Regali di Natale
Ritorno alla parola
L'editore Raffaelli ripubblica «Amore d'autunno», la raccolta di Roberto Carifi che ha segnato la poesia italiana recente: un libro davvero da non perdere
Ci siamo. È tempo di doni e di conseguenza è tempo di consigli. Di fronte a chi mi chiede che libro regalare per Natale, non ho dubbi, almeno per quanto riguarda il genere. Visto che il periodo si presta anche alle sorprese e a quel minimo di riflessione che dovrebbe sempre accompagnare un dono, indirizzo gli interlocutori verso un libro di poesia o una raccolta di racconti. Mi piacerebbe infatti che la festività portasse consiglio agli editori, così convinti che poesia e racconto non vendano, tanto da non sforzarsi neppure di provare a farlo.
Su questo stesso sito abbiamo parlato di libri che meriterebbero tutti di essere regalati, come Mancanze di Alessandro Fo, o le raccolte antologiche di Roberto Mussapi e di Umberto Fiori, o ancora Solstizio di Roberto Deidier, Sangue amaro di Valerio Magrelli. Tranne pochissime eccezioni, la pubblicazione dei libri di poesia è nelle mani dei piccoli editori, alcuni dei quali sono capaci di operare una accurata selezione, nessuno invece è in grado, per gli elevati costi, di distribuire i volumi presso le librerie, le quali comunque, va detto, non li accetterebbero. Per questo ancora più meritoria è la scelta di Raffaelli, pregevole editore riminese molto attivo nel campo della poesia, di ripubblicare l’introvabile Amore d’autunno di Roberto Carifi, nel 1998 edito da Guanda. Se è vero infatti che la poesia ha canali distributivi molto limitati, ancora più certa è la difficoltà a vedere pubblicato di nuovo a distanza di anni un libro di versi, anche quando ha rappresentato, come nel caso della raccolta di Carifi, un momento particolarmente significativo nella produzione poetica degli ultimi decenni del Novecento.
Amore d’autunno permette ai lettori più giovani o di più recente interesse nei confronti della poesia di avvicinarsi all’opera di un autore che, sia pure piuttosto appartato, rappresenta una delle voci liriche più alte della generazione di coloro che sono nati negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Del resto, anche per i lettori abituali il libro costituisce l’occasione per riconfrontarsi con l’opera del poeta toscano e per tentare di definire con maggiore attenzione critica l’evolversi della sua produzione.
Particolarmente in questo libro, Carifi mostra il valore di una lingua dalla dizione estremamente chiara eppure capace di una forte evocazione, di puntare decisamente sulla leva dell’emotività. Ciò appare chiaro fin dai versi che aprono il volume e che sembrano delineare il percorso dell’opera: «Esatta è la parola / che viene a noi dal bene, / che afferra come la mano del destino / e piega le ginocchia / e l’uno all’altra ci abbandona». Sono versi che contengono l’anelito, che spesso si traduce in ansia e angosciosa sconfitta, verso una parola che sappia creare il rapporto con l’altro, che può presentarsi, di volta in volta, con il volto della donna amata o della madre, o nella figura dell’Angelo, che a tratti racchiude in sé, trasfigurandole e insieme rendendole più vere, le due figure femminili.
Il cammino verso l’altro, la volontà di comunicare verità profonde a chi ci è accanto e di costruire con i nostri simili destini comuni, sono al centro di questi versi di Roberto Carifi, che ha piena consapevolezza dell’ineluttabilità ma nello stesso tempo dell’impossibilità di un legame che si risolva in armonia e in assoluta presenza. «È notte. La casa è muta, addormentata in un freddo oblio / non dormo, penso che sei altrove / stretta in un altro amore / e l’orologio della chiesa / mi dice in un brivido tremante / di tutto il tempo che sarai lontana / ed io perduto nel freddo oblio / delle mie notti. / Ma poi, amore, ti accarezzo il viso / pochi lo sanno fare, così, come so farlo io / che tante volte ho carezzato un viso assente».
L’amore spesso si ciba d’assenza («lascia che ti chiami amore / semplicemente, così, come colui che prega / chiama amore Dio / e lo ama di più perché assente») e l’incontro diventa possibile nella memoria quando le figure amate sono ormai solo «creature perse in un esilio» («Presto sarò piegato come un giunco, / inginocchiato pregherò da solo, / nelle mie ore che il tempo ha disertato / rammenterò che solo tu mi amavi»).
È bene che Amore d’autunno, libro tra i più importanti nella produzione di Roberto Carifi, tra i più utili a spiegare la strada che la poesia italiana ha percorso negli ultimi decenni, abbia incrociato il desiderio di Valter Raffaelli di vedere di nuovo pubblicata la raccolta. Un’operazione di cui erano spesso protagonisti gli editori di un tempo (pensiamo alle varie edizioni arricchite di nuove poesie e di varianti) e che oggi appare un’azione inconsueta, in qualche modo eccentrica, tanto da poter sembrare addirittura insensata. Peccato il libro manchi di una nota critica tale da contestualizzare l’opera e rendere chiaro il senso dell’iniziativa.