Racconti del peccato/20
Per mancato recapito
La lettera anonima è un fiore nero nel giardino della vita, un crisantemo fra i rossi papaveri dell’amore. Un ricamo malefico fra i peccati che ciascuno nasconde
Mi piace scrivere lettere anonime. Non so perché lo faccio. Mi piace e basta.
È un vizio che ho avuto fin da bambino. Scombinavo amicizie, mettevo zizzania, procuravo rotture, equivoci, e non sopportava quelli che ostentavano felicità e si facevano belli.
Questa attività col tempo è diventata una necessità estetica. La lettera anonima è un fiore nero nel giardino della vita, un crisantemo fra i rossi papaveri dell’amore. Un ricamo malefico fra i peccati che ciascuno nasconde. E, simile all’omicida che torna sulla scena del delitto, osservo compiaciuto i danni dell’opera compiuta. Le crepe dalle quali si intravede l’animo umano nella sua volgare e fragile apparenza. Il verme solitario nella mela odorosa della comunità.
Ne mandai una anche a mia moglie. La mia bella compagna di cui osservai la reazione dapprima spaventata, stupita, perplessa, poi preoccupata, e infine implorante, perché la verità fa paura, ma soprattutto è il giudizio degli altri che terrorizza.
Filamenti neri all’orizzonte della nostra coscienza malaticcia, ecco come appaiono al microscopio quei brutti ritagli di giornale dall’aria pop e un po’ mortuaria.
Scoprii così che la difesa a oltranza di mia moglie fu solo una messa in scena. E quello che era un gioco, si rivelò la verità di un tradimento.
Quanti scheletri rivelano le missive anonime, e sepolcri imbiancati. E traboccanti armadi. La responsabilità di quegli spasmi e quei singhiozzi di mia moglie non fu dunque mia, ma l’opera prima di una rivelazione, fortuita e felice.
Fino a quando una lettera anonima non la trovai infilata per traverso nella mia buca delle lettere.
Sappiamo tutto di te lurida carogna. Te la faremo pagare. Preparati a morire.
Ebbi tre extrasistole in rapida successione e pensai che ci sarei rimasto secco.
Ma non accadde.
Però adesso che ero stato scoperto la mia vita non sarebbe stata più la stessa.
Il mio peccato era sul tappeto verde, e la rivincita sarebbe stata di chi in quel momento rideva di me, magari spiandomi di soppiatto, camminandomi a fianco, sapendo di avermi in pugno.
Chi poteva essere il mio nemico nascosto nell’ombra?
Non potevo saperlo ora che avevo fatto della mia vita una cella monacale, lontano da tutti, girando attorno all’isolato con la busta della spesa, rientrando veloce come un ratto che avesse fatto bottino per tornarsene nella sua tana.
Quella lettera divenne la mia ossessione. Più del peccato stesso di scriverne. Quello di spargere discordia con la solerzia di un contadino che getta il suo seme, mi parve, d’un tratto, un esempio da non seguire.
—
Feci un lungo respiro quel giorno di maggio.
In fondo non doveva essere così difficile farlo.
Uccidersi cioè. Come staccare il frutto dall’albero, così semplicemente.
Non era necessaria una organizzazione capillare delle proprie forze. La vita è solo un racconto mal scritto per certi, un ramo spoglio che non darà se non frutti sbilenchi, per altri. Ma in fondo siamo tutti chiusi in un canile a latrare disperati e speranzosi.
E così lo feci.
Non volevo dare spettacolo in vita di me. Dei miei peccatucci e del peccato più grave che morirà con me.
Penzolai somigliando a un insaccato.
Un suicidio come tanti ne accadevano di recente in città.
Un solerte custode della legge rivoltò fra le dita la busta giallina prima di leggerne il contenuto.
Era tornata al mittente, cioè io.
Il destinatario era ignoto. Forse aveva traslocato, forse era solo uno scherzo del destino.
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Nando Vitali è scrittore, editor, docente di scrittura e lettura creativa. Ha collaborato con Il Mattino di Napoli e Il Manifesto. Attualmente collabora con il quotidiano La Repubblica. Conduce il laboratorio di scrittura e lettura creativa L’isola delle voci. Ha pubblicato: Quasi un dizionario. Scritti e saggi di Luigi Compagnone (a cura, Compagnia dei trovatori); Chiodi storti. Da Ponticelli a Napoli Centrale (romanzo, Compagnia dei trovatori 2009); Effetto domino, 10 autori in cerca di un romanzo, romanzo collettivo a cura di P.A. Toma (Treves ed. 2009); I morti non serbano rancore. Foibe. L’avventurosa storia del Capitano Goretti (Gaffi editore 2011). Dirige la collana di narrativa Pantone Neon per Iemme edizioni. Ha fondato e dirige la rivista letteraria Achab. Un suo romanzo è di prossima pubblicazione per Gaffi editore.