Giuseppe Grattacaso
Una grande prova d'attrice

Lacrime di chiromante

Ha debuttato a Pistoia «Maledetto nei secoli dei secoli l'amore», un monologo di Carlo D'Amicis con una formidabile Valentina Sperlì. Il contrasto tra il dolore e la società dell'apparire

Valentina Sperlì è attrice di raffinata eleganza interpretativa, capace di puntare con forza sul contenitore delle emozioni e delle passioni, proprio quando maggiormente agisce per sottrazione, quando la sua presenza in scena procede quasi muovendo verso la rarefazione, con l’intento di nascondere più che mostrare. Una modalità di recitazione particolarmente propizia a dare spessore a personaggi complessi e sfaccettati, che hanno però un’apparenza semplice e che ostentano una vicenda esistenziale senza evidenti incrinature, salvo poi mostrare sottotraccia la loro inadeguatezza, le sotterranee debolezze. È quanto avviene nel caso della protagonista di Maledetto nei secoli dei secoli l’amore, la piéce tratta dall’omonimo racconto lungo di Carlo D’Amicis, presentata con la regia di Renata Palminiello in prima nazionale al teatro Bolognini di Pistoia.

Lady Mora è una sensitiva che opera in una emittente televisiva privata. Si muove con tranquilla sicurezza di fronte ai suoi interlocutori telefonici, che riesce con facilità a inquadrare per mezzo di poche domande e a sconcertare con le sue lapidarie affermazioni, convinta del resto che ogni cosa sia destinata a finire e che dunque le risposte ai dubbi, sempre gli stessi, che le vengono proposti, ruotino tutte intorno al destino senza sorprese di ogni vita e di ogni situazione. Ogni cosa infatti è destinata a finire, anche l’amore che crediamo eterno. C’è «una banalità del dolore terreno», che sgomenta coloro che sono al di là della telecamera, ma che Lady Mora tratta con sarcasmo, stupita che gli altri non vedano «il semplice, metodico lavoro della vita che consuma le cose e le finisce (che finisce essa stessa)».

Il bel testo di D’Amicis (autore tra l’altro di romanzi quali Escluso il caneLa Guerra dei cafoniLa battuta perfetta) è un ininterrotto monologo nel quale la protagonista si rivolge al cugino che versa in stato di coma e che la chiromante non vede da quarant’anni. Un tempo l’uomo, quando era poco più che un ragazzo, è stato innamorato della cugina, che ne ha però sempre respinto i maldestri tentativi di avvicinarsi a lei; ora Lady Mora è chiamata al suo capezzale dal testamento biologico dell’altro, che le affida la decisione di scegliere sulla sua vita. Convinta che nulla potrà trattenerla nella dimensione in cui è improvvisamente piombata e sempre sul punto di riprendere il treno che la riporterà alla sua televisione e alle sue convinzioni, la donna finisce però per rimanere nella camera d’ospedale, a fare i conti con se stessa e con le proprie certezze, che ora appaiono quanto meno traballanti.

valentina sperlì maledetto 6La scrittura di D’Amicis, che fa largo uso di parentesi, quasi a introdurre all’interno del parlato una sorta di contrappunto ironico, didascalie che servono a dare un senso di vertigine più che a spiegare, si produce in un sottovoce denso di omissioni, a cui Valentina Sperlì aderisce con sincera sensibilità, sostenuta da un impianto registico puntuale. La scenografia rigorosa di Tobia Ercolino, funzionale alla messinscena, è validamente valorizzata dalle luci di Emiliano Pona.

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