Regali di Natale
I giornali migranti
Pantaleone Sergi ha ricostruito l'avventura affascinante di tanti giornali italiani (dall'epopea garibaldina in poi) nati e vissuti in America Latina
Parlo di un libro che è scritto in italiano ma che non si può leggere in Italia. Dimentichiamo, infatti, che l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo e che distribuiti nel pianeta, ma soprattutto in Sud America, esistono comunità italiane formate da emigranti e loro discendenti impermeabili alla cultura del luogo. Là, forse, si annida la vera autentica italianità.
Mentre in Italia chiudono molte testate giornalistiche, a cominciare da l’Unità, nel piccolo e modesto Uruguay resiste un quotidiano in lingua italiana, La gente d’Italia che svolge una funzione promozionale della nostra lingua tra le decine e decine di associazioni italiane ancora attive, organizzate, persino dotate di un entusiasmo a noi sconosciuto.
Tra le iniziative che La Gente d’Italia ha realizzato segnalo il volume Storia della stampa italiana in Uruguay scritto dal giornalista Pantaleone Sergi, già inviato de l’Unità e di Repubblica, oggi Presidente dell’Istituto calabrese di storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, edito dalla Fondazione Italia nelle Americhe-Gente d’Italia (gentitalia@gmail.com). Sergi ha dedicato gli ultimi anni a una ricerca approfondita sulla storia del giornalismo nelle terre d’emigrazione italiana come ci racconta no i suoi libri precedenti Stampa migrante e Patria di carta e i suoi saggi dedicati in particolare all’Argentina e all’Uruguay.
Si possono scrivere pagine epiche lontano da casa, pagine di letteratura e militanza, d’impegno e di lotta, anche stampe di propaganda. È quanto ci racconta Pantaleone Sergi nella sua ricca ricerca. E a scriverle sono persone che fanno – anzi facevano – del giornalismo scritto una missione di ideali e di vita. Ne sono esempio due liguri che inventarono il giornalismo in Uruguay: Giovanni Battista Cuneo e Camillo Barrett.
Dagli anni Quaranta dell’Ottocento si erano insediati a Montevideo garibaldini, repubblicani, carbonari, esuli rivoluzionari e massoni che con Garibaldi avevano partecipato alla difesa della città. Attorno a loro si sviluppò una stampa libera e indipendente, una pubblicistica in lingua italiana che riuscì a conservare il valore dell’idioma di Dante e il legame con la madrepatria. In particolare negli anni settanta del secolo diciannovesimo a Montevideo si stampavano giornali di larga diffusione come L’Eco d’Italia, redatto in doppia lingua, diretto da Giacinto M. Moreno, che raggiungeva anche 5 mila copie di tiratura.
Cuneo era nato a Oneglia nel 1809, aveva aderito alla Giovine Italia, aveva conosciuto Garibaldi sul Mar Nero e quindi si era trasferito in Sud America per diffondere le idee progressiste. Aveva fondato L’Italiano nel 1841 e anche
Il Legionario italiano secondo i progetti di Mazzini di aprire giornali ovunque nel mondo. Rientrato in Italia, Cuneo divenne parlamentare nel 1849 ma non si staccò mai dall’America Latina dove proseguì la sua missione politica e intellettuale.
Camillo Barrett nacque a Spezia (all’epoca non c’era l’articolo) il 24 agosto 1851, figlio dell’ammiraglio statunitense Edward e di Palmira de Ribrocchi, ultima esponente di un nobile famiglia di Tortona. Il padre Edward era commodoro della marina statunitense di stanza a Panigaglia, originario di New Orleans, a bordo della nave “Cumberland”. A Spezia conobbe Donna Palmira che era andata là per visitare una sorella, anch’essa sposata con un ufficiale della marina sabauda. Dalla loro unione nacquero cinque figli, ma quattro morirono e furono seppelliti due alla Spezia e due a Livorno.
Ancora studente, nel 1867, Camillo si arruola nella lotta per l’indipendenza dell’Italia nel primo battaglione dei Bersaglieri. Partecipa alla prima campagna dell’Agro romano per la liberazione di Roma e quindi alla oramai mitica battaglia di Mentana dove viene ferito e decorato. È a quel punto che dal 1868 va a irrobustire le file garibaldine e mazziniane dall’altra parte dell’oceano dove c’è da inventare il futuro, migliorare la condizione degli emigranti e spargere il seme dell’ideologia dell’Eroe dei Due Mondi. Sceglie apposta la Repubblica Orientale, seconda patria del generale nizzardo e soprattutto terminale marittimo di Genova nel continente latino-americano. Camillo riuscì anche a incontrare suo padre una volta a Montevideo – tra loro parlavano francese – durante una missione dell’ammiraglio nel Sud Atlantico.
Una fotografia scattata a Montevideo mette in posa la redazione del giornale L’Italia nuova: Giuseppe Anfossi, uno dei Mille, esule politico del Risorgimento; Giovacchino Odicini y Sagra, figlio di Bartolomeo, chirurgo della Legione italiana nella difesa di Montevideo e medico della famiglia Garibaldi; Giacomo Bianchieri; seduto a cavalcioni su una sedia, un po’ in maniera informale, ecco spuntare il baffuto Camillo Barrett. Se si conosce la precisa identità di quei redattori lo dobbiamo proprio a Barrett che si portò la fotografia a Genova alla fine del 1878 quando vi giunse come corrispondente del quotidiano italo-uruguayano. Terminata la sua missione e ricevuto un plauso dal governo uruguayano per il suo contributo culturale e giornalistico, venne altresì nominato vice console del paese latino-americano a Genova a partire dal 1886. Sposò la nobile Antoinette Alberica Petronilla Angela Maria Del Piano, figlia dell’avvocato Giorgio Del Piano, di Volpeglino e della contessa Louise Descamps de Torras, di Lille. Nella vicina Tortona divenne un attivo imprenditore occupandosi di distillerie, produzione dello zolfo e agricoltura. Fu il fondatore della Cassa di Risparmio locale e del Circolo di Lettura. Morì nel 1924 lasciando agli eredi, che ancora lo conservano, un consiste archivio garibaldino composto da lettere, articoli, cimeli e fotografie. Portò con sé nella tomba il cappello, la sciabola e la medaglia da garibaldino.