Alberto Abruzzese
Un saggio inedito del grande sociologo

Renzi, chi sarà costui?

Posto che la politica esprime (spesso) i bisogni della società, Renzi di quale inconscio è debitore? Quale popolo lo incorona? Ecco alcune domande utili per capire il premier e gli italiani. Con questo saggio, Alberto Abruzzese inizia a collaborare con Succedeoggi

1. È MORTO IL RE, VIVA IL RE! È uscito Napolitano? Viva Mattarella! Con Napolitano, il sindaco di Firenze – quella città per cui chi la abita è detto “toscanaccio” – è venuto dopo. Per Mattarella, il primo ministro è venuto prima. È un bel salto. La direzione cambia di senso, potremmo dire. Ma c’è un Renzi capace ora e in futuro di vestire ad ogni passo la maschera giusta? Di avere consenso ad ogni mossa? In questi giorni Luca Sossella ha riportato su FB una frase estrapolata dall’ultima lettera di Benito Mussolini: «… io non ho creato il fascismo l’ho tratto dall’inconscio degli italiani, se non fosse stato così non mi avrebbero seguito per vent’anni». Questa massima s’adatta a Berlusconi e a Renzi, figure di un contesto democratico invece che totalitario? Evidentemente nel grande paniere del nostro inconscio nazionale (credo che lo si possa chiamare a ragione anche “popolo”) ci sono molte anime: se Berlusconi vi ha attinto cogliendo – di questo popolo – le sue tradizioni più familiste e tribali, più viscerali (chiamiamole pure edoniste invece che istituzionali, ma comunque barbariche se non predatorie), Renzi di quale inconscio è debitore? Quale popolo lo incorona? Messa così, la domanda è senza risposta ed anzi ci avverte che, per ridurre un popolo ad un solo inconscio, bisogna manipolarlo ben bene.

Mattarella e NapolitanoVolendo rispondere con più modestia, basta rifarsi alla sua più recente e clamorosa vittoria. Ma anche sgominare l’apparato comunista divenendo segretario del PD fu davvero una grande impresa. Vero è, comunque, che avere messo Mattarella alla presidenza dello Stato italiano per mantenere ed anzi aumentare il consenso a lui necessario (consenso, se non ancora potere pieno e certo), è risultato un vero capolavoro di machiavellismo politico, di mossa da Principe che fa il bello e cattivo tempo sui suoi sudditi. Proprio lui – che, per vincere su Bersani e gli altri, ha cavalcato l’idea secondo la quale il tempo della politica avrebbe dovuto compiere da subito, e stabilmente, un salto in efficacia e velocità della forma partito e del sistema partitico e parlamentare nel suo insieme – chi va a mettere nel ruolo di primo cittadino? Un cattocomunista che, per mentalità e stile, costituisce proprio quel grumo di pensiero e azione cui si devono i peggiori (e, ancora più grave, forse anche migliori) terribili limiti storici della sinistra italiana. Dico sinistra italiana perché essa ha fatto da sempre le spese dell’egemonia del più grande suo partito in ciascuna delle sue progressive riedizioni e sopravvivenze. Dopo un uomo d’ordine come Napolitano (il bene della Patria!), ecco che Renzi non apre a sinistra del presidente che lo ha così bene servito per la salvezza della stabilità nazionale, ma torna indietro, incoronando una replica di Scalfaro. Spregiudicatezza che magari già domani gli costerà cara. Tuttavia, come ha ben detto Di Corinto, tra le maggiori doti di Renzi c’è quella di risolvere un problema alla volta con la maggioranza che più gli serve ad avere così la certezza di risolverlo. Questo non significa – bisogna pur ammetterlo – che prima davvero contassero le idee e le ideologie, queste facevano da carrozzeria più o meno degli stessi motori. Erano solo carrozzerie molto pesanti.

2. NON È FACILE srotolare Renzi trovando il bandolo giusto della sua matassa. Tanto più disponendo del lessico di un pensiero politico aggrovigliato in mille pregiudizi. Ecco dunque alcuni appunti e domande sparse che mi sono venute leggendo qualcosa dei tanti saggi o articoli recentemente usciti sul leader massimo di questa sorta di movimento alla rovescia (in quanto la sua dinamica non viene dal basso ma piuttosto dalla macchinazione politica di uno soltanto, lui stesso, anche qui con il notevole salto della quaglia di fare grande sfoggio di social network per brillare come la palla a specchio di una discoteca).

Ecco i testi: Brand Renzi di Nello Barile, Royal Baby di Giuliano Ferrara, oltre a molti articoli sparsi (quelli di Belpoliti, ad esempio, che porta avanti la sua lettura del corpo politico in carne ed ossa – e abito, e postura – brillantemente inaugurata con Berlusconi). Quelli di Gianfranco Marrone e di Vittorio Zambardino (intelligente seppur cauta eccezione nel coro degli antirenziani). Ed ora, presso Sossella Editore, ne sta per uscire un altro, Il contromago di Oz. Chi scrive Matteo Renzi, scritto da Paolo Taggi, il quale tratta la materia “liquida” del proteiforme premier da massimo esperto di talk show televisivi (per inciso, ma restando in tema, si parla oggi della loro crisi, ma va detto che le forme espressive della comunicazione sembrano morire proprio quando sono interamente assorbite nei modi d’essere degli attori sociali).

3. DEL SAGGIO DI BARILE non so dire nulla di più e di meglio di quanto abbia detto lui – autore estremamente prolifico di rimandi disciplinari e di sinapsi tematiche – in modo straordinariamente dettagliato e ben riassunto nel suo bel titolo, Brand Renzi, altrettanto fulmineo di quello inventato da Ferrara (a proposito ho finalmente capito che alla sua mole intellettuale piace elogiare i “nani” almeno quando mostrano qualche virtù “grottesca” … sempre meglio della noia degli altri).

pierluigi bersaniLe prime cose che mi sono venute in mente riguardano 8 punti con molte domande. Il primo di essi è costituito da alcune domande dirette, domande di fondo molto disordinate, del resto per il giovane in questione il profondo e il superficiale sono la sua esatta cifra (miscelando insieme profondità molto superficiali e superficialità molto profonde): I) oggi si diventa «uomini senza qualità» per sottrazione o per addizione? Musil cosa c’entra! Wikipedia: «L’ambiguità del reale, l’impossibilità di reperire in esso un senso, lo sgretolarsi dei fatti in una miriade di possibilità formano il quadro filosofico nel quale Musil situa la vicenda di L’uomo senza qualità». Parole grosse me ne rendo conto. Ma la Cacania di quel genio mitteleuropeo non richiama forse un poco il nostro “regno d’Italia”? E il dilemma se si tratti di uomini senza qualità o di qualità senza uomini? II) Quando una qualche stella che parrebbe di modesta o appena sufficiente grandezza e lucentezza si trova a campeggiare in un cielo buio, risplende di più oppure la luce resta la stessa? O risente del buio in cui è immersa per quanto lo sovrasti? III) Una mente svelta e una favella intrepida possono fare godere o soffrire un pensiero politico, dico pensiero? IV) E una azione politica, dico azione? V) Si diventa più belli o meno brutti arrivati al ruolo di leader? E in quanto tempo? Serve, per rispondere, una scienza politica della fisiognomica? VI) È possibile raggiungere un qualche obiettivo nell’opinione pubblica simulando verità oppure il falso? VII) Per qualcuno della politica, agendo nel regime sociale attuale, locale e globale, è possibile mantenere ciò che promette? VIII) Il comico e la tragedia tanto si respingono da coincidere ambedue nell’impossibile, ma a che genere appartiene Renzi? La saggezza della commedia dell’arte, la parata futurista, l’horror vacui della disperazione? L’efficacia del senso comune?

4. RENZI E GLI UMORI DELL’ABITARE. Renzi fa molte promesse di futuro ma già sarebbe tanto se arrivasse a garantire i dispositivi, le condizioni istituzionali, in grado poi di realizzarne davvero qualcuna; certo è che le tonalità renziane su quale sia in realtà l’ingiustizia sociale da superare o quantomeno ridurre sono assai diverse dalle tonalità critiche che emergono in qualsiasi straccio di cronaca televisiva sulla disoccupazione, sulla povertà, sul degrado delle istituzioni, sul dissesto ambientale, sulla corruzione. Non è facile orientarsi su chi dice cose scomode a Renzi e insieme sul perché e dove le dice, ma quanto ad esempio sostiene il giovane militante radicale Riccardo Magi credo sia drammaticamente vero, anzi sono certo. Al contempo sin dall’inizio c’è stata una sorta di accanimento su di lui proprio da parte di quanti in così numerosi anni di promesse hanno lasciato le più sconfortanti tracce del loro fallimento. Come se, per schiaffeggiare se stessi, preferissero schiaffeggiare l’altro che ha preso il loro posto.

5. RENZI, GAMBARDELLA E LA VERITÀ. Renzi gioca di sponda con le verità o con le menzogne? L’estetica è per non farci morire di verità oppure – come i volti devastati da tattoo e percing (in rete ne circolano spesso di davvero sconcertanti) la verità è inventata – creata dal nulla – per non farci morire di estetica, di “bellezza”? Luca Sossella – prolifico dispensatore di massime morali sul web – continua dicendo «la pronuncia del sé singolare nel mondo sensibile è la lettura della propria limitatezza». Dunque Renzi, nel dire, legge la propria limitatezza, oppure è la sua illimitatezza ad essere sintono di falsità? Assai poco estetico com’è, dice tuttavia la natura esclusiva, escludente, delle proprie verità o del maquillage con cui si colora di estetico?

6. IL VOLTO DI RENZI. Cosa c’è dietro il volto di Renzi? Ciascuno ha le sue ragioni, la propria matrice, ma l’invasività di questa sua moda di nicchia probabilmente rispecchia un essere umano che cerca un corpo libero e disincarnato dall’ordine sociale e al tempo stesso immerso negli incubi più profondi di quell’ordine. Oppure c’è in lui anche un soggetto-bricolage, il mix di immaginari che dominano nella fiction di massa e che, schizzando fuori dalla superficie degli schermi, aspira a rifarsi nella tridimensionalità della carne. Nello strato sommerso degli affetti. Il volto di Renzi può essere furbo e persino intelligente, ma è fatto comunque della superficialità delle immagini bidimensionali (per questo è un comunicatore, perché ha la malleabilità della comunicazione “da uno a molti”). Ma cosa apparirebbe di lui se si facesse tridimensionale? Se si facesse carne? Forse questa svolta è roba per vecchi, e sino ad oggi i leader storici lo hanno dimostrato.

7. RENZI E L’ORDINE. L’antico precetto alchemico sembrerebbe poterci guidare in fasi così disordinate come quella presente. Ma in una accezione tutta particolare: l’ordine non ha più un diretto bisogno di rigenerarsi in un suo disordine, o quantomeno conserva la propria posizione di potere assoluto trasformando il disordine in arma impropria: ordine e disordine sembrano avviati a separarsi per meglio collaborare tra loro nel proprio crimine: l’ordine si alimenta così – sovrano – del disordine dei suoi sudditi, costretti a logorarsi nel gioco interno tra la speranza di vincere il disordine e un ordine di secondo grado… Renzi è eterodiretto dall’ordine mondiale del capitalismo finanziario, volontà di potenza ultima sullo stato di necessità degli “ultimi”: tra questi ultimi il leader italiano usa una dialettica da secondo a infimo grado tra ordine e disordine in modo spregiudicato: promette ordine attraverso una variante del disordine, quella cioè di scombinare l’ordine come si fa con il gioco della carte. Tutto ciò è umano troppo umano … ma proprio qui c’è dell’eccellenza: alla fine la volontà di potenza di chiunque è stretta nell’abbraccio mortale della volontà di potenza di pochi amministratori della volontà di potenza del mondo, del suo stato di necessità.

8. LA MOLTIPLICAZIONE DEI RENZI. «Uno nessuno e centomila»: questa formula pirandelliana funziona per Renzi? Wikipedia racconta così la filosofia di Vitangelo: «Il protagonista passa dal considerarsi unico per tutti (Uno, appunto) a concepire che egli è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi se stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila)». Insomma: da niente che è, il signor nessuno prende forma in virtù dei “centomila” che lo stanno dissezionando in tante diverse e opposte figure di miseria e di nobiltà. Renzi si ricompone o si sgretola gettandosi – «come un sol uomo» – nell’infinito vortice del relativismo? Maurizio Ferraris, quello dei fatti son fatti, è allora il suo primo accusatore? E – nominando Renzi – lo porterebbe a morte civile? Ma anche Renzi è alla ricerca di fatti e in attesa di realizzarli lavora di linguaggio con i suoi “centomila”. Si ritiene che la formula di Pirandello significhi l’impossibilità del sé, eppure resta sempre la capacità illusoria e illusa dell’uno: del primo Ministro.

9. SILICON VALLEY: RENZI E L’IDEOLOGIA CALIFORNIANA. Leggere lavoce Treccani per silicio come fosse Renzi: «Polimero, detto anche polisiloxano, di formula (R2SiO)n, dove R è un gruppo organico (metile, etile ecc.). La struttura polimerica del s. è formata da atomi di silicio alternati ad atomi di ossigeno. I s. sono stabili al calore e resistenti agli agenti chimici e atmosferici. Si usano come lubrificanti, antischiuma, sigillanti, fluidi dielettrici, idrorepellenti, additivi per vernici, e anche in campo medico e farmaceutico. Si presentano in forma di olio, di gel e di resina». Tema; sciogliere il significato di ciascun elemento del silicone e la sua funzione.

10. RENZI: THE NATURE OF THE BEAST. Bravo davvero questo artista di strada, Break. Lo scimmione – tra King Kong e Odissea 2001 nello spazio – è il logo con il quale ha firmato alcune sue tags su Renzi. Notevoli. Una nota a lato: la caricatura del leader politico non è uguale per tutti, sono loro, i personaggi politici, a fornire uno stile.  Ci sono leader il cui corpo si presta più di altri non tanto per come è fatto ma per come è vissuto nell’immaginario… e probabilmente più spietata è la satira più diventa realtà aumentata per il soggetto di cui si tratta. Soggetto o oggetto? la potenza della rappresentazione, affondando nei sensi dello spettatore, si spinge oltre i suoi contenuti “critici” … più o meno quello che le arti hanno detto accadesse nel rapporto tra giullare e sovrano.

alessandro baricco11. BARILE e un articolo di Manolo Farci nel blog di Belpoliti mettono in rilievo la grande capacità di Renzi nell’interpretare intelligentemente le chance offerte dalla rete e sapere dunque usare ogni tonalità digitale (oltre – ma è molto importante ricordarselo – ad ogni altra piattaforme comunicativa, dalla piazza alla TV, sembrando così un “grillo” ma avendo sempre bene in testa il motivo da suonare). Tuttavia il maggiore difetto di Renzi è proprio qui, forse: proprio dietro alla sua massima qualità di «velocizzatore della politica» in virtù della sua prestanza in pratiche comunicative che la più parte dei politici non conoscono. Che è il motivo per cui a Renzi piace tanto – si dice che gli faccia da “consigliere del Principe” – al teorico del futurismo Baricco, e al di lui elogio modernista di quella sorta di “nuovi barbari” che furono gli artisti di avanguardia (grande ed ultimo punto di incontro tra Italia, Europa e America). Qui, al suo massimo di tecnicalità, Renzi rischia di dimostrare, in negativo, che un potere ottenuto per mezzo della potenza della tecnica non va molto lontano se essa non è anche espressione di un contenuto. Una innovazione che scavalca la politica può funzionare se ha le basi di una teoria politica altra. O – ancora più in alto – di una ben motivata negazione della politica (non certo nei modi degli attuali fervori antipolitici).

12. COMMIATO. A qualcuno sarà sembrato che di Renzi io abbia un giudizio severo e svalutativo. Una volta accettate le regole della politica – anche di quelle alte, di cui diciamo di essere i “nani” – non mi passerà mai per la testa di criticare Renzi almeno sino a quando chi lo contrasta, a destra o a sinistra che sia, non dimostri di sapere fare davvero lo “sporco” mestiere della politica.

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