Un saggio da leggere
La Socìetas aperta
Un ebook di Oliviero Ponte di Pino analizza la lunga e fortunata parabola artistica di Romeo Castellucci. Dall'esordio grottesco e irriverente fino alle visioni da Leone d'Oro.
C’è un volume che da qualche mese circola, con successo, nell’enorme libreria del web: è un ebook, a firma del critico e studioso Olivero Ponte di Pino, dedicato al regista di culto della scena contemporanea italiana e al gruppo con cui ha mosso i primi passi. Stiamo parlando, l’avrete capito, di Romeo Castellucci e della Socìetas Raffaello Sanzio.
Il libro, edito da Doppiozero.com e ateatro.it, è prezioso, per vari motivi. Era, quando è stato proposto lo scorso agosto, un “istant book”, destinato a essere “consumato” in fretta: si sta rivelando, invece, lettura dopo lettura, un volume di grande spessore. Intanto perché colma un’incredibile lacuna: la Socìetas è una delle formazioni teatrali più note e amate al mondo, Romeo è un regista che ha saputo connotare gli ultimi decenni del Secolo scorso e il primo del nuovo, ma sono paradossalmente poche, se proporzionate al successo internazionale, le pubblicazioni loro dedicate.
Insignito del Leone d’Oro all’ultima Biennale di Venezia, Castellucci continua inarrestabile il suo viaggio visionario, apocalittico, romantico, aspro e violento nel mondo delle immagini e della parola, restituendo un senso profondo all’arte teatrale. Ora, mentre la città di Bologna si appresta a omaggiarlo con un programma fitto di eventi – a partire dalla struggente lettura del Parsifal wagneriano al Comunale – Castellucci propone un enigmatico “Corso di linguistica” che sugella la complessità e la ricchezza della sua ricerca artistica.
Allora, nell’agile volume di Ponte di Pino si ritrovano ampie tracce critiche, approfondimenti, riflessioni, suggestioni su quel percorso umano e creativo: elementi che sono un’utile guida per leggere il continuo evolversi, pur nel rigore metodologico e nel costante ritorno di certe strutture, del pensiero teatrale di Castellucci (nella foto). Ma non solo: il volume di Ponte di Pino è frutto di un lavoro di osservazione “da vicino”, di presenza e di testimonianza di un critico che era già “in sala”, attivo e ricettivo, quando la Raffaello Sanzio muoveva i primi passi. Così ha fatto bene l’autore a riproporre, senza sostanziali cambiamenti, gli scritti di allora: le recensioni a caldo, le riflessioni immediate, le suggestioni che l’esplosivo avvento della compagnia di Cesena regalava al teatro italiano a partire dai primi anni Ottanta. Ponte di Pino prende le mosse dagli enigmi che costantemente la compagnia poneva e pone: ma nel tentativo di affrontare quei nodi enigmatici, il libro diventa anche un bellissimo viaggio a ritroso nel tempo, un calarsi nella memoria di anni burrascosi e febbrili come furono – al di là di ogni retorica – gli ultimi Ottanta e i primi Novanta.
Accanto a questi materiali di “repertorio”, sono dunque numerose e indicative le “Tracce” che il critico interpola nel racconto: a partire dalla ricognizione sulla “galassia del teatro italiano” in cui si fecero notare i quattro giovani cesenati. Romeo Castelluci, Chiara Guidi, Claudia Castellucci e Paolo Guidi, generazione anni Sessanta, arrivarono a Milano – ricorda Ponte di Pino – nel 1983 con I fuoriclasse della bontà: «Eravamo quattro o cinque spettatori in una platea quasi deserta. I fuoriclasse della bontà era uno spettacolo bizzarro, sgangherato e molto divertente. Colto e spiazzante, culminava in un surreale duetto tra Giotto e Cimabue, gag estetico-filosofica densa di riferimenti iconografici ma anche di sberleffi, condita da una attitudine pedagogica, petulante e irriverente». Ed è interessante notare – accanto al sorprendente lato comico, addirittura grottesco e irriverente dei primi spettacoli della compagnia –, quanto un aspetto “politico” e non solo “estetico” tornasse nelle letture critiche delle opere della Raffaello Sanzio di quegli anni.
Ma questo libro, comunque, non è certo solo un percorso nella memoria, anzi. Non poteva mancare uno sfondamento al presente, all’oggi: l’apertura e la riflessione sulle possibilità ulteriori di una creatività fantastica come quella di Romeo Castellucci. I lavori più recenti – dalla imponente Tragedia Endogonidia, alla Trilogia dantesca, dallo “scandaloso” e contestato dagli oltranzisti cattolici Sul concetto di Volto nel figlio di Dio al Velo nero del Pastore – sono ancora oggetto di ampie pagine critiche. Pagine che danno risposta alla domanda da cui Oliviero Ponte di Pino partiva, in apertura di volume, rivoltagli da un fantomatico amico: «Qualcuno mi deve spiegare perché la Raffaello Sanzio è diventata un gruppo di culto». Beh, questo libro – corredato da una millimetrica e utilissima teatrografia e da alcune belle immagini – dà più di una risposta.