Ilaria Palomba
Un buon esordio narrativo

Nuova Puglia Pulp

Vigilia di Natale a Bari, tra noia, rabbia e cocaina: è «Orecchiette Christmas Stori» di Raffaello Ferrante. Ritratto tragicomico ed espressionista di una città piena di contraddizioni

Orecchiette Christmas Stori, con la i finale, di Raffaello Ferrante (Round Mindnight, pp. 97, 7 euro) è un libro feroce e potente su una certa fetta di microcriminalità barese. Si svolge interamente durante la vigilia di Natale, tra debordanti cenoni, lercissime case di tossici e sale bingo frequentate da avanzi di galera, nullafacenti, nullatenenti e cocainomani. La storia, raccontata con una terza persona ironica, brillante e dal potente ritmo paratattico, narra,  attraverso i punti di vista di cinque personaggi, un’esplosiva e distruttiva vigilia di Natale. Il luogo che li accomuna è la Sala Bingo Omero, in cui tutti in qualche modo lavorano.

Vincenzo tra il cenone, con immensa tavolata parentale, e l’imminente turno di lavoro, opta per una capatina dalla mistress Desideria. U Mazz, spacciatore, tossico e criminale occasionale, tra un progetto di rapina e una siringa, sta per vivere uno dei primi appuntamenti romantici della sua vita. Carmine, proprietario della sala bingo, innamorato, illuso e raggirato dalla libertina Michela, vive invece i momenti più paranoici della sua vita. Michela, bad girl di turno, progetta una notte di sesso, droga e delirio in compagina dell’amica Cristina. Roberto, è stato incastrato in un turno di notte e non immagina quanto caro gli costerà.

Orecchiette_christmas_storiUna perfetta pulp-story ambientata a Bari, a metà strada tra l’Ammanniti di Che la festa cominci e il Piva de La capagira. Un ritratto tragicomico ed espressionista di un certo tipo di ambienti ma non solo. La maggior parte dei romanzi degli ultimi anni ambientati in Puglia, se pur in diversi ambienti e classi sociali, mostrano all’unanimità un concentrato di divertimento estremo e decadenza socio-culturale. «Dalle finestre iniziò a piovere di tutto e fu costretto a tenersi al centro della carreggiata per evitare quella pioggia infernale di lapilli incandescenti, mortaretti, bombe carta, tric trac, pentole, piatti, bicchieri, ferri vecchi e proiettili vaganti. Che a Bari, in certi quartieri non c’è mica differenza tra Natale e Capodanno.»

Il romanzo di Ferrante è apparentemente una storia pulp e fantasiosa, si potrebbe definire tarantiniana, ma in realtà, chi ha vissuto a Bari sa per certo che quel genere di personaggi esiste davvero e si comporta proprio così e vive proprio così. C’è l’ironia, quella leggerezza del non prendersi troppo sul serio, un linguaggio che non ammicca e non giudica ma si srotola in una terza persona soggettiva, attaccata ai personaggi come una telecamera. E, nonostante il cinismo, l’ironia, l’anti-lirismo del linguaggio, questo libro contiene in realtà una quantità di poesia celata proprio nei modus viventi abietti e senza speranza di personaggi che pensano disperatamente a divertirsi, mentre attimo dopo attimo si scavano la fossa con le loro stesse mani.

Un esordio molto potente, che rivela coraggio, arguzia e uno sguardo non moralista su un reale che rovina. Un encomio anche al progetto grafico che presenta un libro in modo, anche visivamente, anticonvenzionale: con forma quadrata e dimensioni da copertina di cd, angoli spuntati e un minimale ma efficace disegno in basso a destra.

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