Regali di Natale
La cipria medioevale
Nell'undicesimo secolo, Trotula de Ruggiero, una scienziata molto originale, pubblicò un trattato sulla cosmesi a cavallo tra chimica e filosofia (femminista): l'editore Manni lo ha appena ripubblicato
«Per avere la pelle morbida e vellutata, e per eliminare la peluria in ogni parte del corpo, la donna si rechi prima di tutto ai bagni. Se non ha tale consuetudine , le si prepari un bagno di vapore: si mettano sul fuoco mattoni e pietre vulcaniche e quando siano roventi si depongano nella vasca colma d’acqua e su di esse sieda la donna. Oppure, si posino i mattoni e le pietre bollenti in una buca scavata nella roccia, vi si versi acqua calda e sopra vi si sieda la donna ben avvolta con molti panni, così che tra il vapore prodotto dall’acqua e il caldo dei panni sudi abbondantemente. Dopo la copiosa sudorazione la donna subito di seguito si immerga in acqua calda e si risciacqui accuratamente, quindi si asciughi compiutamente con un telo di lino. A questo punto si spalmi l’intero corpo con un unguento depilatorio precedentemente predisposto e preparato in questa maniera: metti in un vaso di terracotta tre once di calce viva accuratamente setacciata e cuoci come per la farinata, aggiungi un’oncia di polvere di orpimento e continua a cuocere, controllando il grado di cottura con la punta di una penna…».
Disposte a tutto per essere belle, persino a farsi rosolare con acqua bollente e calce viva. Col rischio di ustioni dietro l’angolo. Ma da che mondo e mondo le donne si sottopongono a qualsiasi tortura pur di conquistare il pomo di Paride e allora ben venga ogni sorta di supplizio purché l’effetto sia tale da far cadere gli uomini ai propri piedi. E se col pelo vien via anche la pelle, ecco il rimedio pronto: compresse di “populeon” – gemme di pioppo, papavero rosso, foglie di mandragora, germogli teneri di rovo, giusquiamo, solano, lattuga velenosa, bardana, viola, ombelico di Venere e vino aromatico – da applicare immediatamente sulla carne viva. Due giorni, e l’effetto è garantito: non resterà neanche una cicatrice. L’unico accorgimento è che l’unguento miracoloso, la cui preparazione richiede nove giorni, sia già a disposizione al momento dello strappo con questa sorta di ceretta scarnificante.
Comincia così, con le creme depilatorie, il De ornatum mulierum, il trattato medievale di cosmesi con consigli pratici sul trucco e la cura del corpo a firma di Trotula (diminutivo di Trota, anche se l’autrice, «bella tra le belle», per sua fortuna non rientra nella categoria nomen omen) de Ruggiero, allieva e poi magistra delle Scuola medica salernitana. A riscoprire questo manualetto di consigli pratici su come conservare e migliorare la bellezza (per la nostra non esistono donne brutte, basta il trattamento giusto e voilà ci si trasforma in cigno) è Piero Manni, scrittore ed editore, che in questi giorni per la sua Manni ha dato alle stampe L’armonia delle donne (136 pagine, 14 euro). Il testo originale in latino è sapientemente tradotto ed è accompagnato da un suo saggio sulla medichessa, chirurga e ginecologa, e le vicende della celebre Schola, prima Università di medicina in Europa. Ad arricchire questa deliziosa operina ci sono gli interventi di Eva Cantarella ed Andrea Vitali e l’appendice con le proprietà delle piante officinali (le troviamo anche oggi nelle campagne e nelle erboristerie) indicate dall’autorevole scienziata nel codex di venustà che ebbe fortuna in tutto il mondo occidentale in un’epoca a torto considerata “buia”.
Su un undicesimo secolo straordinariamente luminoso e su una città “speciale”, la Salerno cosmopolita, interrazziale, multiculturale e femminista con le sue “mulieres” depositarie di saperi e ben inserite nella società, punta la Cantarella, brillante giurista e scrittrice, che tanto ci ha insegnato di greci e di romani. Eccola ora aggirarsi nell’anno Mille, mettendo a fuoco una pagina di storia spesso ignorata: quella di un’oasi illuminata del Sud Italia e di una scuola laica che, insieme al corpo, curava anche lo spirito, sintetizzando la filosofia del “Regimen sanitatis salernitanum” in una pillola di saggezza: «Se ti mancano i medici, siano per te medici queste tre cose: l’animo lieto, la quiete e la moderata dieta». E, per Trotula che non era né monaca, né tantomeno casta, anzi addirittura un tantino spregiudicata – un ampio paragrafo è sulle «corrotte» che possono riacquistare la verginità col sotterfugio di sangue di drago come astringente per la vagina – la salute si rafforza se ci si sente belle.
Di qui consigli di ogni sorta e per tutti i gusti (maschili): marmo bianco e semi di dattero per denti bianchi; zolfo, zucca e pepe per bocche profumate e radici di noce per baci rosso fuoco; olio di rosa, albume d’uovo, cerussa, canfora, noce moscata e chiodi di garofano per guance rosee; suffumigi di acqua calda e mollica secca di pane come antirughe; scorza di melagrana matura, galle di quercia e aceto per capelli nerissimi modello odalisca; vino bianco e miele da spargere sulle chiome per chi preferisce il biondo cortigiana, api bruciate e tritate per capigliature nivee (pare che andassero di moda) e ramarri lessati per infoltirle e renderle lunghe.
Poveri animali immolati sull’altare di Afrodite! Ci scherza su Andrea Vitali, che spulcia i vari paradossi del trattatello, accusando Trotula di un leggero sadismo. Il medico e scrittore si mette dalla parte degli estenuati spasimanti di queste vanitose donzelle, che si dovevano armare di santa pazienza “se volevano ammirare una volta tanto il volto dell’amata per una volta tanto libero da un cerotum oppure da uno strato di miele corretto con radice di briona rosa e bianco, come usavano fare le signorinelle salernitane per rendere la pelle rosea in mirabile maniera. Tant’è. «La donna bella è fatta ancor più bella, la brutta non è più tale», termina Trotula il suo vademecum di estetica. Più che un inno alla frivolezza, avverte Manni, una vera e propria filosofia di vita, un’immersione nell’universo femminile, nei suoi vizi e le sue virtù.