Lettera da Tunisi
La Primavera lunga
La Tunisia ha appena celebrato tre anni di "rivoluzione" ma il Paese è ancora lontano da una vera pacificazione. Ci sono troppi interessi (soprattutto internazionali) in gioco
La mamma regge il bambino che continua girarsi, attirato dal fucile d’assalto famas del militare delle Bir reparto antisommossa dei carabinieri tunisini. Sorride, il bambino, e il militare si presta volentieri. È mascherato. Il volto coperto dal mefisto. Il marito della signora fa fatica a scattare, in mezzo alla ressa di gente che passa, discute, commenta o vuole catturare lo stesso ricordo di questa giornata di meta gennaio. Dall’altra parte del boulevard alberato, ricordo della Tunisi coloniale, sull’avenue Bourghiba, i caffe sono pieni di gente seduti ai tavoli all’aperto. Non c’è il ritmo cadenzato degli slogan che di solito condivano ogni appuntamento di piazza in Tunisia: “karama, hurrya” (dignita, liberta). E neanche la coltre bianca, acre e irritante dei lacrimogeni. I reparti di polizia e Guardia nazionale sono presenti in forze, ma si nota bene che non c’è tensione.
L’aria umida, a tratti punteggiata di una pioggia leggera, non è attraversata da alcun fremito sinistro, neanche sotto le bandiere nere con le frasi del Corano “la illah illa Allah” che volteggiano nell’aria brandite da giovani sorridenti. Sono su di un lato del viale, quello tradizionalmente riservato ai filo Ennahda, partito di governo a ispirazione islamica – dimissionario da pochi giorni – ma è sparita come per incanto ogni contrapposizione, anche solo verbale che, ad esempio, aveva condito il Primo maggio dello scorso anno. Le forze di polizia schierate nel mezzo, questa volta, hanno potuto godersi la festa anche loro.
Ecco, questa è l’istantanea del 14 gennaio a Tunisi. A dispetto di chi avrebbe voluto ancora scontri, sangue e l’inutile rapppresentazione di una violenza che non appartiene al popolo tunisino. Anche se qualche incidente c’è stato nei giorni precedenti a sud di Kasserine e a cité Etthadamen. Tre anni fa in questa data, Ben Ali, il dittatore, tagliava la corda, abbandonando il paese. E sarebbe cominciata la lunga transizione verso a democrazia. La nuova Costituzione è stata approvata dall’assemblea generale, avrebbe dovuto entrare in vigore proprio il 14 gennaio. C’è stato qualche ritardo… del resto, perché pretendere la luna, con dei risultati immediati in termini di democrazia reale, alla nuova Tunisia, quando anche la Rivoluzione francese ha impiegato un secolo per produrre i frutti promessi sulle barricate nella societa, nelle isituzioni e nella vita quotidiana dei francesi? Un processo avvenuto tra restaurazioni, capovolgimenti di fronte, marce indietro e balzi in avanti. E dei consigli sono giunti anche dall’Italia che ha voluto testimoniare vicinanza, amicizia e collaborazione con i fratelli tunisini. Lo ha fatto con una bella iniziativa della nostra ambasciata di Tunisi in collaborazione con la fondazione De Gasperi. «Mio padre è stato sempre un attento osservatore della realta mediterranea nel suo insieme. Con tutti i paesi che si affacciano sulle rive di questo mare condividiamo troppo per non sentirci partecipi di ogni avvenimento»: sono le parole di Maria Romana De Gasperi durante una breve intervista nella sede del Centro culturale italiano a Tunisi. «Servono tempo e pazienza per i processi di cambiamento. Anche nel secondo dopoguerra in Italia sia De Gasperi che Togliatti dovettero rinunciare alla completa epurazione negli organi dello stato della vecchia nomenclatura fascista» ha invece sottolineato il cattedratico Lorenzo Ornaghi, con Francesco Margiotta Broglio a fargli da contrappunto.
Insomma, in Egitto come in Tunisia e in Italia, non basta vincere le elezioni per rendere una rivoluzione compiuta – o un auspicabile change realizzato – per cambiare un paese, se la “state machine”, usiamo un termine obamiano, ti rema contro. Bisogna dunque armarsi di pazienza, senso dello stato, amore per le istituzioni, volonta e disponinilita al dialogo. Usando un termine che potrebbe far venire l’orticaria a molti, servirebbe un approccio “pluralista” per la Tunisia, dopo l’orgia di regime e di governo familista passata con Ben Ali. Comunque sia, oggi il paese maghrebbino ha un nuovo governo tecnico, guidato da Madhi Jomaa, ministro dell’Industria uscente, che dovrebbe portare il paese a nuove elezioni. Inshallah. Ha una costituzione tutta nuova, laica ed avanzata, che prima o poi entrera in vigore. Come detto, avrebbe dovuto accadere proprio il 14 gennaio, ma non possiamo chiedere una puntualita austroungarica a queste latitudini. È troppo. Auguriamo alla Tunisia ogni fortuna che merita e di trovare una nuova classe politica che, come affermava lo stesso Alcide De Gasperi, sia ispirata da «amore per il prossimo, contro ogni logica».
Le fotografie sono di Pierre Chiartano