Simonetta Milazzo
I segreti di un gioiello dell'arte

Finestre di Palazzo

Avete guardato bene la facciata di Palazzo Madama, dove a Roma ha sede il Senato? È un piccolo capolavoro seicentesco, malgrado il suo progettista, Paolo Maruscelli, non sia diventato celebre come Bernini e Borromini...

Donna e uomo a coppie si alternano in ampia evidenza. Proprio di recente ho osservato che curiosamente non c’è luogo a Roma più idoneo a rappresentare la parità di genere; mi riferisco a Palazzo Madama, la sede del Senato della Repubblica. Del suo interno si dicono meraviglie. Chi lo visita in occasione di eventi e aperture straordinarie ne ammira e apprezza con curiosità e partecipazione opere e ambienti. Altri vi lavorano, impiegati nei vari settori istituzionali; infine lo vivono gli eletti, che siedono negli scranni. Tra costoro, chiamati a pronunciarsi sulle cosiddette “quote rosa”, contiamo soprattutto un certo numero di senatrici che, insieme alle colleghe della Camera dei Deputati, si sono battute vigorosamente e con grande “bianca” evidenza, affinché tale decisione fosse approvata anche in questa sede. La singolare coincidenza con questa circostanza è nella sua facciata, che può essere letta come un bizzarro manifesto che da lungo tempo ne testimonia tale caratteristica e ne da per “scontata” l’opportunità di farne ricorso: vi si afferma la parità dei ruoli.

Palazzo Madama3Sono proprio due volti maschili e due volti femminili ad essere collocati a fianco delle finestre del piano nobile. Li troviamo sui tre lati visibili del Palazzo: nove coppie per nove finestre sulla facciata principale, suddivisa in tre ordini. Sono lì da poco meno di quattrocento anni, con quale intento? A raccontarci quale storia?

Nella prima metà del ‘600, quando Roma non è ancora una città moderna ma è di certo il maggiore centro di attrazione artistica per tutta l’Europa (il barocco è stile internazionale), la famiglia Medici non ritiene sufficientemente sfarzosa la propria dimora a pochi passi da Piazza Navona. Alcuni suoi membri devono risiedervi anche in occasione della partecipazione di un proprio rappresentante in sede di conclave. Papa in Vaticano dal 1623 è il fiorentino Urbano VIII, al secolo Maffeo Vincenzo Barberini e a Palazzo Madama alloggia, tra gli altri, il Cardinale Carlo de’ Medici che, abbandonato definitivamente un pomposo progetto di rifacimento che nei primi del Cinquecento era stato affidato ai Sangallo e secondo cui si era previsto di estendere l’edificio fino a raggiungere i resti dello Stadio di Domiziano, affida invece nel 1636 al romano, forse toscano, Paolo Maruscelli (1594 – 1649) ben noto in città, l’incarico di provvedere all’ampliamento del Palazzo grazie al finanziamento del padre Granduca Ferdinando I.

L’edificio già da tempo aveva assunto il nome di Madama quando lo abitava Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, vedova di Alessandro de’ Medici duca di Firenze intorno alla metà del ‘500. Ne conserviamo una chiara immagine (conservata nell’Archivio del Museo di Roma a Palazzo Braschi), esito dei lavori di rifacimento del Maruscelli, per mano dell’artista Alessandro Specchi, che nel 1690 fissa nella sua acquaforte le linee dell’edificio e la Piazza antistante, e fuga ogni dubbio futuro sulla paternità dell’opera, incidendovi la dicitura: “Palazzo del Serenissimo Granduca di Toscana in Piazza Madama – Architettura di Pauolo Maruscelli”

Palazzo Madama4Osserviamo l’entrata: sotto il balcone c’è Ercole, o meglio il greco Eracle, che afferma la sua presenza attraverso l’immancabile pelle di leone. A fianco e per tutto il primo piano  sono accostati alle finestre, sormontate da architravi curvilinei, ornate di cornucopie a rappresentare abbondanza e ricchezza, due volti maschili e due femminili, alternati. Verranno definiti in seguito e a più riprese cariatidi, anche se non lo sono, nel senso abitualmente inteso di questo termine. L’architetto Maruscelli possedeva nella sua ricca, per l’epoca, biblioteca anche i libri di Marco Vitruvio Pollione e conosceva bene l’origine e il significato della vicenda delle donne di Caria e dei simulacri dei prigioni Persiani, ma in questo caso si tratta di volti, erme forse, posti come ornamento e meno che mai a sostenere un qualsivoglia peso; più plausibile una testimonianza di stirpe e progenitura, secondo il volere e la sollecitazione di una esuberante committenza.

Maruscelli non conserverà la fama dei suoi contemporanei Borromini, Bernini e  Maderno, e sarà in seguito anche oggetto di critiche, ma è figura di tutto rispetto, erudito e versatile, applicato in varie discipline, aggregato e primo rettore dell’Accademia di S. Luca (dal 1635 al 1641). Ha ricoperto compiti condivisi con altri architetti operanti a Roma, secondo l’uso dell’epoca, attraverso le Consulte o Comitati, convocate per critiche e consigli quando spesso si veniva affiancati da artisti più anziani e esterni all’incarico, e lui lo sarà in diverse occasioni documentate. In questa fabrica è anche direttore dei lavori, in grado di dispiegare con abilità i suoi modi operativi nel coordinare maestranze, sbozzatori e scalpellini; abile disegnatore, presenta un secondo progetto della facciata forse per assecondare richieste della committenza.

Se i Medici con ogni probabilità – lo studioso e accademico Joseph Connors ha contato più di cento riproduzioni/raffigurazioni di teste di leone come simbolo della casata medicea – vogliono che si rimarchi, oltre ogni misura, la propria origine con un’abbondanza decorativa (come è opinione comune ricercarla nel ‘600), il progettista e direttore dei lavori intenderà rispondere pienamente alle loro esigenze. Maruscelli si documenta sui testi classici in suo possesso e trasmette alla memoria dei posteri la figura di Ercole ma non da solo. Se è opinione comune ritrovare nelle fattezze dell’uomo quelle di un barbuto Eracle, a volte in questo caso rappresentato muto, a volte a bocca aperta o quasi urlante, è lecito domandarsi chi possano essere le fanciulle o meglio, questa fanciulla, egualmente collocata a occupare la medesima posizione nella ripetizione del modulo architettonico.

Palazzo Madama5Nella cospicua documentazione raccolta, epistolare e di cantiere, la professoressa e studiosa Elena Fumagalli registra una rimarcabile differenza tra un primo progetto inviato dall’architetto a Firenze e l’effettiva realizzazione dell’opera giunta ai nostri giorni, seppure nel contempo le circostanze della modifica rimangano tuttora oscure. A partire dal completamento dell’opera nel 1642, nella facciata appaiono rilievi di putti, trofei, gigli e leoni, finestroni novi, cornicioni e cose simili, e insieme alle teste di Eracle quelle femminili. Le fattezze dei loro volti presentano un’espressione ferma, imperturbabile, con chiome lunghe che sembrano proseguire sul petto, intrecciate; ma forse è il nodo che ferma un manto poggiato sulle spalle.

Nessuna delle due raffigurazioni, uomo o donna, mostra di reggere il peso di qualcosa e dunque, con ogni cautela, a soddisfare la curiosità di un’ interpretazione, potrebbe venire in aiuto, ancorché non suffragata da prove, la ferma volontà dei committenti che fosse rappresentata ovunque all’interno come all’esterno la “Historia della Casa“.

Di tutte le vicissitudini legate alla figura di Eracle, esempio di virtù, potrebbe essere stata fatta propria dalla casata medicea quella che lo vide avvicinato a Onfale, mitica regina di Lidia di cui fu fatto schiavo. L’eroe scambia con lei ruoli e vesti; insieme avranno figli e tra i loro discendenti prossimi sarà annoverato Tirreno, che alla testa del suo popolo abbandona la propria terra e attraversa il mare per approdare nella nostra penisola, dando origine alla popolazione Etrusca, da cui proprio i Medici si gloriavano di appartenere.

Eracle e Onfale giungono a noi; uomo e donna sono trattati alla pari; la fama di Maruscelli, suo malgrado  e a dispetto delle sue intenzioni e dei suoi denigratori, non si è arrestata.

 

 

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