Alessandro Boschi
L'Italia di Berlinguer/4

Berlinguer e Peppone

Un tempo il carisma dei leader come Berlinguer e Pertini chiariva le idee, le posizioni e... le convenienze. Adesso i modelli si mischiano in un grigio indistinto

La ricorrenza della scomparsa di Enrico Berlinguer ci riporta alla mente il periodo in cui noi, cresciuti in un comune tra l’Umbria e la Toscana, assistevamo annoiati (ma non addolorati) alle elezioni bulgare che regolarmente decretavano la vittoria dell’alleanza tra Pci e Psi. Oddio, siamo sicuri che il Pci ce l’avrebbe fatta anche senza il supporto dei poco sopportati parenti socialisti, ma quelle erano direttive che arrivavano dall’alto e nessuno si sognava di trasgredirle. Erano tempi, quelli, in cui tutto appariva molto chiaro. Anche i tratti somatici. Baffoni ce n’erano davvero, così come quei tipi azzimati che li guardavi e subito dicevi: quello è un democristiano (absit iniuria verbis), e di solito non sbagliavi.

Socialisti e comunisti, che certo non si amavano, condividevano però molto. Battaglie combattute fianco a fianco, e di fatto quel tessuto sociale dal quale entrambi provenivano. Emblematica quella foto di Sandro Pertini che con la mano accarezza la bara di Enrico Berlinguer. Oggi, succedesse una cosa del genere – e non può succedere perché di Berlinguer e Pertini non ce ne sono nemmeno a cercarli con il lanternino – chissà come sarebbero stati raccontati dai giornali, dalle tv, dai social network. Scommetto che ci sarebbe venuta la malinconia. Vero è che il progresso sociale, la civiltà delle buone maniere, come titolava un celebre saggio Norbert Elias, porta a sfumare tutto, il bianco nel nero, il nero nel bianco, il rosso nel rosa. Soprattutto il rosso nel rosa, dal momento che il bianco nel nero e viceversa ci pare un processo lungi dall’essere realizzato. Il paradosso di tutto ciò è che allora, le posizioni contrapposte, si rispettavano molto di più di quanto non avvenga oggi tra elementi della stessa posizione.

Era gente di poche parole, quella: leggendario, e vero, perché chi scrive l’ha visto con i propri occhi e sentito con le proprie orecchie, il discorso di un vice sindaco a proposito di una questione oltremodo spinosa. Piazzatosi al centro della sala consiliare, considerato anche che lo scranno gli andava stretto per motivi puramente volumetrici, il nostro squadrò la platea e disse: «Compagni… o sni o sna». Il che significava: compagni, se vi va bene facciamo così, se non vi va bene lo facciamo lo stesso. Nessuno fiatò.

peppone don camilloQuesta scena, pensateci un po’, non vi ricorda quella del discorso di Peppone che nonostante l’opposizione di tutte le forze politiche stabilisce che al funerale della signora Cristina, fervente monarchica, verrà usata la bandiera reale in rispetto delle sue ultime volontà? Naturalmente, se qualcuno non fosse stato d’accordo, lo avrebbe fatto volare dalla finestra. E Don Camillo, fingendosi remissivo ma totalmente d’accordo con il sindaco, si vide costretto «ad arrendersi alla violenza».  Bei tempi eh? Certo, mica si vive nel passato, le cose cambiano. A volte migliorano. Migliorano? La politica non migliora mai. E non migliora non solo perché le esperienze non si comunicano (sennò il mondo sarebbe perfetto da tanto tempo), ma non migliora perché purtroppo non è nella sua natura, che poi è la natura degli uomini. In compenso peggiora. Oggi di pepponi e don camilli ce ne sono ancora, ma sono tutti di plastica, come la maggior parte dei nostri politici. E poi, diciamoci la verità, non vi pare che questa “civiltà delle buone maniere” si sia così evoluta da avere creato una sorta di Frankenstein metà Peppone e metà Don Camillo? Avete capito, vero, a chi mi riferisco? C’è solo lui, adesso. Non so come si troverebbero oggi i due rivali, quelli veri di tanti anni fa. Ma so di certo che cosa si direbbero: uno chiamerebbe l’altro e, come nel finale della celebre canzone di Giorgio Gaber gli direbbe: «la mia e la tua…due famiglie rovinate».

Clicca qui per leggere gli altri interventi sull’Italia di Berlinguer: Lidia Lombardi, Filippo La Porta, Andrea Carraro

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