spodestato dagli inglesi dal suo regno e aveva ideato il famoso sottomarino Nautilus» inseguendo le navi inglesi per vendicarsi senza pietà.

«Il giro del mondo in 80 giorni – mi racconta lo scrittore veneto, giornalista, traduttore di software (soprattutto videogiochi), autore oltre che di romanzi fantasy anche di testi di fantascienza (Perfino la morte), rispondendo a una mia sollecitazione sulla sua formazione – è il primo romanzo che ho amato, leggendolo e rileggendolo fino a impararlo a memoria, e passando poi a tutti gli altri. Da Dalla terra alla luna, al Viaggio al centro della terra, e ovviamente Ventimila leghe sotto i mari. A parte Verne, sono cresciuto con i grandi autori di fantascienza, Asimov, Sheckley, Pohl, Frank Herbert, Philip Dick. Quindi sono rimasto stregato da Stephen King, che mi ha fatto scoprire per la prima volta che la letteratura popolare poteva essere emotiva, raccontare cioè i personaggi e il loro vissuto, i sentimenti, i loro dubbi. Infine, ho un debito di riconoscenza incolmabile con il mio amico Pierdomenico Baccalario: è il primo che ha accettato di leggere un mio manoscritto per ragazzi, in seguito mi ha chiesto di lavorare insieme e mi ha insegnato tantissimo su questa forma di letteratura popolare».

Copertina NemoCome ha inciso nella sua scrittura l’ispirarsi a Jules Verne?
«Nemo è un libro su cui ho meditato e lavorato per molto tempo. Volevo mantenere una componente di coerenza storica e di connessione con l’opera di Verne. Ma è soprattutto questo il criterio fondamentale a cui mi sono ottenuto rigidamente: il personaggio di Nemo. Un uomo, nel mio caso un ragazzo, pieno di luci e ombre, capace di slanci improvvisi di generosità e calore umano ma anche molto chiuso e misterioso, a volte inaccessibile. Parlare di Nemo è stato il mio scopo principale, a cui ho piegato ogni altra esigenza narrativa. Nei miei libri è un ragazzo capace di invenzioni e idee che, per la sua epoca, sono decisamente fantascientifiche. Ma soprattutto, ho cercato di farlo pensare e agire come Verne avrebbe voluto. Spero di esserci riuscito».

L’interesse che c’è oggi per questo grande scrittore dell’Ottocento, che ha dato inizio al romanzo avventuroso-scientifico, fa parte della tendenza al revival o secondo lei è più radicato?
«Credo che Verne abbia saputo raccontare, con i suoi libri, storie meravigliose che rispondono ad archetipi e miti profondi. Il bisogno di avventura, di mistero. La curiosità di scoprire cosa si nasconde in paesi lontani e fin dove può arrivare l’Uomo con la sua intelligenza e il suo impegno. A tutto questo ha aggiunto personaggi forti e indimenticabili, come Nemo appunto, o Phileas Fogg. Secondo me, è per questo motivo che i suoi libri sono diventati immortali. Ai nostri giorni, poi, ci troviamo forse in difficoltà a interpretare una realtà in continuo mutamento, che si evolve a grande velocità e in direzioni inaspettate. Nel giro di sessant’anni abbiamo scoperto i computer, poi Internet, ora viviamo connessi in ogni momento. Credo che ci vorrà del tempo per adattarci davvero e pienamente a questa realtà. E forse, guardando alle storie del passato, cerchiamo in qualche modo una risposta».

L’osservazione della realtà e la conoscenza scientifica e tecnica spinte fino a ipotesi avvenieristiche, quasi fantascientifiche, che poi si sono realizzate… Tutto questo fa pensare a Jules Verne come a un profeta…
«È indubbio che Verne sia stato uno dei pochissimi scrittori capaci di anticipare il suo tempo non solo per quanto riguarda la letteratura, ma anche la scienza. Non lo definirei però un profeta. Era solo, probabilmente, uno scrittore molto intelligente che affrontava i suoi “problemi narrativi” studiandoli con grande cura e logica incrollabile. Tanto che poi le sue soluzioni si sono rivelate spesso esatte. Penso spesso al romanzo Dalla terra alla luna. Mi piace credere che Verne abbia avuto uno spunto narrativo interessante, e cioè la storia di un equipaggio in volo verso la luna. A quel punto ha svolto con cura il lavoro di ricerca, che è parte fondamentale del mestiere di scrittore, per immaginare come realizzarlo in modo verosimile. Così facendo ha affrontato i problemi che poi sarebbero toccati anche agli scienziati moderni: orbite, traiettorie, carburante. E ha piegato la sua storia di conseguenza. Il risultato è profetico, ma dietro io ci vedo il lavoro di un artigiano che operava con cura, passione, grande intelligenza e capacità».

Nemo autoreAnche nel suo romanzo, Nemo con gli altri due protagonisti, fra cui la deliziosa e coraggiosissima Ashlynn, affronta avventure ai limiti dell’incredibile. Si può dire che è una via di mezzo tra Indiana Jones e James Bond?
«Nemo per certi versi è l’eroe d’avventura perfetto. È coraggioso, affascinante, capace di togliersi dai guai in ogni situazione. Un genio che risolve i problemi con soluzioni innovative e spettacolari.Questo sicuramente lo fa assomigliare a tanti altri eroi della letteratura e del cinema (quelli citati, devo dire, sono tra i miei preferiti). Secondo me però Nemo ha anche qualcosa in più, che lo rende diverso dallo stereotipo dell’eroe e gli dà una dimensione più ampia, umana e “vera”. È il suo lato oscuro, fatto di responsabilità e di rabbia, di mistero. Bisogna ricordare che alla fine del romanzo Ventimila leghe sotto i mari, Nemo attacca e affonda una nave per molti versi innocente, e proprio questo episodio spingerà i suoi amici ad abbandonarlo.Proprio perché Nemo è un eroe in tumulto, che commette anche grandi errori, al suo fianco sono arrivati due personaggi che per me sono stati davvero divertenti da raccontare, tra cui Ashlynn. Ero timoroso di lasciare tanto spazio a una ragazza, perché, per uno scrittore maschio, le ragazze sono sempre più difficili da gestire sulla pagina. Ma in questo caso, Ashlynn il suo spazio se l’è preso. Sorprendendo anche me».

Ho letto la sua piccola biografia di Leonardo da Vinci della nuova interessante collana “I Grandissimi” (Ed. EL, 73 pagine, 7,50 euro). Ha scelto Leonardo, genio dallo sconfinato talento, perché in fondo l’avventura intellettuale è comunque avventura, superamento dei limiti umani?
«
Leonardo è un personaggio magnifico. Da piccolo mi affascinava perché era mancino, come me, e aveva trasformato questa caratteristica, che a volte è piuttosto scomoda, in un vantaggio e in un codice segreto. Ma studiando Leonardo per “I Grandissimi”, mi ha sorpreso un’altra cosa. Il fatto cioè che i suoi contemporanei non lo considerassero un genio assoluto, o almeno non con la stessa enfasi che usiamo noi moderni. Per questo, nella sua vita dovette affrontare numerose critiche, addirittura sberleffi, eppure continuò per la sua strada animato dalla sua incredibile e geniale curiosità. Infine, non posso dimenticare che Leonardo è stato l’inventore del sottomarino. Anche Verne, credo, per tanti versi è partito da lui».

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