A proposito de «La regola dell’equilibrio»
Elogio dell’avvocato
Gianrico Carofiglio torna a raccontare le avventure di Giudo Guerrieri, il suo personaggio altamente "politically correct" che lo ha portato in cima alle classifiche
In copertina, sotto il titolo, c’è una foto orizzontale, ma tagliata sghemba. Rappresenta due mani che potrebbero essere giunte, ma guardando bene nel bianco e nero quasi seppia e pure un po’ sfocato, si nota che le mani sono fasciate, dal polso al dorso, e la fasciatura include le attaccature dei pollici. Fanno pensare alle mani di un pugile, che attendono di indossare i guantoni; o alle mani ferite di un uomo assorto in meditazione o in preghiera. In entrambe le interpretazioni restituiscono un senso di impazienza, sono come un fermo immagine prima di uno scoppio di violenza.
È questa la copertina del nuovo libro di Gianrico Carofiglio, La regola dell’equilibrio (Einaudi, pag. 280, € 19) che segna il ritorno in scena di Guido Guerrieri, l’avvocato penalista barese uscito per la prima volta dalla penna del suo autore nell’ormai lontano 2002. La copertina contiene dunque una discreta dose di inquietudine che rimanda al nocciolo della vicenda raccontata: uno stimato giudice, accusato di corruzione, si rivolge al nostro affermato protagonista per essere difeso. La fine non è scontata, soprattutto se si evita di leggere la quarta di copertina che, per essere accattivante, sciorina una serie di luoghi comuni.
Perché – diciamocelo – in questo come nei precedenti quattro titoli dedicati a Guerrieri (questi editi da Sellerio), quello che più conta non è la trama, ma il personaggio. E anche se sono passati dodici anni, il personaggio dell’avvocato gentile – classico esempio di eroe normale /positivo – non annoia.
Ne La regola dell’equilibrio, Guido Guerrieri è un uomo ormai prossimo ai 50 anni, ma che si mantiene in buona forma perché cammina a piedi, va in bicicletta, pratica la boxe e tiene appeso il sacco (anzi, Mr. Sacco) in soggiorno: a lui si rivolge per supplementi di allenamento, con lui dialoga e gli chiede consigli nei momenti difficili. Inoltre è colto, ironico, di gradevole aspetto e di buone maniere; ama la musica e la lettura, apprezza il buon cibo e il buon vino, all’occorrenza –magari per far bella figura con una donna – sa mettersi dietro ai fornelli.
A completare questo perfetto esempio di politically correct man, c’è la circostanza che Guerrieri è un avvocato preparato e serio, uno che rilascia sempre la fattura, che si permette di non accettare di difendere persone accusate di pedofilia o di altri reati che considera troppo riprovevoli, uno tanto impregnato di valori (di sinistra) e di regole (di legge) che sta sempre a domandarsi se fa la cosa giusta. Sarà per quella componente femminile che ne aumenta il tasso di esposizione e sensibilità, sarà per la ricorrente predisposizione a inoltrarsi nei ricordi partendo da una parola o da un odore, sarà per quello stato di piacevole intimità che riesce a creare col lettore, Guerrieri è un personaggio che fa centro, soprattutto con le donne.
Merito del suo autore, che faceva il magistrato e che a questa ventennale esperienza ha attinto per la contestualizzazione del personaggio. Inoltre Gianrico Carofiglio ha avuto la capacità di consolidare le caratteristiche del suo personaggio in tutti e cinque i libri, facendole emergere in rapporto ai diversi casi che affronta e ai diversi personaggi, alcuni anche fissi, che incontra. Due cose poi si ricordano delle avventure di Guerrieri: i dialoghi scoppiettanti e serrati e certe descrizioni di Bari e delle sue atmosfere che fanno venir voglia di visitare la città, magari proprio di fare una visita guidata sulle tracce di Guerrieri.
Sono dei gran risultati, che il pubblico premia a ogni nuova uscita, e ormai nessuno più si chiede quanto di Gianrico Carofiglio ci sia in Guerrieri o se questa è letteratura. Nell’attuale mercato dei libri, un titolo come La regola dell’equilibrio è un’occasione di godibile buona lettura, riflessione, evasione. Accontentiamoci di questo e lasciamo ai compilatori di antologie di decidere, fra trent’anni, se accogliere questo autore nelle loro raccolte.