Un oscar Mondadori sul giornalista
Per capire Terzani
Un libro di Alan Loreti ricostruisce la vita di Tiziano Terzani. Una lunga avventura nella conoscenza condotta nel segno della sincerità. Soprattutto nei confronti della realtà
Se, per assurdo, Tiziano Terzani potesse dare una sbirciata a coloro che lo celebrano usando magari la parola “santone”, avrebbe, da buon fiorentino, uno scatto di stizza. Ne ebbe tanti, in vita. Ma poi la smorfia, per carattere e per aver assorbito profondamente la cultura orientale, si tramuterebbe in un sorriso di compatimento, se non di assoluzione. La sua incredibile vita di giornalista vagabondo e di scrittore (i suoi libri sono stati pubblicati dalla Longanesi) è ora brillantemente riassunta da Alen Loreti, curatore delle sue opere per la collana “Meridiani”.
Dopo essersi laureato a Pisa, sfidando un orribile ed ereditario bacillo che l’aveva aggredito al volto e ai polmoni, comincia a lavorare alla Olivetti come venditore di macchine da scrivere. Ironizzò: «T’immagini, io che ero dottore andavo di casa in casa a fare il venditore!». Poi comincia a viaggiare, con o senza l’adoratissima moglie Angela Staude. Per un anno all’Aja, poi in Giappone: «Qui il moderno rende tutto piatto. Sono sceso a Tokyo come sarei sceso a Milano… sono affascinato da tutto questo che non conosco, da questa impossibilità d’intendersi, da questo cerchio misterioso di facce per le quali non funziona il gioco dell’istinto o della simpatia, da questo cerchio di segni che evocano segreti che voglio capire».
Ecco: il verbo capire diventa, una volta diventato giornalista, è il baricentro morale del suo movimentismo cronistico. Appena avverte un fatto capace di avere un seguito importante, anzi drammatico, sale su un aereo e va a “verificare”. La Olivetti nel 1966 lo manda in Sudafrica, in un clima politico incandescente. Poi il consolato britannico di Durban gli nega un visto per la Nigeria. Durante i numerosi spostamenti ha modo di scoprire «l’Africa colonizzata e sfruttata, privata dei diritti fondamentali». Tornato a Ivrea scrive vari articoli sull’apartheid in Sudafrica. Il suo reportage compare sulla rivista Astrolabio, settimanale della sinistra indipendente diretto da Ferruccio Parri. Infine altri viaggi, con la moglie accanto. S’imbarca a Genova per New York, dove vuole seguire corsi di Storia Cinese Moderna, Lingua Cinese e Affari internazionali alla Columbia University. Si guarda sempre intorno, vuole capire. Scriverà: «Sono andato in America anche con una certa curiosità. Ma così come ci ha deluso poi – il paradiso dei lavoratori era un inferno – l’America si è rivelata un paese spaventoso. Sì, certo, io vivevo bene, mi pagavano, ma se mi guardavo attorno – stavamo a due passi dal quartiere di Harlem – vedevo una società profondamente razzista, profondamente ingiusta e violenta da morire».
E così, in occasione della visita di Ronald Reagan a Pechino, Terzani scriverà: «La Cina ha teso la mano, tocca ora a Reagan stringerla». Poi la profezia velenosa e giusta sul futuro di quel paese che si giocherà alla sbarra: «Il vero imputato sarà Mao Zedong stesso, e l’accusa contro di lui è di essere stato all’origine di tutti i disastri che hanno afflitto la Cina negli ultimi vent’anni». Nel libro di Alen Loreti (Oscar Mondadori, 278 pagine, 11 euro) è interessante soffermarsi sugli ultimi anni del fiorentino Terzani, “nemico” di Oriana Fallaci, cui peraltro rivolgerà un pensiero compassionevole appena saputa la notizia della sua feroce malattia che la rese eremita a New York. Non a caso, Tiziano amava citare una frase, a proposito della “missione” dei giornalisti: «Creare campi di comprensione, invece che campi di battaglia.
A quel punto, nelle note biografiche nei suoi ultimi libri vuole aggiungere «è stato corrispondente». E spiega: «Godo di non esserlo più». Da un paio d’anni si fa chiamare e si firma Anam, “il senza nome”. Poca fiducia nei giornali, accuse pesanti contro le manipolazioni dei media. «Accorciamo tutto, dicendo di meno finiremo col dire di più». Fa una richiesta accorata alla capo ufficio stampa della Longanesi, Valentina Fortichiari: «Più di ogni altra cosa mi interessa il mondo dei giovani… su alcuni settimanali decidiamo assieme se vale la pena… ascolterò i suoi consigli e la sua logica, ma non rinuncerò a tenermi lontano dai… Costanzo e le loro mogli!!!». A suoi amici precisa che il suo viaggio in Italia per far conoscere il suo libro e non per «spingere» le vendite, lo vedrà come «pellegrino di pace… andrò dovunque sarò invitato tranne al tv show dove tutto, anche la guerra e la morte, diventa solo una scusa per fare spettacolo, aizzare una zuffa, togliere la parola a uno per darla a una soubrette o a un generale che non ha mai visto la guerra…».
Ha ottimi rapporti con Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, ma viene a sapere che i suoi reportage hanno irritato l’ambasciata americana. Assieme alla moglie s’informa della polemica, imbarazzante. Scrive una lettera al suo amico Cottinelli. Vale la pena, per capire meglio Terzani, riportarla per intero: «Sono andato a rileggermi quel che i giornali italiani hanno scritto sulla povera ragazza uccisa in Afghanistan (Maria Grazia Cutuli, ndr): una vergogna!!! Pagine e pagine da Liala politica, un obbrobrioso contesto fra Corriere e Repubblica come per contendersi il cadavere… come è possibile che questo nostro paese sia caduto così in basso, abbia perso stile, dignità, buon senso; io sono disperato e mi chiedo che cosa fare. Avrai visto che il Corriere mi pubblica con grande imbarazzo, ma non trovo miglior modo che quello che restare lì a scrivere per quelli che non sono d’accordo. Resta il fatto che de Bortoli, uomo per bene e personalmente con me correttissimo, dev’essere sotto pressione… non mi meraviglierei se un missile simile a quello a quello caduto per sbaglio sull’ufficio di Al Jazeera a Kabul cadesse anche su via Solferino… sempre “per sbaglio”».
Si ammala. I medici dicono che gli restano fra i tre e i sei mesi di vita. Si ritira sull’Himalaya, lascia la baita di rado. Dal diario di Terzani: «…in Occidente si può morire distraendosi davanti alla tv… in Occidente tutto è distrazione da tutto, specie dal bello che è la vita». Alla sua morte, sarà il figlio Folco a tenere l’orazione funebre, nella Sala d’Armi di Palazzo Vecchio a Firenze. Secondo le sue volontà, le sue ceneri saranno disperse in un paese della Toscana. L’autore del libro cui abbiamo fatto riferimento, ricorda che nel 2002 Terzani, rispondendo alla domanda di una giornalista, «Lei ha un sogno?», rispose: «No, li ho realizzati tutti. Non ho mai lavorato. Perché tutto quello che ho fatto, lo amavo. L’avrei fatto comunque».