Consigli per gli acquisti
Incidenti d’amore
Dallo "scapolificio" di Vincenzo Manfrecola alle tragedie delle passioni di Mario Benedetti, passando per le telenovelas che bloccano i cuori di Istanbul secondo Esmahan Aykol
Matrimonio. Fateci caso: i buoni romanzi (classici compresi) raramente hanno una vena comica. In Gran Bretagna e in Francia sono più frequenti, in Italia sono un’eccezione. E tra queste c’è la bella sorpresa di un napoletano che ambienta la sua originalissima storia nella Londra del 1910. Si chiama Vincenzo Manfrecola, ed è autore de La stagione degli scapoli (Gargoyle, 207 pagine, 16 euro). I cugini Billingwest, benestanti grazie a una loro zia, decidono di aprire una sorta di consultorio, lo “Scapolificio”, per «quegli uomini deboli, pronti a cadere nel burrone al primo sorriso civettuolo che spunta da un bel viso di ragazza, quindi hanno bisogno di rendersi conti di quanto sia bella e rilassante la vita senza una donna brutta e un po’… severa». L’idea è scattata quando uno dei titolari, il critico letterario Cyril, è stato piantato in asso dalla fidanzata Vera che, oltretutto, s’è portata via tutti i regali di nozze.
Per attivare un’attività di dissuasione verso il matrimonio, che rende l’uomo peggio di uno zerbino, ci vuole una segretaria. Possibilmente brutta. Invece viene assunta Penelope, che è molto graziosa, ha due fossette meravigliosamente sensuali e una spiccata arguzia. Ebbene, arrivano i primi due clienti che vorrebbero sottrarsi, ma non sanno bene come, dall’imminente morsa delle “prugne”: così infatti sono chiamate le donne (tutte “perfide”) nello Scapolificio. Cyril e George Billingwest non sono propriamente dei misogini, tanto è vero che non disdegnano avventure galanti ma si tengono lontani dal “baratro” del matrimonio. Il romanzo di Manfrecola, dotato di un’invidiabile vis comica, si snoda tra equivoci e avventure. Al limite dell’assurdo. Uno dei clienti, per salvarsi, deve per esempio affrontare sul ring il mastodontico futuro cognato di un ometto impaurito. Un altro ha già piene le tasche della fidanzata, chiamata dagli amici «la dolce poetessa»: declama i suoi versi sgangherati da mane a sera e pretende un’esasperante attenzione. In tutto questo intreccio, spicca indubbiamente la figura di Penelope, «esperta di psiche femminile» e dotata di forte buon senso. La quale ha ottime soluzioni da proporre, rischiando però di rimanere invischiata dal corteggiamento di entrambi i titolari della ditta anti-matrimonio. Se la caverà. E ribalterà una triste situazione favorendo in qualche misura la conciliazione amorosa tra Cyril e quella Vera «che era scappata» alla vigilia delle nozze.
Telenovelas. Più o meno ogni tre mesi la Sellerio manda in libreria raccolte di racconti. Gli autori sono tutti della casa editrice palermitana. Questa volta senza agganci temporali come il carnevale, l’estate, il Natale, il tema scelto è la scuola (La scuola in giallo, 354 pagine, 14 euro), con otto racconti. Vale la pena di parlare delle pagine scritte dal bravissimo narratore turco Esmahan Aykol che con Alla scuola femminile di Corano…, offre al lettore l’occasione, come del resto ha già fatto con i suoi romanzi, di conoscere la vita quotidiana, i quartieri e le abitudini di Istanbul. Protagonista è la libraia-detective Kati, mezzo turca mezzo tedesca. Si affaccia una sua vecchia conoscenza, tale Recai. Con abiti miseri e la faccia triste, Racai, di stretta osservanza musulmana, le chiede un favore. Vedendolo così così malridotto, Kati (che vende solo libri gialli e vive con il suo collaboratore Fofo), pensa subito al denaro. Che invece non c’entra affatto. Durante il lungo colloquio al bar, scopre che il mitissimo uomo ha avuto ed ha problemi con due dei suoi tre figli (un maschio e due femmine). L’ultimo riguarda la piccola Emine che, assieme ad altre allieve della scuola di Corano, è improvvisamente svenuta ferendosi il naso. Kati accompagna Racai alla periferia della città, raduno di immigrati, compresi i siriani che sono fuggiti dalla loro terra a causa della guerra civile. È un po’ scettica, da buona laica, perché la Confraternita islamica in questione non ha un’ottima fama e pare sia perseguitata dal governo. I due parlano con i dirigenti barbuti che minimizzano l’accaduto accennando a una vaga “reazione allergica”. Kati va poi a casa di Racai, si fa spiegare tutto. Sono i mendicanti clandestini a diffondere quel misterioso morbo che causa svenimenti? Neanche per sogno. La libraia, una volta tornata a casa e parlando con il suo ospite, viene a sapere che in giro c’è una vera e propria psicosi dopo l’annuncio che la tv non proseguirà la messa in onda di una popolarissima serie di telenovelas. La gente è furiosa e si comporta in modo strano. Ipotesi, quanto mai verosimile, di Kati è che i guai delle ragazzine della Confraternita, dipendano da questo “lutto” televisivo, che molti turchi hanno in qualche modo somatizzato. Altro che strane presenze ( i Gin) evocate dal Corano.
Il travet. Il guaio più grande della vita, ci racconta Mario Benedetti, numero uno della letteratura dell’Uruguay, è condurre una frustrata vita da impiegato sognando di fare cose eccelse, sottraendosi così da una crescente mestizia. Tipi come questi sono soliti a rimandare l’«impresa». È sta storia de La tregua (Nottetempo, pagine 248, 14,50), che vede come protagonista, a metà del secolo scorso, Martin Santomé, rimasto vedovo con tre figli. Si consola con la sua seconda donna, la scruta, azzarda dei paragoni sinceri (in camera da letto) e arriva alla conclusione che è meglio della defunta, alla quale sussurra “mi dispiace”. La love-story è una sorta di redenzione, di rinascita, di allontanamento dalla più tetra solitudine. Ma nella ditta in cui lavora incontra una donna di venticinque anni, il doppio di lui. Nulla di fulminante al primo impatto, anzi. Ma successivamente Martin si sente travolgere da un fiume in piena. Nello stesso tempo si sente “sconcio” quando cammina accanto al nuovo amore e si domanda quando inevitabilmente lei metterà le corna. A lui, così “ridicolo”. Martin in ogni caso si apre al mondo, viene a conoscenza delle tribolazioni degli altri, dei fidanzamenti che si spezzano e pure della presenza degli omosessuali, come se prima fosse stato tremendamente miope in un paese dove le cose cambiano e continuano a cambiare. La passione finisce, in modo tragico. E anche per un qualcosa destinato, come in tutte le storie d’amore, a rimanere segreto, rintanato in un’anima persa.