Radiografia del terrorismo/5
La casa dell’islam
La moschea è lo spazio della preghiera per i musulmani; arena di riflessione, protesta o di esercizio della giustizia. Ma in Europa ha finito per rappresentare un luogo che produce grandi conflitti
La moschea è il luogo in cui si svolgono le pratiche religiose dell’Islam. La parola tedesca moschee, come quella inglese mosque, è un prestito dal francese mosquée che rimanda, attraverso l’italiano moschea e lo spagnolo mezquita all’arabo masĝid. Questa parola, che compare quasi trenta volte nel Corano e, precisamente, nelle sure medinesi, significa in quel contesto semplicemente «luogo consacrato al culto» e si riferisce perciò a svariati luoghi santi. Se la parola non deriva, come anche l’etiopico mesĝad (chiesa, tempio), dall’aramaico, si fa derivare tuttavia dall’arabo sağada, cioè “prostrarsi” e indica il “luogo del prostrarsi”, dunque, il “luogo della preghiera”.
In quanto luogo di preghiera la moschea non ha elementi indispensabili. È possibile pregare anche all’aperto, o dentro una casa qualsiasi, purché il terreno sia delimitato da qualche oggetto e sia puro. Del resto alla Mecca, prima dell’emigrazione di Maometto, i musulmani non possedevano alcun singolo spazio di preghiera tanto che il primo modello di moschea fu quello della casa che il Profeta stesso fece erigere a Medina: una corte quadrata, circondata da muri di argilla, all’interno una sala (più tardi divennero due) con tettoie fatte di fronde di palma. Dopo la morte di Muhammad nel luogo di preghiera usato da lui fu posto un segno indicante la direzione della Mecca (qibla) e un semplice pulpito.
Le moschee hanno caratteri architettonici comuni e possiedono un determinato arredamento. La cupola della moschea converge in un unico punto e ciò rappresenta l’anelito del fedele verso l’entità divina. La scarsa presenza di legname nelle zone semi desertiche sulle quali vennero costruiti i primi edifici, impedì la realizzazione di intelaiature interne lignee e conferì agli architetti islamici un primato tecnologico sull’architettura occidentale. Il mihrab è una sorta di abside inserita nel muro orientato verso la qibla; generalmente è di piccole dimensioni ed è sormontato da una semicupola. Qui l’imam (colui che guida) conduce la preghiera del venerdì. Alla destra della “nicchia direzionale”, molto rialzato dal pavimento, c’è l’al-minbar costituito da una scala che porta ad un podio con sedile, da cui il predicatore della preghiera del venerdì parla ai fedeli.
Nel Corano non è scritto nulla circa il problema della separazione degli spazi tra uomini e donne all’interno delle moschee. Eppure, per tradizione, vi è una galleria apposita per le donne dove, separate dagli uomini, esse possono pregare e seguire le liturgie. È, comunque, poco comune che le donne si rechino alla moschea, poiché è usanza che preghino in casa.
L’ultima caratteristica architettonica fondamentale per una moschea è rappresentata dal minareto. Il termine minareto proviene dal francese minaret che, a sua volta, attraverso il turco minare(t), deriva dall’arabo manara (faro). Per indicare «il luogo dove c’è il fuoco», la luce, fu chiaramente preso a modello il faro. Il minareto è la torre (quadrata, rotonda o poligonale) della moschea, dalla quale il muezzin (mu’addin) richiama alla preghiera; ciò avviene da una galleria riccamente ornata e molto importante per la forma e la proporzione del minareto. Esso, solitamente, sovrasta la moschea, ma può anche apparire isolato per richiamare i fedeli alla preghiera.
L’Islam richiede che i fedeli, che entrano nella moschea, si vestano con umiltà. Gli uomini devono indossare vestiti puliti e larghi che non rivelino la forma del corpo. Allo stesso modo, alle donne è raccomandato di indossare abiti larghi lunghi fino ai polsi e alle caviglie e di coprirsi il capo con l’hijab o qualcosa di simile. Molti musulmani, indipendentemente dalla loro provenienza, indossano abiti tipici del Medio Oriente per le occasioni speciali di preghiera.
L’interno delle moschee è vuoto, privo di addobbi per favorire la preghiera e la concentrazione. Il pavimento è ricoperto da tappeti; le pareti sono ornate da lumi e, in alcune moschee, ci sono dei seggi destinati ai professori. All’interno dell’edificio di culto è proibito qualsiasi tipo di raffigurazione, per cui i luoghi islamici sono decorati e abbelliti da scritte che riportano versi del Corano e da motivi ornamentali come intarsi, inserti, mosaici e dipinti di forme geometriche, foglie e arabeschi.
I personaggi principali della moschea sono: l’imam, che guida alla preghiera, il muezzin, che invita alla preghiera, il khatib, il predicatore e il khati, che legge il sermone del venerdì. L’imam della comunità non è in nessun modo consacrato da un’autorità superiore e la sua funzione potrebbe essere svolta da qualsiasi altro fedele. Tuttavia, la comunità delega sistematicamente la gestione delle celebrazioni a uno specifico individuo il quale, essendo dotato di particolare prestigio per essere un esperto di questioni religiose, o per aver compiuto il pellegrinaggio alla Mecca, o per altri motivi, tende ad acquisire anche un’autorità a livello sociale. In questo modo, anche nell’Islam si delinea un ceto di funzionari religiosi.
Ogni moschea ha uno o più muezzin. Egli, oltre ad essere colui che chiama alla preghiera, è anche l’orante e lo stesso Profeta preferì un simile richiamo a strumenti come trombe o campane. La tradizione narra che una notte un compagno di Maometto vide in sogno due persone vestite di verde (colore simbolo dell’Islam) che gli insegnarono cosa recitare per la chiamata alla preghiera. Il giorno seguente egli si recò dal Profeta e gli riferì il sogno. Muhammad gli disse che era stato un sogno autentico e gli ordinò di chiamare Bilal Habathi, che aveva una voce melodiosa, per insegnargli a ripetere le frasi che aveva sentito in sogno. Bilal salì in cima alla ka‘ba e iniziò a salmodiare quello che oggi è il canto del muezzin.
Oggi l’annuncio del muezzin avviene molto spesso attraverso un nastro magnetico e altoparlante, e le numerose moschee sono spesso in concorrenza tra loro. Fa riflettere in questo senso l’indicazione per la preghiera presente nel Corano stesso: «Invocate Allah o invocate il Compassionevole, qualunque sia il nome con il quale Lo invochiate. Egli possiede i nomi più belli. Durante l’orazione non recitare ad alta voce e neppure in sordina, cerca piuttosto una via mediana» (Corano, XVII, 119). «La via mediana» indica di recitare ad alta voce le orazioni del tramonto, della notte e del primo mattino, in sordina quelle del mezzogiorno e del pomeriggio.
La moschea ha un carattere multifunzionale. Essa, in linea di principio, è un luogo e non un edificio, serve contemporaneamente come luogo per la funzione religiosa, per assemblee politiche, dibattiti, come tribunale, luogo della preghiera personale, luogo per le lezioni teologiche e lo studio. Dopo la morte del Profeta, la moschea che Egli fece costruire divenne la sede della sua sepoltura, il luogo di passaggio di poteri del califfo, la sede del governo e il punto d’incontro sociale, finché queste funzioni non furono svolte in spazi specifici. Sul modello della moschea del Profeta in tutte le grandi e piccole città ne furono costruite altre, che svolgevano funzioni sia religiose sia amministrative. Nel mondo islamico le moschee sono sempre state e sono, tuttora, centri di impegno politico.
L’insoddisfazione verso coloro che governano veniva e viene generalmente manifestata solo nelle moschee ed è per questo che oggi alcuni governi arabi privi del consenso popolare le controllano molto attentamente. Da una parte, la globalizzazione della comunicazione, estesa anche nel mondo arabo, permette agli imam, ai predicatori e agli insegnanti delle moschee di ricevere maggiori informazioni sulle comunità islamiche sparse in tutto il mondo, comprese le zone di guerra. Dall’altra parte, dà loro la possibilità di favorire il rafforzamento tra i musulmani di un’identità e di una solidarietà transnazionale, capace in alcuni casi persino di superare la divisione tra sciiti e sunniti. Proprio per questi motivi, attorno alle moschee, si creano divisioni e tensioni fra gli stessi musulmani. Ovviamente questo accade anche in paesi non islamici e, in particolare, in Gran Bretagna dove i mass media, in occasione di importanti controversie politiche, hanno dato maggior spazio ai responsabili delle moschee, presentandoli come leader politici, anziché ai rappresentanti meno tradizionali delle comunità ufficiali musulmane.
Nell’Unione Europea la situazione giuridica riguardo l’edificazione di moschee dovrebbe essere definita da criteri fondamentali. Nelle aree edificabili la costruzione di edifici a scopi religiosi è, in genere, ammessa. È opportuno, quindi, che in queste zone si ammetta la costruzione di moschee. La costruzione del minareto crea difficoltà, poiché implica una serie di aspetti politici, estetici e socio-psicologici, provocando, talvolta, violente reazioni da parte delle popolazioni locali. Bisogna sottolineare in merito che non esiste alcun obbligo religioso che prescriva la costruzione del minareto accanto alla moschea e in tutto il mondo esistono moltissimi edifici di culto islamico privi di minareto. Del resto, le varie richieste ufficiali fatte nei paesi europei per poter amplificare il richiamo del muezzin, sono quasi sempre state respinte.
Anche in Europa, come nei paesi arabi, la moschea non è un luogo di culto, ma un centro di attività associative, solidaristiche, educative e anche commerciali. Dei tre elementi classici che costituiscono una moschea in Europa ne resta solo uno: non il minareto da cui il muezzin chiama alla preghiera, né il cortile, luogo di raduno, bensì solo la sala di preghiera, l’elemento principale. Le poche moschee e le sale di preghiera sono frequentate soprattutto da musulmani adulti e questa tendenza, già presente nei paesi d’origine, è ancora rafforzata in Europa. Uno dei motivi invocati per giustificare l’assenza delle donne è che in Europa le moschee possono raramente essere concepite con un ingresso separato per le donne, come è d’uso. In generale, vengono anche evocate le mestruazioni che rendono la donna impura e, quindi, priva delle condizioni necessarie per accedere regolarmente alla preghiera. In fondo, il motivo reale dell’assenza femminile nelle moschee è che l’Islam è anzitutto una religione di uomini. È la religione dei padri, dei mariti e dei capifamiglia.
5. Continua
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