Pierre Chiartano
Lettera da Tunisi

Piove sulla paura

I tunisini sono scesi in piazza sotto la pioggia per dire no a violenza e integralismo. Perché la strage del Bardo ha aperto una ferita in tutto il Mediterraneo. Anche se qualcuno fa finta di niente

Tunisi. Shera 20 Mars è deserta. Punteggiata di lampeggianti rossi e divise nere dei reparti speciali di polizia e guardia nazionale. Non si puo sostare, devi camminare, in un senso o in un altro. La manifestazione contro la violenza omicida del mercoledi nero, che ha visto anche quattro italiani tra le vittime,  e per celebrare la riapertura del Museo del Bardo, non è ancora cominciata. Sono le 14.30 del 24 marzo. Il cielo sopra Tunisi è grigio. Le strade che portano al Bardo sono bagnate da una pioggia sempre piu intensa. La marcia contro la violenza della strage del Bardo sfrutta una coincidenza: l’apertura del Social Forum a Tunisi, con migliaia di attivisti in arrivo dai quattro angoli della Terra. E si vedono.

manifestazione bardo4Pacifisti, ecologisti, comboniani e supporter di Anonymus si sono dati convegno per stringere la mano a tutti quei tunisini che vogliono ancora credere ad un futuro possibile per il loro paese, ad una civile convivenza fuori dalle urla sconnesse di un dolore profondo, che porta spesso alla violenza. Per strada ci si incoraggia. Ma in alcuni ambienti si cerca ancora di piegare la comunicazione a una dottrina ormai logora frutto di ignavia e insipienza. La stessa che aveva portato il 17 marzo, due giorni prima della strage, a una dichiarazione avventata del ministro del Turismo tunisino, che dava il paese tranquillo e sicuro, pronto a rilanciare il settore vacanziero in grande stile. Riportata e amplificata dall’agenzia Ansamed in stile “redazionale”. Si stigmatizzava certa stampa “allarmista” e si faceva notare come “le discoteche” fossero piene. Un bell’esempio di cialtronismo nostrano.

manifestazione bardo5Ora il nobile tentativo di chi butta acqua sul fuoco sarebbe quello di non creare allarme sociale e psicosi di massa. Ma il rischio è invece quello di sottostimare la pericolosità del fenomeno. Le cellule terroristiche che hanno butterato la pelle di questa nuova democrazia. Nuova costituzione e il piu alto numero di foreign fighter fornito a Stato islamico vanno a braccetto. A dimostrazione che in Tunisia certa propaganda ha fatto danni. La narrativa ufficiale ha sopravanzato la realta fino ad obliterarla.

Parola d’ordine: minimizzare, sempre e comunque. I terroristi del Bardo? Ragazzi male addestrati e disorganizzati. Oltre venti morti. Ogni commento sarebbe superfluo. È chiaro, mentre la folla sfila davanti al museo, che la Tunisia non va lasciata da sola ad affrontare questa sfida. Girando nel governatorato di Kasserine, a Kef e nel sud tra Ben Gardane e Tataouine ti accorgi che si sta muovendo qualcosa. Ad Ayn Zayen e intorno allo Chaambi i gruppi jahadisti si stanno rimpolpando. Incominciano a scendere a valle piu spesso per chiedere acqua e cibo. Dove serve, intimidiscono. Lo scorso dicembre hanno decapitato un ufficiale di polizia vicino a Kef. E ottengono cio che vogliono. Le forze di sicurezza si limitano a osservare a distanza anziche andarli a prendere uno ad uno. Anche se ogni azione terroristica viene presentata spesso come frutto di operazioni casuali e non preordinate. Il che ogni tanto corrisponde al vero, ma non diminuisce la pericolosita di un fenomeno che da circa due anni ferisce con costanza la stabilita e la sicurezza della Tunisia.

manifestazione bardo2Nonostante la pioggia battente la gente continua ad affluire al Bardo. Molti striscioni, qualche slogan. Quello che colpisce è il triste disincanto sul volto di tanti tunisini che, nella lunga stagione delle rivolte, ci avevano creduto. Avevano creduto alla possibilità di contare qualcosa nel determinare il proprio futuro. I piu convinti nel testimoniare i loro “no” alla violenza sono i ragazzi. Ma ci sono tutti per strada, donne velate e non, anziani e teen ager. Gli eroi del giorno sono loro, le divise delle Tigri nere, gli uomini del Bat, la Brigata anti-terrorismo della Polizia tunisina. Ogni tanto rispondono ai saluti che vengono dalla folla che scorre lentamente fino ad ammassarsi di fronte al cancello del museo, dove mercoledi scorso è andata in scena una vera tragedia, per il presente e per il futuro del paese.

Sono le 16.30 quando decido di andare verso la stazione della metro di superfice e prendere il 4 per tornare al Passage nel cuore della capitale. Mentre mi allontano noto che il flusso di manifestanti è sparso ma costante. La voglia di gridare ai tunisini «non mollate, siamo con voi» è quasi insopprimibile, perche ormai il Mediterraneo non è più un confine. Siamo insieme nella lotta contro i mostri senza controllo, contro i giochi sporchi di chi considera la vita umana come semplice merce di scambio o peggio, non la considera proprio.

Siamo insieme nella testarda volontà di rompere il cerchio magico del male che lentamente si sta stringendo intorno alla comunità civile. Ci teniamo per mano come fratelli, figli dello stesso padre.

Le foto sono di Pierre Chiartano

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