Un grande romanziere dimenticato
Elogio di Zamjàtin
«Noi», il romanzo di Evgenij Zamjàtin che anticipa largamente «1984» di Orwell e che costò l'ostracismo staliniano all'autore, è introvabile. Eppure è un caposaldo della cultura del Novecento
Quest’anno occorrono i 140 anni della nascita di Evgenij Zamjàtin, uno dei massimi scrittori russi dell’epoca che comprende la rivoluzione. Questa nota è un panegirico, accompagnato dalle scuse di chi non ha strumenti accademici e culturali adeguati alla bisogna. Mi sembra che urga un riconoscimento al genio di Zamjatin, anche per sollecitare qualche editore a proporne le opere al pubblico italiano, che oggi non le trova facilmente o non le trova affatto. Il romanzo di cui parliamo, Noi, ha ricevuto l’attenzione di ben tre editori e traduttori e, comunque, rimane ancora troppo in ombra presso il pubblico; altre opere, almeno altrettanto meritevoli, rimangono inaccessibili. «Per annientare il diavolo è permessa, si capisce, qualsiasi alterazione della verità – e così il mio romanzo scritto nove anni prima, nel 1920, è stato presentato come la mia ultima opera. È stata organizzata una persecuzione quale non si è mai avuta nella letteratura sovietica», scriveva di Noi Zamjatin quando supplicò Stalin, nel 1931, di “commutare” la sua pena di «morte come autore» in un esilio: «Un condannato alla massima pena, l’autore di questa lettera, si rivolge a Voi con preghiera di commutargli tale pena. Il mio nome, verosimilmente vi è noto. Per me, come scrittore, è una condanna a morte la privazione della possibilità di scrivere, e le circostanze sono tali che io non posso continuare il mio lavoro, perché nessuna creazione è concepibile, se si deve lavorare in un’atmosfera di sistematica caccia all’uomo». Finirà i suoi giorni in misera, nel 1937 in esilio Parigi, dopo che la sua supplica, per intercessione di Gor’kij, fu accolta.
Ingegnere navale, Zamjàtin è parte di quella straordinaria tradizione russa di scrittori-scienziati, insieme ai medici Čechov e Bulgakov, al logico Zinovyev per ricordarne alcuni. Noi, è l’antecedente di più di un quarto di secolo, dell’assai più famoso 1984, di Orwell. Antecedente riconosciuto dallo stesso Orwell che lo aveva letto e recensito nell’edizione francese e ne propose l’edizione inglese.
È il diario del Numero D-503, uno dei matematici costruttori dell’Integrale, la macchina elettrica di vetro dal respiro di fuoco, che il Benefattore vuole lanciare nello spazio per integrare la sconfinata equazione dell’universo e celebrarne i mille anni estendendo a tutto l’universo la matematica certezza della felicità assicurata a tutti i Numeri dallo Stato Unico. È il diario della vita scandita dall’ordine che regna entro il Muro, che separa la città di vetro dalla natura e dalla contaminazione degli affetti e dei sentimenti. Che separa la felicità dell’ordine totale dal disordine delle antiche vicende, delle leggende, delle testimonianze di un passato rimosso. Ma nel diario si insinua, a mano a mano, il disordine portato da una donna bella, I-330, che appartiene al Mefi che cospira contro lo Stato Unico e contro l’Integrale. I-330 sarà soppressa dal Benefattore dopo aver subìto il trattamento riservato ai Numeri che non denunciano le anomalie e che si comportano in modo irrazionale. D-503, che si era avvicinato e si era fatto attrarre dalle passioni e quindi da lei, viene sottoposto alla Grande Operazione, che porta alla felicità definitiva, rimuovendo il piccolo centro della fantasia, che turba la vita dei Numeri…
Zamjàtin usa un linguaggio tagliente, ellittico, di cui si coglie sempre il ritmo incalzante, con improvvise illuminazioni di significato e agghiaccianti ombre che si proiettano fuori dalle pareti di vetro, fuori dalla mente dei Numeri, entrando indelebili in quelle dei lettori, senza ricorsi nè al turgido né al truculento né agli effetti speciali della retorica.
I Numeri, il Muro, lo Stato Unico, il Benefattore, la Grande Operazione, l’Integrale, le Case di vetro che consentirono il controllo diretto da parte degli altri Numeri e dei Guardiani, la Pianificazione del sesso come bisogno corporale, il Cibo Universale tratto dalla nafta, i Mefi-stofelici terroristi, sono le figure di un romanzo potente, che evoca angosce e minacce ancora vive, non solo nella memoria, ma nelle forme nuove in cui la storia recente e la ancor più recente tecnologia ce le ha consegnate. Un romanzo eretico, come altri, compreso l’incompiuto in cui Attila appare in una luce nuova rispetto ai sussidiari e ai testi di scuola. Nella sua autobiografia, Il destino di un eretico, scriveva: «Il mondo è vivo solo grazie agli eretici, solo grazie a chi nega l’oggi come qualcosa di incrollabile e di infallibile. Solo gli eretici aprono nuovi orizzonti nella scienza, nell’arte, nella vita sociale; solo gli eretici, che negano l’oggi in nome del domani, costituiscono l’eterno fermento della vita».
E poiché questa nota è solo un invito alla lettura, seguono le informazioni che ho trovato sulle edizioni italiane delle opere di Evgenij Ivànovič Zamjàtin. Ma come vedrete solo poche sono disponibili.
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Opere pubblicate in italiano in ordine cronologico
(informazioni tratte da Wikipedia e altre fonti on line, mi scuso fin d’ora se ho ignorato altre edizioni).
Mister Kemble. la società degli onorevoli campanari. Tragicommedia in quattro atti, Anonima Romana Editoriale, Roma, 1930 (trad. di Ettore Lo Gatto).
Noi, Minerva italica, Milano, 1955. (trad. di Ettore Lo Gatto).
Tecnica della prosa, De Donato, Bari, 1970 (trad. di Maria Olsufieva).
Il destino di un eretico, Sellerio editore, Palermo, 1988 (a cura di Gemma Gallo).
In provincia, a cura di Giacoma Strano, Lucarini, Roma, 1990 (trad. di Giacoma Strano).
L’inondazione, SugarCo, Milano, 1992 (trad. di Fabio Vasarri).
Ics e altri racconti, Quid, Roma, 1994 (trad. di Mario Caramitti).
Racconti inglesi (Gli isolani, Il pescatore di uomini), a cura di Alessandro Niero, Voland, Roma 1999 (trad. di S. Pescatori e A. Niero).
A casa del diavolo, MUP, Parma, 2012 (trad. di Raffaello Fontanella).
Noi, Lupetti, Milano, 2009 (trad. di Barbara Delfino).
Noi, Voland, Roma, 2013 (trad. di Alessandro Niero).