Ilaria Palomba
Quasi una storia di meta-letteratura

La verità è feroce

«Psicosintesi della forma insetto» di Ariase Barretta è un romanzo sperimentale che analizza la ferocia delle relazioni umane. Senza compiacimento né luoghi comuni

Psicosintesi della forma insetto di Ariase Barretta, (Meridiano Zero, 2014, 201 pp., 12 euro), è un romanzo sulla ferocia delle relazioni umane, sui paradossi dell’esistenza, sulla diversità e i traumi, sui disastri famigliari, sulla psicologia della fragilità. Temi affrontati in modo nietzscheiano e darwiniano, com’è dichiarato sin dalle citazioni iniziali.

È la storia di Lorenzo e Antonio, e parte con il peggior incubo di ogni scrittore: trovare il proprio romanzo inedito e, anzi, in via di pubblicazione, pubblicato da un altro, più giovane, più scaltro, per una casa editrice più importante. Ciò accade a Lorenzo, che lavora a Bologna come editor per una piccola casa editrice. Antonio Calvi, ecco il nome del ladro, napoletano, nemico di Lorenzo e sua nemesi. Il protagonista si mette dunque in viaggio per sapere, scoprire, vendicarsi, ma ciò che accade a Napoli prende una forma del tutto diversa da quel che si aspettava.

Barretta_PsicosintesiIl romanzo di Ariase Barretta è steso in una forma sperimentale, composto da quattro sezioni: Embriogenesi, Crisalide, Larva, Esoscheletro, ciascuna, scritta in modo completamente diverso, procede verso lo smascheramento di un personaggio e la sua kafkiana ma metaforica metamorfosi in insetto, una volta calate le maschere, non restano che rovine. La prima e l’ultima parte sono scritte dal punto di vista di Antonio, la seconda è un lynchiano assemblaggio di frammenti, che contengono l’intero libro sotto forma di dialogo, sottratto invece alla terza parte, che è il corpo vero e proprio del romanzo ed è scritta in forma monologica, dal punto di vista di Lorenzo. La struttura fa subito pensare al grandissimo Faulkner de L’urlo e il furore.

Non mancano animate discussioni sul futuro della letteratura: quando una piccola casa editrice, come quella in cui lavora Lorenzo, nata per fare della buona letteratura, magari poco commerciale ma certamente di qualità, vicina ai fatti scomodi, alle verità intime, alla vita reale anche nelle sue derive, cerca invece di conformarsi al mainstream fatto di chick lit, gialli di pessima qualità, thriller storico-esoterici e fantasy per ragazzini, vuol dire che la crisi è proprio nera.

La scrittura di Ariase Barretta alterna passaggi precisi, taglienti, ad alta tensione, ad altri invece riflessivi, filosofici, a tratti lirici. Lo stile è preciso e coinvolgente, non si potrebbe aggiungere né sottrarre una sola parola. I temi affrontati sono realistici, attuali. L’omosessualità vissuta come una colpa, in una Napoli ancora molto cattolica, provinciale, aspra, ipocrita, l’inquietudine di una famiglia del Sud (anche se la madre di Antonio è di Trieste, in più passi dimostra di essersi perfettamente adattata ai modi del Sud), che nasconde e rimesta i propri disagi fino a esplodere, dove l’unico imperativo è che non si sappia nulla. Il bullismo e la crudeltà degli adolescenti, i traumi che segnano l’esistenza per sempre, la diversità, la debolezza, quella fragilità che può rendere simili a insetti, costretti ad azioni meschine per conquistare l’affetto negato, per nascondere le ferite ancora aperte di un’infanzia-incubo.

ariase barrettaC’è un approfondito studio degli archetipi psicanalitici, e della psicanalisi in genere, richiama in alcuni passi La coscienza di Zeno di Svevo, in particolare per il modo in cui sono descritti i rapporti umani e famigliari, con quella coincidenza a doppio legame tra intromissione e rimozione. Non mancano anche citazioni cinematografiche e letterarie: Max Ophüls, Gabriel Axel, François Truffaut, David Lynch, Dostoevskij. Dal punto di vista stilistico vi sono riferimenti kafkiani ma anche un po’ palahniukiani. I controversi personaggi: Antonio Gaetano Villalba, Carmela e Tonino, nella loro caratterizzazione tragicomica, presentano tratti distintivi insieme grotteschi e verosimili, e in questo risiede la loro essenza tragicomica. L’approfondimento psicologico del protagonista e dell’antagonista è tale da permettere, man mano che il romanzo procede, di mutare le carte in gioco e capovolgere i ruoli.

Psicosintesi parte con il miglior incipit che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi: «Finalmente abbiamo capito come interpretare i segni che abbiamo osservato per millenni. Non si nasce colpevoli. La logica del peccato originale si attiva con l’invenzione della cultura, di conseguenza l’errore non si eredita da chi ci ha partoriti ma da chi ci ha educati. Il sacramento rende liberi dalla colpa ma ci condanna ad assumerne una che non ci abbandonerà mai per il resto della vita. Ci rende parte della farsa, complici a volte inconsapevoli di questo inganno. È in quel momento che nasce il peccato. È da quel momento in poi che nessuno può dirsi innocente».

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