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Io, Io… e gli altri
La prosa intimistica (fin troppo?) di Anna Crudo, il giallo serrato dell'israeliano Liad Shoham e la “condizione umana” del poeta tedesco Hans Sahl, che solo l'estraneità fa sentire a casa...
Esilio – Pubblicare oggi in Italia testi di poesia è un po’ come essere dei vecchi samurai, coraggiosi e anche un po’ incoscienti se non si ha alle spalle la malefica e imperitura rete delle raccomandazioni, che è ancora garanzia di successo (piccolo o grande che sia, televisione a parte che con le comparsate fa da formidabile sponsor). Per questa ragione è più meritevole da parte dell’editore Del Vecchio distribuire un corposa raccolta di poesie di un autore che, a mio avviso, è ignoto ai più. Si sa: l’ignoranza, al pari della crisi economica, galoppa. Trattasi del tedesco Hans Sahl. Il titolo è Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l’uomo (480 pagine, 17,50 euro). L’introduzione è di Nadia Centorbi, superba nell’iniziarci al mondo tormentato di Sahl. L’autore nato nel 1902, di famiglia ebraica, diede alle stampe nel 1942 il suo primo volume di liriche. Aveva 40 anni ed era appena approdato a New York dopo un soggiorno da profugo tra profughi in Francia, paese che, pur sapendo che egli era un forte oppositore di Hitler, lo spedì in un campo di raccolta: Sahl, al proposito, ebbe parole giustamente amare: «La Francia inizia dunque la sua guerra contro Hitler contro i nemici di Hitler». A Parigi conduce una vita stentata. Da comunista passa a posizioni socialiste anche dopo l’incontro con Ignazio Silone (eretico per il Pci).
A proposito del suo paese d’origine – e lo dirà solo nel 1989 – sigla tra sé e sé una sorta di “patto con l’estraneità”, dopo 56 anni di esilio. Chiarirà: «Ci si stupirà: io non ho niente contro la Repubblica Federale… no, sono altri i motivi che mi inducono a non vivere in Germania… non posso vivere senza l’estraneità, senza questo sentimento che mi fa sentire mai completamente a casa, un ospite tra culture straniere, un viaggiatore tra orari di partenze». Sulla sua permanenza in America: «Ho bisogno di distanziarmi dal paese nel quale si parla la mia lingua madre, affinché possa distanziarmi anche da me stesso». Questa la sua condition humaine. Nella poesia che dà il titolo alla raccolta completa si legge:
Sono in grado di comprendere l’essere umano
solo quando diventa disumano?
Mi oppongo alla rabbia sfiancata
di chi tiene orazioni sul tracollo.
Mi oppongo al prendere atto
del fallimento
Della natura umana quando generò un essere
esente dalla fame dei lupi
eppur vorace,
che avanza vestito di seta
eppur coperto solo dalla sua pelle.
Giustizia-errore – La sorpresa, trattandosi di un romanzo giallo, è ovviamente nel finale. Tuttavia a pagina 60 circa pare che il racconto, stilisticamente molto serrato così da poterlo davvero annoverare tra i migliori usciti in questo periodo, sia già all’epilogo. Troppo facile, si dice il lettore, pur sospettoso dinanzi agli inizi su un possibile, anzi inevitabile e sconcertante svolgimento. L’autore è l’israeliano Liad Shoham, avvocato specializzatosi in diritto commerciale internazionale, quindi sapiente nel descrivere con esattezza i vari passaggi della procedura penale di Tel Aviv. La ventenne Adi Reghev viene stuprata e picchiata, la sera tardi per strada. Uno choc fortissimo, ovviamente. Lei non ha alcun elemento per poter identificare l’aggressore, ma la polizia si mette in moto nella persona del commissario Eli Nashum, irrequieto per una serie di mancate nomine. Nel frattempo, il padre di Adi non s’arrende e inizia una sorta di ronda notturna nel quartiere nord della città. Individua la presenza di un individuo sospetto che, accortosi d’essere seguito, scappa. Il padre-detective riesce a scattare alcune foto e le porta al poliziotto, dopo averle fatte visionare all’incerta figlia, ferita anche nella psiche. Il commissario Eli alla fine ha tra le mani Ziv Nevo, bloccato mentre fuggiva dalla sua modestissima casa-tugurio. Nevo pare proprio rientrare nei contorni dello stupratore seriale. Ha precedenti per abusi sessuali. E poi – domanda fondamentale – perché si trovava di notte proprio nella zona del crimine? Inizia il terzo grado, alternato da toni paternalistici, trappole e minacce. Il romanzo s’intitola proprio L’interrogatorio, pubblicato dall’editore Giano (350 pagine, 15,19 euro). Mentre la vittima viene spinta ad affrontare un confronto all’americana, sia pure tra mille incertezze e una serie di trucchi da meschina investigazione, per Zevo la sorte è segnata. Oltretutto per lo stupro è innocente, ma non può fornire alibi. Dietro c’è qualcosa che scotta. Scotta davvero. Ma mi fermo qui. La parte rimanente del romanzo è comunque incalzante.
Io, Io – Dopo tante parole-esortazione su giornali, tv, pagine di eminenti critici, c’è ancora qualcuno che rimane chiuso nella stanza del proprio io, ignorando o quasi quel che scorre sotto la finestra, per la strada, per i sentieri di una fantasia dinamica. È il caso di Anna Crudo, autrice di Io sono l’altra, raccolta di racconti intimistici pubblicati dalle Edizioni Ensemble (134 pagine, 12 euro). Possiamo, con una disinvoltura che è comunque lontana dal tono critico-inquisitorio, pronunciate la seguente parola: “Peccato!”. Sì, perché Anna Crudo ha una prosa lucida, corretta, talvolta affascinante, che tuttavia è rivolta, magari alludendo a presenze che non siano se stessa, quasi ombre della caverna platoniana, esclusivamente a quel che la moda lessicale indica come l’ombelico. Inteso, questo, come ben vivisezionato baricentro narrativo, tutto virato verso quella formula che non è narrativa vera, ma diario a uso di chi lo scrive. Gli uomini si stagliano su una parete evocata come ombre cinesi. Eppure la Crudo li comprende prima di giudicarli e condannarli. Privilegiando la solitudine delle donne che sono abbandonate. Gli uomini se ne vanno quasi sempre – e con un meschino borbottio di scuse – pur rispettando, formalmente, quelle statistiche internazionali secondo cui le coppie rimangono ingessate a se stesse. Ma ci sono tanti modi, tutti subdoli, d’essere distanti nel mezzo di una presenza fisica familiare. Come dire: basta il batter d’ali di una farfalla, e la mente dell’uomo entra in corto circuito. La Crudo, che è brava a scrivere, dovrebbe soffiare la vita alle sue ombre, farle parlare, farle muovere.