Un artista nel suo studio
Illustrare è un’arte
Dalle redazioni dei quotidiani alla pittura, passando per l'informale: è il percorso creativo di Franco Bevilacqua, colui che ha "disegnato" tutti i più importanti giornali italiani
Incontro Franco Bevilacqua nel suo nuovo studio di Testaccio, all’indomani dell’annuncio della possibile acquisizione della Rizzoli da parte della Mondadori. Non nasconde la sua preoccupazione per l’operazione: con parole dure descrive uno scenario fosco per le piccole case editrici, sostiene che un colosso così configurato sceglie di pubblicare tirature milionarie e che anche certe librerie sono indotte a semplificarsi la vita con pile di libri dalle «50 sfumature di… merda»; per lui in questa prospettiva ci si prepara a dire addio a operazioni di nicchia, improntate alla qualità.
Dopo lo sfogo, la chiacchierata prende altri toni; perché interessarsi a Franco Bevilacqua vuol dire avere testimonianze dal grafico giornalista al vignettista, dall’artista informale all’illustratore, oltre a ripercorrere 30 anni di stampa italiana d’informazione e tanto altro ancora. Non ha bisogno di essere sollecitato, generoso e coinvolgente dice di sé che i cambiamenti non lo hanno mai preoccupato: se li va a cercare.
Nel nostro paese i giornali, nel periodo cruciale del passaggio dal piombo alla fotocomposizione, li ha ridisegnati Franco Bevilacqua. A contare le testate di cui si è occupato, si fa il giro d’Italia. Quando Franco, nel 1982, direttore del settore grafico, a distanza di sei anni “dal numero zero”, lascia La Repubblica, tanti direttori di giornali si rivolgono a lui per rinnovare, adeguare, rendere più gradevolmente leggibili le loro pagine; non ha bisogno di andarseli a cercare, lo chiamano loro. Bevilacqua a Torino ridisegna La Stampa, a Livorno Il Tirreno e poi Il Secolo XIX, La Nuova Sardegna, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Globo, L’Espresso; tra periodici e quotidiani sono di sicuro più di venti progetti editoriali subito realizzati.
Nel 2009 per le edizioni Ponte Sisto, Bevilacqua ha pubblicato CorpoOtto, con sottotitolo: scelte di carattere. Lo ha presentato Miriam Mafai, sua collega a La Repubblica. Sono andata a rileggerlo, e direi che Franco Bevilacqua è una specie di predestinato: a 16 anni, quando va a trovare suo padre, impiegato della Biblioteca Vaticana, ha fra le mani antiche bolle papali, capolettera miniati, pergamene con florilegi e soprattutto l’unico esemplare integro della prima Bibbia di Gutenberg; non è forse questo un segno del destino? Infatti non ha avuto maestri; quando ha cominciato, quasi per caso, con un giornalino di studenti, non aveva un modello prestabilito ma era guidato dal gusto, dalle idee chiare, dal coraggio; “buona la prima” è da sempre il suo motto. Nel 1970 è giornalista professionista a Paese Sera; l’8 aprile del 1973 la morte di Picasso è un annuncio che per quanto esiga spazio non può essere solo gridato. Lui decide che la notizia deve essere stampata al posto del titolo della testata, che per una volta passerà in secondo piano e proprio così è stato fatto: memorabile!
Dopo tante collaborazioni, gestite nel rispetto delle esigenze delle varie redazioni – non a tutti piace che le cose cambino – poco dopo il 2000 viene il tempo della pensione e tornano gli amori giovanili. Non si è mai assopito l’interesse per la disciplina del disegno, che al Liceo di Via Ripetta, negli anni ’50, è somministrata in dosi cospicue e con tanto rigore. Franco dal 2003 ci si dedica con passione e con una certa devozione per alcuni maestri costantemente ammirati: Burri, Fontana e Rauschenberg. Ma un dubbio lo attraversa, anche solo temporaneamente: esprimersi in forme figurative, dopo anni di vignette, non lo convince, non lo soddisfa. E dunque sarà l’informale, che invece appaga pienamente la sua curiosità, quella di un “trovarobe” che raccoglie, piega, trasforma: «Che piacere dare una nuova vita a un vecchio bidone di petrolio!». Su queste materie e su altre, corrose dalla ruggine, come sulle plastiche sottoposte a manipolazioni con la fiamma ossidrica, si applica a “comporre” contrapposizioni tra superfici opache e traslucide, con l’aggiunta di catrame, lacche e smalti.
Tutto avviene nello studio-abitazione di Ponte Milvio; cosa c’è di meglio che inaugurarlo nel 2006 con una sua mostra? La racconta Arturo Carlo Quintavalle con Lettere in forma di pittura, la presenta Carlo Fabrizio Carli e non può mancare il contributo di Giampaolo Pansa che di Bevilacqua sottolinea l’appellativo rivoltogli da Eugenio Scalfari: «Tu sei il padrone dello spazio». Sono presentate 14 opere materiche di grande formato, il cui titolo è per ognuna un verso di famosi poeti italiani del Novecento.
Come ti ci sentivi, Franco, in quel loft così spazioso e accogliente? Mi risponde: «Quel quartiere non mi manca troppo; la movida non fa per me, pochi gli artigiani superstiti, una calda trattoria storica, la libreria, un locale rinomato per il suo tiramisù. Quello che mi manca è il resto, quello che ci siamo inventati in quello studio. Nella grande sala le mostre con vernissage affollatissimi; Ennio Calabria che presenta le opere della pittrice Anna Costantini, altre personali e collettive nel corso di alcuni anni all’insegna di “Entasis”, un programma e una finalità insieme. Avrei voluto dedicarmi con altri amici a fondare una specie di “Tribuna letteraria”. Senza fondi abbiamo ripiegato su regolari appuntamenti intitolati “La Conversazione”; abbiamo invitato scrittori, come Dacia Maraini e Marco Lodoli, a raccontarsi, a rievocare e a chiacchierare senza l’assillo di una uscita libraria, in un’atmosfera rilassante, mischiati fra lettori curiosi. C’è Oliviero Beha, che quasi si commuove nel ricordare la sua gattina alle prese con la tastiera del pianoforte e ancora Valerio Magrelli, Beppe Sebaste, Martina Testa con le testimonianze di Minimum Fax».
Gli chiedo di Testaccio. Come ti ha accolto? «Qui la movida è più defilata – replica ironico – si posiziona verso il Macro; c’è l’atmosfera di quartiere, so di comitati molto attivi». La ricollocazione della Fontana delle Anfore nella Piazza è stata molto sentita, un bel segnale. C’è qualche bottega che chiude, ma ancora non troppi avvicendamenti a snaturare un’atmosfera che se non può essere quella del quartiere operaio di fondazione è quella di un luogo vivibile.
Nel nuovo studio di via Ginori lo spazio è più contenuto, non c’è la grande sala; è una “bottega” con dentro tutto a portata di mano, che invoglia a partire con nuovi progetti. Qui da due anni è proseguito alacremente il tempo dell’illustrazione; da poco è stato pubblicato per le Edizioni Art’m, I tetti di Roma raccontano. Franco non trova strano che per realizzarlo – pagine dense di disegni – sia salito anche sui tetti della città, visto che da bambino si arrampicava sugli alberi. A volte è stato comodo scattare foto e fare schizzi posizionandosi sulle tegole, per inquadrare prospettive inedite e poi «le suore mi hanno accolto così bene!».
Questo guardare dall’alto ha accentuato, se mai ce ne fosse stato bisogno, la sua curiosità. Mi lascia sfogliare decine di disegni inediti, freschi, coloratissime tempere ad acqua; prima li ha schizzati durante i suoi “viaggi in tram”, da cui di tanto in tanto è sceso, per sorprendersi di questa città. Ha cominciato dalla Linea 3 per poi incrociare il 19 e tutti gli altri, tra centro e periferia. Bevilacqua si fa trasportare e scende a curiosare; testimone di una città che pensa debba essere vissuta con più attenzione; una qualità così diffusa che non deve essere osservata con abitudine e indifferenza; e tra non molto anche questo nuovo volume verrà dato alle stampe.
E i giornali, lo incalzo ancora: l’informazione? «C’è un altro progetto avviato, con questi disegni che ti voglio mostrare», mi confida. «Ho preparato un racconto ai bambini, che non possono sapere come erano fatti un tempo i quotidiani. È un testo per ragazzi, che immagino in visita a una redazione e che casualmente si imbattono in un vecchio cronista; sapranno così dei bossoli della posta pneumatica, delle macchine da scrivere, del frastuono delle telescriventi e degli odori della tipografia; anche questo librino sarà pubblicato a breve».
Infine Le case degli italiani, un altro progetto, tutto disegnato, che Franco riprenderà al più presto e che solo momentaneamente è accantonato. Una nuova avventura creativa, ma senza sottrarre tempo alle lezioni di violino che ha ripreso a suonare.