Anna Camaiti Hostert
Lettera dall'America

Le torture di Bush

Waterboarding, veglie forzate, violenze sulla famiglia, scariche elettriche sui genitali: gli Usa tolgono il velo sugli orrori perpetrati dalla precedente amministrazione dietro lo schermo della sicurezza

«Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». Un’eco lontana, quella delle celebri parole di Voltaire, che costituiscono l’essenza di quel Trattato sulla Tolleranza pubblicato in Francia nel 1763 contro quella che il filosofo definiva “superstizione”, cioè quel misto di fanatismo religioso, irrazionalità e incapacità di vedere le gravi conseguenze del ricorso alla violenza gratuita, alla sopraffazione, alla tortura e alla diffamazione. E inneggiava alla pace religiosa e alla tolleranza instauratasi in America, in Pennsylvania, a Philadelphia dove solo il nome della città «ricorda in ogni istante che gli uomini sono tutti fratelli ed è di esempio e di vergogna per i popoli che non conoscono ancora la tolleranza». E allora dove sono finite queste parole mentre l’America brucia sotto le tensioni razziali che hanno spinto migliaia di persone a sfilare pacificamente e con le mani in alto sul ponte di Brooklin e sulle autostrade di molte metropoli statunitensi al grido di «Don’t shoot» e «I can’t breath»?

Queste, infatti, sono le frasi che due dei molti neri recentemente uccisi dalla polizia hanno urlato prima di essere uccisi senza pietà e soprattutto senza motivo. E ancora dove sono finite le parole del filosofo illuminista in un paese che rivendica di essere emblema di libertà e tolleranza e poi scopre dal recente rapporto sull’operato della Cia della senatrice Dianne Feinstein, capo della commissione del Senato sulle attività dell’Intelligence, che la tortura, sotto la presidenza di George W. Bush, veniva praticata quotidianamente con atroci supplizi sui prigionieri accusati di terrorismo? E, cosa ancora più grave, dopo avere scoperto che queste torture sono state completamente inutili e non hanno portato ad alcuna confessione essenziale per svelare piani terroristici nei confronti dell’America. Il rapporto riassunto in 499 dense pagine rivela, infatti, come scrive il Los Angeles Times «non solo che il programma dell’agenzia di spionaggio basato su quelle che vengono definite “tecniche avanzate di interrogatori” ha fallito nel fornire informazioni vitali, ma anche che il suo fine e l’applicazione di queste tecniche  sono stati nascosti alla casa Bianca e al Congresso sotto la cui autorità tali azioni sono state intraprese».

Non che questo fosse un segreto. Si era a lungo parlato delle pratiche di tortura, già durante la presidenza di George W. Bush il cui vicepresidente Dick Cheney, aveva parlato del «lato oscuro» in cui il paese era sprofondato dopo l’11 settembre. Cosa che fa pensare cha almeno lui fosse al corrente di quello che accadeva. A riprova di ciò solo ieri ha dichiarato in un’intervista al New York Times «che queste sono un sacco di sciocchezze e che per quanto mi riguarda questi servitori dello Stato dovrebbero essere decorati e non criticati». «È scandaloso – scrive ancora il quotidiano californiano – che i repubblicani in Parlamento e molti che fanno parte della burocrazia nazionale addetta alla sicurezza abbiano cercato di tenere nascosta anche una sola porzione delle conclusioni della Commissione sull’Intelligence. Alla fine gli oppositori delle rivelazioni sono addirittura arrivati a concludere che la pubblicazione di questo rapporto avrebbe provocato attacchi all’America – un argomento che potrebbe essere usato per giustificare la soppressione delle informazioni per sempre».

Così Mitch McConnell il futuro leader della maggioranza repubblicana, ha cercato di diminuire l’importanza di questo rapporto affermando che questo in fondo è solo uno stratagemma, una trovata di parte messa in circolazione solo per aiutare i democratici. «Non ci dice molto di più di quanto già non sapessimo, mette però in pericolo in maniera significativa gli americani in tutto il mondo. La rivelazione di queste informazioni secondo il mio giudizio non serve assolutamente a niente». Impensabile e intollerabile tenere nascosta una verità scomoda in un paese il cui primo emendamento della Costituzione, sacro e intoccabile, ribadisce la libertà di stampa, di pensiero e di informazione. Tanto è vero che il vecchio concorrente di Obama, il senatore McCain, ha rotto con il suo partito e si è schierato al fianco del presidente in questa controversia. Forse per il suo passato di prigioniero di guerra sottoposto a torture ha infatti affermato che «per esperienza personale gli abusi di potere sui prigionieri produrranno più male che bene nella stessa Intelligence. I nostri nemici agiscono senza coscienza. Noi non dobbiamo. Questo rapporto rende chiaro che agire senza coscienza non è necessario – e ancor meno utile – nel vincere questa strana e lunga guerra che stiamo combattendo. Noi dovremmo essere grati che la verità venga fuori».

President George W Bush visits CIA Headquarters, March 20, 2001.Certo sotto la presidenza Bush si era parlato della tecnica di waterboarding (secondo cui si arrivava quasi fino ad annegare il detenuto), ma si era anche affermato che questo era valso solo per alcuni pochi pericolosi terroristi e che era profondamente sbagliato Ma doveva essere provato. Quando oggi si scopre che questa pratica veniva messa in atto molto spesso, si comprende anche che non era possibile che fosse stata usata solo per pochi individui, ma che invece era una tortura comune. E le torture non si fermavano a questo; ce ne erano state a sfondo sessuale, applicazione degli elettrodi ai genitali, privazione del sonno anche per 180 ore, privazione termica, nutrizioni forzate attraverso l’orifizio anale. O torture psicologiche che minacciavano di morte o di abusi sessuali i familiari. Insomma le atrocità non si contano e sono delle peggiori. Cose che fanno venire in mente i più crudeli regimi dittatoriali sudamericani dal Cile all’Argentina delle giunte militari. La Cia ha sviato il dipartimento di Giustizia – sul quale si appoggiava la sua autorità – a proposito delle condizioni dei detenuti e degli effetti debilitanti delle cosiddette «tecniche avanzate di interrogatorio». Il programma di interrogatori della Cia  è «immorale, illegale fuori controllo e – afferma la commissione – non necessario» .

Il presidente Obama che già quest’estate al proposito aveva ammesso che le pratiche della tortura erano inammissibili, non aveva la più pallida idea che il rapporto avrebbe rivelato violazioni ripetute e quotidiane dei diritti umani più elementari e delle leggi internazionali su cosi larga scala. «Alcune delle azioni perpetrare sono contrarie ai nostri valori. Questo è il motivo per cui ho bandito immediatamente la tortura appena sono entrato in carica. Uno dei nostri strumenti più efficaci nel combattere il terrorismo e mantenere l’America sicura è rimanere fedeli ai nostri ideali a casa e all’estero». Il segretario di Stato John Kerry reagendo a caldo alle parole della senatrice Feinstein dopo avere confermato che «questo è il passaggio finale di un brutto capitolo della nostra storia» ha ribadito che tuttavia «si è voltato pagina non appena Obama è divenuto presidente».

Si può osservare che tutto ciò getta una luce ancora più sinistra sull’intero periodo dell’amministrazione Bush, facendolo apparire come un volgare criminale di guerra, ma mostra anche che alla fine l’America è però un paese che trova il coraggio di svelare i suoi intrighi e le sue trame più sporche, mettendo a nudo le colpe e i responsabili di questi misfatti.  Anche se essi sono i rappresentanti delle più alte cariche dello Stato e anche se questo significa una condanna agli occhi del mondo. Senza mettere la polvere sotto il tappeto, come troppo spesso accade da noi.

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