Marco Fiorletta
Un romanzo svedese di Iperborea

Storia & passioni

«Il gioco serio» di Hjalmar Sӧderberg racconta una normale avventura di amore mancato. Salvo che è immersa nei tormenti della storia. Quella europea della fine dell'Ottocento

Nella quarta di copertina troviamo scritto che il libro verrà considerato «l’unico vero romanzo d’amore della letteratura svedese» e il primo commento che mi viene in mente è che gli svedesi sono ridotti male. La storia di Arvid e Lydia non è diversa da molte altra raccontate in centinaia, migliaia di libri in tutte le lingue. Ci amiamo ma la paura, le convenzioni, la società ci impediscono di amarci; eppure un giorno ci rincontreremo e tenteremo di far finta che il tempo e le scelte fatte non influiscano sul nuovo rapporto. Il tutto resta una pia illusione come accade poi nella realtà.

il gioco serioIl gioco serio, di Hjalmar Sӧderberg, Iperborea, 284 p., 15,50€ e disponibile anche in e-book, si distingue per l’ambientazione, la Svezia fine ‘800, e la scrittura pacata, attenta dell’autore. Una storia di un amore mancato collocata in mezzo a rimandi storici locali, europei e mondiali, dal caso Dreyfus, alla nascita del nazionalismo tedesco, alla guerra russo giapponese e altro ancora. Ma non è un libro storico. Sӧderberg si limita a buttare tra le righe le notizie del tempo per meglio collocare la storia dei due giovani facendo comunque in modo che si capisca il suo pensiero sulle grandi questioni che cita. In alcuni tratti è un libro moderno, attuale. Nel personaggio di Lydia si potrebbe vedere del cinismo, invece, a mio parere, c’è un qualcosa della presa di coscienza delle donne e lo afferma l’autore quando fa dire al suo personaggio femminile che ha fatto delle scelte per vedere se può influire sul destino di un’altra persona. Discorso diverso è l’effetto che realmente producono le sue scelte e l’involuzione del personaggio. Comportamento in netta contrapposizione con la moglie di Arvid, Dagmar, che si è fatta sposare ingannando il futuro marito.

In fin dei conti Sӧderberg, come detto, non ci dice nulla di nuovo, ma ce lo dice bene, con eleganza e con una particolare attenzione alla crisi di valori degli interpreti che vengono seguiti nella loro discesa, nell’abbandono degli ideali e della scelta dei compromessi, nell’abbandono della speranza senza trascinare la storia nel romanzo rosa. Sӧderberg, che ci ha lasciato poche opere, Il gioco serio è del 1912 ed è la sua ultima opera, per i rimanenti trent’anni, si dedicherà, ateo, a studi biblici e storici. Dal suo libro Gertrud Dreyer trarrà, nel 1964, l’omonimo film.

P.S. Tra le pagine troviamo anche un accenno a noi poveri italiani: «Ma in città le vie pulite splendevano al sole, le acque del Norrstrӧm luccicavano, gorgogliavano e spumeggiavano, e nei giardini di Kungstrӓdgården i primi italiani, poveri, minuti e dalla carnagione scura, già vendevano palloncini rossi, azzurri e verdi: lì si poteva credere che fosse davvero primavera».

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