Mario Dal Co
Twister: libri da recuperare

Contro la tortura

Il gesuita tedesco Friedrich Spee, con tre secoli d'anticipo rispetto alla Cia (addirittura prima dell'Illuminismo) aveva previsto l'inutilità della tortura. E per questo l'aveva condannata. Vale la pena rileggerlo

«I giudici dapprima non sanno da dove iniziare, perché non possiedono né indizi né prove.  La loro coscienza li ammonirebbe chiaramente che in simili casi non bisogna intraprendere nulla alla leggera.  Sono però sollecitati a procedere. La gente mormora che questa loro esitazione sembra molto sospetta (…) Infine, i giudici trovano il modo di istruire i processi con procedure diverse (…) Si ordina quindi che X sia gettato in carcere (…) Se mostra paura perché sa quanto siano pesanti le torture che usano adoperare in questi casi, già questo è un indizio. Se non mostra timore, perché ha fiducia nella sua innocenza, anche questo è un indizio (…) All’imputato non è concesso né un avvocato né una difesa imparziale, perché affermano che si tratta di un crimine eccezionale (…) poi quando è stato rasato e perquisito, viene messo alla tortura perché confessi la verità, cioè semplicemente perché si confessi colpevole. Quanto di diverso potrà dire, non sarà considerato vero». Questa lunga citazione non è tratta dal Committee Study of the Central Intelligence Agency ‘s Detention and Interrogation Program, che si trova sul sito del Senato americano: http://www.intelligence.senate.gov/study2014/sscistudy1.pdf,: il libro da cui è tratta la lunga citazione è  precedente di quasi tre secoli.

Pubblicate per decisione del Presidente Obama, nel Committee Study ci sono le evidenze delle torture, cui da tempo si sapevano sottoposti i prigionieri trattenuti per terrorismo nei siti “fantasma” del governo americano, dopo l’11 settembre 2001. Con un salvacondotto, sempre del Presidente: «Coloro che hanno fatto il loro dovere confidando in buona fede sul parere del Dipartimento di Giustizia (…) non saranno perseguiti». Eppure la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York nel dicembre del 1948), all’art. 5 stabilisce che: «Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti».

Oltre all’ombra dell’illegalità, si stende altrettanto orribile, il dubbio sull’efficacia, che attanaglia anche il Senato americano: l’uso da parte della Cia delle «tecniche avanzate di interrogatorio» non è stato un mezzo efficace per acquisire informazioni o per ottenere la collaborazione dei detenuti. Con parole assai circospette il Senato conferma l’antica verità della citazione iniziale.

Friedrich SpeeMa da dove viene quella descrizione dell’abominio morale e giudiziario determinato dal ricorso alla tortura, da quale luogo e da quale momento una denuncia così illuminante? Con minimi aggiustamenti del testo, la citazione è tratta da: I processi contro le streghe. (Cautio Criminalis) di Friedrich Spee, a cura di Anna Foa, traduzione di Mietta Timi, Salerno Editrice, 2004 (ma la prima edizione è meritoriamente uscita nel 1984). Si tratta di un libro straordinario scritto da un uomo straordinario. È illuminante, ma viene più di un secolo prima dell’Illuminismo; viene dalla cultura cattolica, Friedrich Spee, gesuita tedesco nato nel 1591 da una famiglia nobile che lo vuole avviare alla posizione di potere che gli spetta. Ma che egli rifiuta, per studiare a Treviri, al seminario dei gesuiti, per prendere i voti nel 1612.

È tra quei gesuiti che chiedono di andare in Oriente, seguendo la strada aperta da Matteo Ricci, che si inoltrava nel mondo costruendo con tenacia e coraggio la comprensione tra culture diverse; desidera l’Oriente, ma riceve un rifiuto. Allora, costretto a restare nella bufera delle guerre di religione che funesta la Germania, insegna, cerca di recuperare al cattolicesimo i principi tedeschi, è confessore nei processi alle streghe, assiste i malati nelle diffuse pestilenze, una delle quali lo porta via dalla scena terrena a 44 anni.

Ci lascia due opere (non le sole) sublimi: oltre a Cautio criminalis, di cui stiamo parlando, anche Trutz Nachtigal, una raccolta di liriche spirituali e religiose, considerate tra le più importanti del XVII secolo in Germania, con le quali dà ulteriore impulso alla poesia in tedesco. Queste due opere così diverse avranno successo ciascuna in un secolo diverso: Cautio crimimalis sarà un riferimento per l’Illuminismo nella sua battaglia contro la tortura e la pena di morte, mentre il Romanticismo ripubblicherà (anche con manomissioni autorevoli  tra cui Schlegel e Brentano) i cantici  di Trutz Nachtigal, ripresi anche in musica da Johannes Brahms.

Questo gesuita tedesco, precursore di temi tanto cruciali e tanto attuali, meritava uno dei volumetti recentemente dedicati dal Sole 24 Ore ad eminenti uomini dell’ordine da cui proviene papa Francesco. Spee ha donato una eccelsa testimonianza di studio, di poesia, di spiritualità e di vita. Il Proemio a Cautio criminalis è un gioiello di ironia e di  amarezza, che riportiamo per intero, come invito a cercare questo libro raro per una lettura di sorprendente attualità:«Questo libro è dedicato alle autorità tedesche. Non a chi lo leggerà, bensì a chi non lo leggerà mai. Infatti, coloro che si ritengono in dovere di leggere quello che ho scritto qui sulla stregoneria, sono già in possesso di quanto il libro dovrebbe fornire loro: la capacità di essere accurati e diligenti nell’esaminare a fondo queste cause. Per cui non hanno bisogno di legger e di imparare da questo libro. I più trascurati, invece, quelli che non leggeranno mai questo libro, sono proprio quelli che dovrebbero leggerlo accuratamente, per imparare ad essere solleciti e scrupolosi. Proprio coloro che non lo leggeranno sono invitati a leggerlo. Chi lo leggerà può benissimo fare a meno di leggerlo. Che lo si legga o no, però, vorrei proprio che tutti leggessero almeno l’ultima questione del libro, e vi riflettessero. E non sarà inutile, e non turberà l’ordine dell’opera, leggerla prima delle altre».

Per questo motivo ho riportato all’inizio parte dell’ultima questione del libro.

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