Inchiesta sulla kermesse milanese/1
L’Affaire Expo
L’80% delle procedure di appalto dell’Expo superiori a 40 mila euro è stato oggetto di contestazioni. E tra inchieste, patteggiamenti e dimissioni, il 74% dei lavori è ancora in corso. A poche settimane dall'inaugurazione!
Le immagini che vedete qui sotto esprimono abbandono e desolazione dovrebbero farci riflettere. Si riferiscono al “dopo” EXPO Sevilla 1992, e mostrano ciò che resta oggi dei vagoni della monorotaia e del Jardin Americano. Costituiscono dunque un avvertimento importante per noi, a meno di 2 mesi dall’inaugurazione di EXPO 2015 a Milano. Come arriviamo a questa scadenza, e a che punto siamo? Quanto costerà ai contribuenti italiani questa manifestazione? Infine, è possibile evitare gli esiti di Siviglia? (E non solo quelli: perché analoghe immagini di degrado e desolati spazi vuoti vengono da Hannover 2000 ecc.).
L’ultima domanda sarà oggetto di un prossimo articolo; inizio perciò dalla prima. Ci arriviamo male, non c’è dubbio, e per tre motivi. Per le incertezze (chiamiamole così) lungo il percorso e per quel male oscuro nazionale che si chiama corruzione. Risultato (e terzo motivo di preoccupazione): a 57 giorni dall’inaugurazione siamo ancora in affanno perché in ritardo.
31 marzo 2008: il Corriere della Sera titola “EXPO 2015 ha vinto Milano”, superando Smirne per 86 voti a 65; Prodi («Abbiamo avuto un po’ di paura, vittoria del mio Governo»), Formigoni e Moratti esultano. A chi tocca guidare l’impresa? La scelta cade su Paolo Glisenti, braccio destro della Moratti sin dai tempi della presidenza RAI; ma il 19 febbraio 2009 lo stesso dichiara ad Affaritaliani.it: «mi dimetto dalla EXPO spa. Me l’ha chiesto la Moratti». Una vicenda poco chiara (non l’unica), che ha dietro i delicati equilibri nella complessa struttura azionaria di EXPO spa (40% al Tesoro, 20% ciascuno a Regione Lombardia e al Comune di Milano, 10% ciascuno a Provincia e Camera di Commercio), i difficili rapporti tra Moratti e Formigoni, il controllo dell’ente Fiera di Milano… ma non è qui il caso di avventurarsi in questo dedalo di gossip e congetture. Si è perso comunque un anno: pazienza; a Glisenti succede un ex ministro: Lucio Stanca. Nomina sunt omina: la sua è una gestione fiacca, che si ricorda soltanto per la curiosa pretesa del nuovo amministratore delegato di trasferire la sede di EXPO spa addirittura a Palazzo Reale; siamo ad un mese appena dalla nomina e già Stanca minaccia di dimettersi ove la sua richiesta non venga accolta. Si dimetterà, o sarà incoraggiato a farlo, soltanto 14 mesi dopo, verso la fine di giugno 2010. Titolo de Il Fatto quotidiano: «Lucio Stanca prende i soldi e scappa. Tutto da rifare per EXPO 2015». Stanca avrebbe incassato 450.000 euro, ma si affretta a precisare di avere «rinunciato a un terzo, perché ho ben chiaro il senso della crisi che il Paese sta attraversando». A questo punto si sono persi oltre 2 anni; viene nominato un terzo amministratore delegato: tocca a Giuseppe Sala, all’epoca direttore generale del Comune di Milano (amministrazione Moratti). Con Sala la questione del top management trova finalmente una sistemazione stabile: è il caso di dire che si comincia a fare sul serio. La sua posizione verrà ulteriormente rafforzata durante il Governo Letta, attraverso la nomina a commissario unico, e l’azzeramento del ruolo di Formigoni come commissario generale.
Per evitare ulteriori ritardi, il neo-commissario unico non esclude di ricorrere ai propri poteri speciali che gli consentirebbero di assegnare i lavori senza passare attraverso bandi di gara. Inoltre informa (3 giugno 2013) di avere scelto di appoggiarsi ad Antonio Acerbo, Senior Advisor Costruzioni di EXPO spa, e a Giovanni Confalonieri, direttore delle Relazioni Istituzionali del Comune di Milano, per completare la ricognizione sullo stato di avanzamento dei lavori. E con ciò siamo indirettamente arrivati al secondo motivo sopra accennato. Si comincia con una notizia apparentemente non connessa ad EXPO 2015: le dimissioni di Antonio Rognoni da Infrastrutture Lombarde, società controllata da Regione Lombardia (17 gennaio 2014). Trascorrono 2 mesi e il medesimo Rognoni viene arrestato: tra l’altro, avrebbe concorso a manipolare l’assegnazione di incarichi a società e professionisti. Una questione di ordinaria corruzione? Non proprio: come precisa il commissario Sala, Infrastrutture Lombarde è «un nostro fornitore di servizi che ha in mano una parte rilevante dei lavori», eper gli inquirenti sarebbe stata «gravemente turbata» una gara del valore di 1,2 milioni di euro riguardante l’affidamento «a professionisti esterni dei servizi legali» nell’attività di Infrastrutture Lombarde di «supporto e assistenza ad Expo 2015 spa», oltre a «manovre occulte finalizzate a pilotare gli affidamenti tecnici presso la direzione lavori nell’ambito delle opere di realizzazione della cosiddetta “Piastra” Expo…»: appalto poi finito all’azienda Mantovani. Per la cronaca, Rognoni patteggerà 3 anni di carcere.
Siamo solo agli inizi. L’8 maggio viene arrestato un manager di EXPO 2015: Angelo Paris, coinvolto nella cosiddetta «cupola degli appalti», di cui farebbero parte, oltre all’imprenditore Enrico Maltauro, anche vecchi personaggi delle cronache come Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Patteggeranno tutti, compreso Paris (2 anni e 6 mesi). Quindi è la volta di un altro importante manager, che ho appena citato: Antonio Acerbo, la cui funzione è divenuta quella di responsabile unico del progetto «Vie d’acqua Sud». Il 14 ottobre 2014 viene posto agli arresti domiciliari assieme ad un altro dirigente, il Facility Manager Andrea Castellotti; con loro è arrestato anche Giandomenico Maltauro, cugino di Enrico, imprenditore già coinvolto nelle precedenti vicende giudiziarie. Castellotti avrebbe pilotato un appalto a favore della società presso cui lavorava in precedenza; Acerbo si sarebbe adoperato per “aiutare” Maltauro nella gara di appalto per le «Vie d’acqua»: un contratto del valore di 42,5 milioni; in cambio avrebbe chiesto consulenze fittizie per il proprio figlio. Costui avrebbe inizialmente richiesto 300.000, lasciando esterrefatti i propri interlocutori: salvo poi accordarsi sulla cifra di 36.000. Sempre per la cronaca, Acerbo ha chiesto di patteggiare la pena.
È noto come questa grave situazione abbia fatto precipitare la decisione, da parte del Governo, di nominare Raffaele Cantone commissario straordinario dell’Anticorruzione, che si è trovato dinnanzi un quadro che è un eufemismo definire compromesso. Gestione del catering, servizi di vigilanza, allestimento dei padiglioni, lavori di pulizia e manutenzione: l’80 per cento delle procedure di appalto dell’Expo di Milano superiori a 40 mila euro è stato oggetto di contestazioni, e per quattro gare è stato sollecitato il commissariamento. Per non parlare della difficoltà di controllare le opere promosse direttamente dai Paesi partecipanti (per le quali l’investimento complessivo dovrebbe aggirarsi attorno al miliardo di euro). Questo per quanto riguarda il versante per così dire “esterno”; resta tuttavia aperto quello “interno”. Quando nell’ambito di una organizzazione vengono contestati fatti di rilevanza penale – peraltro rapidamente ammessi, come si è visto – a ben 3 alti dirigenti (ma secondo il Corriere della Sera del 25 luglio 2014 un altro sarebbe sotto inchiesta) viene naturale chiedersi sulla base di quali criteri essi siano stati inizialmente valutati e reclutati, e quali procedure siano state successivamente impiegate per controllarne le condotte etico-professionali, e non solo le performances verso gli obiettivi aziendali. Un tema – quello della business ethics e della Corporate Responsibility – che non può essere circoscritto soltanto al mondo imprenditoriale anglosassone.
Le vicende che ho sommariamente ricapitolato non hanno certamente contribuito ad un normale decorso del progetto. Grazie alla politica di “informazione trasparente” adottata da EXPO 2015 (cfr. OpenExpo) chiunque può farsi una idea precisa dello stato di avanzamento dei lavori. Nel complesso, solo il 9% può dirsi portato a termine; un altro 9% è in corso di collaudo, per un 6% sono in corso verifiche contabili, un 2% è sospeso e il restante 74% è tuttora in corso. Qualche dettaglio: i lavori per la piastra, che costituisce il manufatto essenziale sul quale poggia tutto il resto, si possono stimare oggi completati all’84%; per quanto concerne Palazzo Italia sembrerebbe di capire che l’appalto dei lavori sia attualmente al 16%, e infine, per quanto riguarda le aree tematiche, il Cluster biomediterraneo è al 27%, il Cluster caffè e spezie al 36%, il Cluster riso e cacao al 29%; da ultimo il tratto Nord delle Vie d’acqua al 31%. Quanto basta per non dormire di notte …
Vengo infine al tema dei costi, cominciando dall’attuale squadra di comando: quanto “pesa” e come è composta? Di nuovo il sito di EXPO 2015 merita un apprezzamento per la quantità di informazioni rese accessibili a chiunque. Apprendiamo così che al 1° gennaio 2015 risultavano in vigore 19 incarichi amministrativi di vertice (senza comprendere il commissario unico), per un ammontare retributivo annuo di 3 milioni di euro, oltre a 88.400 euro a titolo di retribuzione di posizione, e 657.677 come valore massimo indicato per le componenti retributive variabili. Circa 200.000 euro annui in media, includendo queste ultime per intero: sufficienti comunque a resistere a tentazioni improprie… sul sito è pubblicata anche una tabella con le retribuzioni di mercato a sostegno della congruità di questi compensi. Per quanto riguarda quadri e impiegati, l’informazione non è coerente con la precedente, in quanto fotografa la situazione al 31 dicembre 2013: si trattava allora di 129 persone, per un totale di 8.834.014 euro (circa 68.000 euro in media all’anno). Ancora al 1° gennaio 2015 venivano dichiarati in essere 21 rapporti di collaborazione per un ammontare di 2 milioni e 571 mila euro (media: 122.000 euro). Nel complesso si tratterebbe di un importo stimabile attorno ai 15 milioni annui, con un compenso medio attorno ai 90 mila euro annui.
Nonostante tutto, verrebbe da dire: cifre esigue, se confrontate al costo delle infrastrutture. In origine si parlava di 1,6 miliardi; la Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 2013 fornisce questa ripartizione dei costi (al netto di IVA):
- Stato: 828,6 milioni
- Regione Lombardia: 159 milioni
- Comune di Milano: 159 milioni
- Provincia: 79,5 milioni (questa quota non è stata coperta interamente e lo Stato è intervenuto per i 60 milioni mancanti)
- Camera di Commercio: 79,5
- Comune / Provincia / Regione / Camera di Commercio: 477 milioni
per un totale di 1 miliardo e 305,6 milioni, che il commissario unico ritiene di potere ridurre di 60 milioni, mancanti questa volta da parte della CCIA, secondo la quale le infrastrutture non rientrano tra i propri compiti istituzionali. A questa somma si devono aggiungere i costi per fare funzionare la “macchina” durante i 6 mesi di apertura, stimati in circa 800 milioni. A fronte di quest’ultima cifra ci sono le sponsorizzazioni, che secondo Affari e Finanza del 23 febbraio 2015 ammonterebbero oggi a 380 milioni, il merchandising oggi stimato a 15,6 milioni, l’affitto dei padiglioni (10 milioni), l’ospitalità per i partecipanti (16 milioni), una ipotetica lotteria (10 milioni) … ma soprattutto la vendita dei biglietti di ingresso. Attualmente saremmo attorno a 8,5 milioni di biglietti (in gran parte venduti a brokers o tour operators), il che significa ricavi per circa 255 milioni di euro; ma – sulla base delle cifre precedenti – basterebbe vendere 12,3 milioni di biglietti per coprire i costi operativi (ricordo che l’obiettivo inizialmente dichiarato e a mio giudizio francamente irrealistico è di 20, o addirittura 24 milioni).
Resta pertanto l’investimento di 1,3 miliardi che Stato, Regione ecc.… e dunque tutti noi avremo effettuato in infrastrutture per rendere possibile EXPO 2015. Il commissario unico parla di un indotto di circa 10 miliardi: una somma importante, che giustificherebbe largamente il “prezzo” pagato, in quanto pari a circa mezzo punto percentuale di PIL. Si tratta di calcoli complessi, che naturalmente debbono anche tenere conto dei costi di manutenzione ambientale, ripristino ecc. anche fuori dell’area EXPO inevitabilmente connessi all’afflusso concentrato in tempi ristretti di un “esercito” come la massa di visitatori che si attende, o si auspica. Si può comunque ragionare in termini grossolani: se arrivassero i 12,3 milioni di visitatori necessari a coprire gli 800 milioni di costi operativi, 10 miliardi di indotto starebbero a significare che ogni visitatore avrà in media “generato” – direttamente o indirettamente – 813 euro di indotto: e non si tratterebbe di poco, per permanenze che difficilmente supereranno i 2/3 giorni.
EXPO 2015 resta perciò una sfida difficile. Soprattutto pensando al dopo… ma questo è un tema ancora più intricato; ne riparleremo alla prossima occasione.