L'anno nero dell'ambiente globale
Solo la Cina inquina?
Il summit ambientale di New York è stato un fallimento. Perché la Cina, che produce il 25% del CO2, lo ha di fatto boicottato. E perché gli Usa, malgrado Obama, di pulire i consumi non ne vogliono sapere
Domenica scorsa 21 settembre si sono tenute manifestazioni contro il riscaldamento del pianeta nelle più importanti città del mondo, in vista del summit indetto dal Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki -moon per martedi 23. A New York, sede del summit, hanno manifestato 300.000 persone e nel resto del mondo circa 700.000 per un totale di un milione di persone scese in piazza per dare il loro sostegno alla lotta all’aumento della temperatura della Terra e al cambiamento climatico.
Sono tanti? Certamente no, se si pensa che nel 2013 abbiamo superato i 7 miliardi di abitanti sul nostro sempre più caldo pianeta. Ma non è da quanti hanno manifestato domenica che si può giudicare quanto le popolazioni, soprattutto dei paesi più ricchi, siano diventate sensibili ai problemi ambientali.
Se invece guardiamo la crescita dei prodotti biologici nei supermercati, l’offerta di automobili a basse o zero emissioni, l’impegno nelle raccolte differenziate dei rifiuti, le offerte di fornitura di energia elettrica da fonti rinnovabili delle società elettriche, l’impiego delle stesse fonti da parte di privati e così via, ci rendiamo conto che, soprattutto le nuove generazioni, hanno una crescente attenzione alle problematiche ambientali. Certo, tutti i prodotti e le forniture “amiche dell’ambiente” sono più costose di quelle inquinanti e considerate in alcuni casi addirittura lussi, ma più si diffondono e più i prezzi scendono. Si può quindi affermare che la sensibilità ambientale e la preoccupazione per la febbre del pianeta è sempre più diffusa, al di là di quanto può far pensare il numero degli attivisti.
Malgrado ciò, nel 2013 si è raggiunto il record di emissioni di CO2 a livello globale. Il summit sull’argomento, fortemente voluto dal Segretario delle Nazioni Unite, ha purtroppo registrato, come previsto, il dissenso di due grandi produttori di gas serra: la Cina e l’India. È vero ci sono stati annunci di ulteriori investimenti futuri da parte dell’Europa nelle rinnovabili, il crescente impegno degli Stati Uniti promesso dal presidente Obama, il discorso di apertura di Leo Di Caprio e l’appoggio di altri personaggi dello spettacolo, la definizione di “imperativo morale” per l’azione contro il cambio del clima del Segretario di Stato Vaticano, ma l’impressione finale è che si sia trattato di un bello show, ricco di slogan e promesse, ma con poco di concreto. D’altra parte senza la partecipazione dei due più grandi paesi in crescita economica tumultuosa non è sperabile che le emissioni di gas serra possano essere fermate e tanto meno ridotte.
La Cina da sola produce circa il 25% di CO2 e, fin quando non siederà al tavolo per stabilire insieme al resto del mondo le nuove regole sulle emissioni, tutto quanto faranno gli altri rischia di essere inutile. Il governo di Pechino sostiene di non essere d’accordo su come vengono valutati gli apporti di gas serra dei singoli paesi, infatti la Cina risulta al primo posto insieme agli Stati Uniti per emissioni totali. Se invece le emissioni fossero calcolate in base alla popolazione dei vari stati, la Cina, col suo miliardo e trecentomila abitanti, risulterebbe fra gli ultimi. In altre parole la Cina, e con lei altri paesi in sviluppo, che emettono più del 50% di CO2, non sono disposti a frenare la crescita economica per ridurre le emissioni.
Fin quando i paesi industrializzati, con a capo gli Stati Uniti, non riconosceranno la posizione di quelli in via di sviluppo, che vogliono calcolare la riduzione progressiva delle emissioni in base a quelle attuali pro capite e non su quelle totali, non si avvieranno trattative stringenti sul problema. Per questo, anche l’appuntamento di Parigi del prossimo anno, che dovrebbe portare ad un accordo mondiale sulle regole comuni per le emissioni di gas serra, al quale guardavano i partecipanti al summit di New York, rischia di fallire. Insomma se anche tutti gli abitanti della ricca California (nella foto sopra) guidassero solo macchine elettriche e usassero solo energia elettrica prodotta dal sole o dal vento, senza il coinvolgimento dell’altra metà del mondo, Cina e India in testa, i gas serra responsabili del riscaldamento del pianeta continuerebbero ad aumentare.