Un romanzo duro e “politico”
Aporia Houellebecq
«Sottomissione», il nuovo romanzo di Michel Houellebecq, che tante polemiche ha già provocato, è un apologo pessimista sulla crisi della civiltà occidentale. Che solo un eccesso di cultura portà salvare
Il romanzo Sottomissione di Michel Houellebecq (Bompiani, 2015, pp. 252, euro 17,50) è il più discusso degli ultimi tempi, al centro delle polemiche sull’Islam e sui terribili avvenimenti intorno a Charlie Hebdo, tanto da indurre l’autore a interrompere la campagna promozionale e rifugiarsi in Irlanda. Houellebecq è tra i più grandi scrittori del nostro tempo, nonostante sia spesso al centro di dibattiti etici, circa l’immoralità e il cinico conservatorismo dei suoi protagonisti, o forse proprio per questo. Lo scrittore Massimiliano Santarossa ha analizzato a fondo i suoi romanzi sul blog di Nicola Vacca (https://zonadidisagio.wordpress.com/2015/01/15/massimiliano-santarossa-racconta-michel-houellebecq/).
A differenza degli altri suoi libri, in Sottomissione, l’approfondimento delle relazioni sociali e amorose è meno intenso, lascia il posto all’analisi politica, o meglio la stessa evoluzione psicologica del protagonista, François (studioso di Huysmans e a lui prossimo per il disprezzo nei confronti dell’umanità), coincide con il cambiamento macroscopico che investe la Francia nel 2022: l’ascesa al potere del partito musulmano di Mohammed Ben Abbes, con la conseguente islamizzazione della cultura francese ed europea. François è detestabile, come tutti i protagonisti di Houellebecq del resto: quel che lo salva è la lotta spietata per non soccombere al nulla, all’oblio, all’alessitimia, alla depressione, che è poi lo sforzo dell’Occidente per non soccombere al proprio intrinseco disfacimento; uno sforzo, una lotta, destinata a essere persa. In questo libro in particolare c’è una certa convergenza con i temi affrontati dal sociologo Michel Maffesoli: la fine dell’illuminismo e dell’umanismo, la necessità inconscia collettiva di un ritorno al sacro, a un divino sociale, la violenza tribale nelle relazioni professionali e amorose, la sottomissione, la dipendenza, la schiavitù come forma di estasi, anche se Maffesoli reinterpreta questi temi in chiave postmoderna, quindi di distruzione e ri-creazione secondo il modello di palingenesi, mentre Houellebecq sembra più pessimista. C’è un passo in cui il nuovo rettore della Sorbonne, divenuto musulmano e ormai sposato con due donne, una di quaranta l’altra di quindici anni, paragona la sottomissione della Francia all’Islam, alla sottomissione della donna nel romanzo Histoire d’O di Pauline Réage. Siamo nell’orizzonte post-umano in cui più che con esseri umani, per dirla alla Perniola, si ha a che fare con “cose che sentono”.
La prospettiva fantapolitica (ma poi neanche così tanto “fanta”) è quella dello scontro tra due forze, entrambe totalizzanti e in un certo senso totalitarie: il regime edonistico/capitalistico (e qui il filosofo Diego Fusaro fa la stessa analisi di Houellebecq, ovvero che tutte le pratiche di liberazione sessuale e dei costumi sessantottine, con la loro negazione del padre, della famiglia, della chiesa e dello stato, abbiano portato all’atomizzazione dell’individuo e al compimento del processo totalitario del capitale), contro il regime paternalistico/religioso (che sia l’Islam, l’Ebraismo o il Cristianesimo poco conta) come garante degli equilibri sociali e forse anche naturali. In tale prospettiva non c’è possibilità di opporsi, non esiste resistenza, inutile difendere gli ultimi baluardi di un umanismo buonista, in fin dei conti complice della decadenza. L’autore presenta un punto di vista tragico e aporetico, di totale resa all’ordine degli avvenimenti e allo spirito del tempo, dove a trionfare infine è la volontà di potenza, il desiderio, finalmente e nefastamente realizzato, di sottomettere ogni alterità (la donna, la libertà individuale, le altre religioni, l’ateismo, la Francia, l’Europa).
Ci si potrebbe domandare come non pensare alla morte, al suicidio, all’estinzione del genere umano come soluzione ultima di un tempo a tal punto tragico e aporetico. Tuttavia la quantità di cultura, letteratura, filosofia, scienza, conoscenza, che sgorga dai libri di Houellebecq è assolutamente illuminante, e forse proprio in questo risiede la possibilità di sopravvivere, fa venir voglia di vivere tra i libri, di leggere ogni autore da lui citato. Solo un dubbio permane, forse di ordine morale, su di lui come essere umano più che come autore: non è facile comprendere se sia complice o derisore dei suoi squallidi personaggi. In ogni caso, al pari di Milan Kundera, i suoi romanzi valicano il confine della semplice narrativa e di certo resteranno eterni.