Paola Benadusi Marzocca
Con Giuseppe Festa a scuola di Natura

Balla con gli orsi

Due accattivanti romanzi ambientati nel Parco Nazionale d'Abruzzo hanno l'ambizione (riuscita) di avvicinare i ragazzi nativi digitali al mondo naturale. Ne parliamo con l'autore...

Da secoli l’uomo si ritiene l’indiscusso signore dell’universo, pronto però a impaurirsi dinanzi alle bestie feroci. In realtà, feroci sanno essere soprattutto gli uomini quando con un’arma da fuoco in mano si sentono i padroni del Creato, senza riflettere su quel bisogno di difendersi che maschera un sentimento di paura. Leggendo i due romanzi del naturalista Giuseppe Festa pubblicati da Salani, Il passaggio dell’orso (215 pagine, 14,90 euro) e L’ombra del gattopardo (201 pagine, 14,90 euro), ambientati entrambi nel Parco Nazionale dell’Abruzzo, non si può fare a meno di ammirare la passione quasi mistica per la conoscenza del mondo naturale, unita allo spettacolo di una natura ancora rimasta in gran parte incontaminata.Vero è che l’assedio è cominciato, e forse da tempo, come si legge nel primo dei due romanzi ormai alla terza edizione, a conferma che le narrazioni sulla natura e gli animali interessano ai giovani più di quanto non si pensi.

untitledLa figura «vestita di grigio» dalla voce «sottile e tagliente» non può essere che quella di un funzionario ministeriale, che con voce suadente fa capire che cosa significa per lui il progetto di crescita del Parco Nazionale. «Queste montagne sarebbero una fonte inesauribile di ricchezza se le gestissero persone illuminate». Alberghi, piste da sci, centri commerciali. In effetti per il personaggio in questione gli ostacoli allo sviluppo economico sarebbero proprio gli orsi.
La disinformazione regna sugli animali cosiddetti feroci, malgrado negli ultimi trent’anni siano stati condotti seri studi sul loro modo di vivere e suoi loro istinti; nel complesso sono considerati dalla gente concorrenti sgraditi. D’altra parte pochi conoscono questi animali, magari visti solo allo zoo. È lecito perciò affermare che l’indifferenza dinanzi al mondo naturale sia una conseguenza della società moderna? Come si può conciliare il rispetto degli animali allo stato selvaggio con l’esigenza degli uomini di tutelare i propri beni?
«In Abruzzo, pastori, orsi e lupi hanno sempre convissuto – spiega Giuseppe Festa. L’uso dei cani da pastore, la conoscenza del territorio e degli animali selvatici ha sempre permesso a quegli uomini di limitare al minimo le perdite di bestiame. Purtroppo, quel bagaglio di sapere negli ultimi decenni si è affievolito, insieme alla memoria dei grandi carnivori che ora, per fortuna, stanno faticosamente tornando ad abitare anche sulle Alpi. Per convivere con loro è necessario innanzi tutto imparare a conoscerli davvero e dimenticare le favole che parlano dei lupi cattivi. Questi animali reclamano soltanto un loro diritto naturale, quello di abitare i luoghi in cui hanno sempre vissuto prima che noi li decimassimo».
cop 2Nel secondo romanzo dello scrittore, L’ombra del gattopardo, domina la presenza inquietante, sfuggente e misteriosa di un animale nobile, perseguitato e quasi cancellato dalla faccia della Terra dall’ottusa crudeltà degli uomini. Del resto Bernard Shaw diceva che si sentiva più sicuro dentro una gabbia di leoni che in mezzo agli uomini. «Non esiste nessun documento storico – dice Festa – che negli ultimi secoli testimoni l’uccisione di un uomo da parte di un lupo, di un orso, di una lince in Italia. Personalmente ho molta più paura di passeggiare di giorno in alcuni quartieri cittadini che di notte in una foresta».
Quale origine ha, in genere, la cattiva fama dei felini?
«I felini, come anche i lupi e gli orsi, sono visti dall’uomo come competitori o possibili minacce per i propri beni. Ma non sempre è stato così: in epoca antica (e ancora oggi nelle tribù indigene che sopravvivono sulla Terra), i predatori erano considerati animali totem, creature alle quali ispirarsi, simbolo di libertà, coraggio e, riguardo ai lupi, di organizzazione sociale. Per fortuna negli ultimi anni l’opinione pubblica sta cambiando il suo modo di vedere i grandi predatori. Basti pensare all’Operazione San Francesco del WWF, che negli anni Settanta ha riscosso un incredibile successo, contribuendo in modo determinante a salvare il lupo appenninico da un’estinzione che ormai sembrava certa».
Giuseppe FestaCiò che colpisce in questi romanzi, scritti tra l’altro con stile limpido e accattivante, è l’assenza di atteggiamenti antropomorfistici o di rousseauiano ritorno alla natura; tantameno si avverte leggendoli il rifiuto della nostra civiltà, bensì la consapevolezza che la natura è una maestra dalla pazienza infinita, la certezza che essa possa stimolare il pensiero e spingere alla conoscenza. Soprattutto i giovani sono pronti ad apprezzare tutte le forme viventi e la bellezza del mondo naturale. Saranno dunque le future generazioni a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di creare nuovi equilibri tra uomini e animali per la salvezza del nostro pianeta?
«Da anni – conclude Giuseppe Festa – lavoro nelle scuole e soffro quando vedo ragazzini che a dieci anni non hanno ancora messo piede in un bosco o che sono frastornati dall’uso eccessivo degli apparati tecnologici. Allo stesso tempo, mi sono reso conto di quanto sia facile abbattere queste barriere nei ragazzi; la soddisfazione più grande che mi danno i miei romanzi è l’entusiasmo con cui vengono letti anche dai ragazzi di città e la voglia che suscitano di vivere un’esperienza a contatto con la Terra».

Non si può proteggere qualcosa che non si conosce. Ma soprattutto, non si può proteggere la Natura se non la si ama. Non possiamo pretendere di crescere una generazione che salvi il Pianeta se non le diamo gli strumenti minimi per sviluppare i sentimenti verso la Terra. Come disse Witman: «Ora vedo il segreto per fare gli uomini migliori: crescere all’aria aperta, mangiare e dormire con la Terra».

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