Da Teheran alla Rete
Abbasso il velo!
#mystealthyfreedom: è il nome simbolico di una campana nata per caso sui social e presto diventata caso politico in Iran. È la sfida delle donne che vogliono togliersi il velo senza che ciò sia reato
Il Medio oriente non è un “paese” per donne, eppure qualcosa sta cambiando, non tanto nella mente dei «conservatori con i pantaloni» che portano avanti il valore dell’animo islamico, ma sicuramente nella forza e nel coraggio di chi questo animo lo subisce e per le prime volte sceglie di alzare la testa o, al meglio, scoprirla. Le donne, insomma. «Detesto l’hijab. Adoro la sensazione del sole e del vento sui miei capelli. È forse questo un grande crimine?». È solo uno dei tanti commenti lasciati dalle donne iraniane che in questi giorni hanno scelto di “postare” foto personali senza velo su una pagina facebook per protestare contro l’obbligo dell’Hijab.
La pagina, simbolo della campagna nata con l’hashtag #mystealthyfreedom, «la mia libertà furtiva», è il risultato di una provocazione lanciata da una giornalista liberale iraniana, Masih Alinejad, esule a Londra dove lavora per OnTen, notiziario di satira trasmesso anche in Iran tramite Voice of America.
Alinejad ha recentemente postato sul proprio profilo facebook delle immagini a capo scoperto e, ricevendo molti apprezzamenti, ha invogliato altre donne, appartenenti a ogni generazione, a fare lo stesso. «Ho semplicemente chiesto alle donne del mio Paese di inviarmi dei selfie che coglievano i loro momenti privati di libertà – racconta la giornalista –. Quando vivevo in Iran, toglievo il velo quando ero nei campi, all’aria aperta o in privato, così mi sono chiesta se altre donne lo facessero. A quanto pare sono parecchie».
Nata il 3 maggio, #mystealthyfreedom, ha raggiunto oggi più di 130mila like ed è diventata il palcoscenico per quelle donne iraniane che per qualche ora hanno avuto il coraggio di giocare il ruolo di “donne libere”. Libere da imposizioni patriarcali, libere per natura. «A chi mi dice che dovrei lasciare il Paese se non voglio indossare l’hijab, rispondo che il velo non è stato una mia scelta», commenta una giovane protagonista. «Voglio essere libera nel mio Paese».
Dal 1979, nascita della repubblica islamica, il velo a coprire il capo femminile in pubblico è obbligatorio, al fine di preservare un’integrità morale che troppo spesso viene poi violata tra le mura domestiche. Togliersi il velo in pubblico può costare 70 frustate o 60 giorni di prigionia, eppure migliaia di “amazzoni” mediorientali oggi posano a capo scoperto, giocano col velo, lo sbandierano al cielo, lo avvolgono attorno al collo, sorridono e scelgono un social network per dare voce e immagine ad un attimo di libertà. Criticata e pressata dalla destra iraniana, organizzatrice di una manifestazione pro-velo mercoledì scorso, Alinejad spiega quanto la sua campagna sia lontana dall’attivismo politico e cerchi invece di dar voce a tutte quelle cittadine iraniane che credono di non avere una piattaforma dove poter dire la loro. Alinejad non si oppone all’hijab, ma crede che la gente dovrebbe essere libera di scegliere: «Voglio vivere in un paese dove io, che non porto l’hijab, e mia sorella, che lo preferisce, possiamo vivere insieme», ha spiegato.
Non è la prima volta che proteste di questo genere si diffondono nel Paese, che con l’attuale presidente, Hassan Rohani, ha dimostrato un accenno di indulgenza sulla questione velo; ma è la prima volta che una campagna coinvolge tante persone. Le “donne senza velo”, come altre prima e speriamo molte in futuro, usano la propria immagine per gridare, ai potenti nazionali e a quelli di tutto il Mondo, che non può esistere un paese libero senza che vengano presi in considerazione i diritti di libertà dell’universo femminile. Non è una semplice provocazione, in ballo non c’è il gusto superficiale di voler impressionare gli alti vertici dello Stato, c’è molto di più: c’è il rifiuto per la tradizione, l’imposizione e la consapevolezza di dover rivedere vecchi pilastri culturali ormai superati, ma soprattutto c’è la voglia di poter camminare a testa alta, lasciando che il sole scotti sulla pelle. Il velo al vento delle Iraniane di oggi è il nostro reggiseno bruciato in piazza nel ’68, come simbolo di una rottura totale e base per una rinascita.