Contro la digitalizzazione del sapere
Fermate la Carrozza!
Incostituzionali, contradditorie e antidemocratiche le funzioni che secondo il ministro dell'Istruzione devono avere i libri di testo adottati a partire dal prossimo anno scolastico. Ecco perché...
A partire dall’anno scolastico 2014-2015, la scuola italiana adotterà libri di testo digitali, secondo il decreto 781 del Miur di turno Maria Chiara Carrozza. Nell’allegato 1, il ministro ha inventariato tre funzioni del libro di testo riportate qui in corsivo e commentate:
1. Il libro di testo deve offrire al lavoro didattico un percorso di riferimento conforme alle indicazioni, per garantire l’opportuno livello di uniformità e standardizzazione dei percorsi e degli obiettivi di apprendimento.
Nostalgie totalitarie? Se il raggiungimento di obiettivi minimi indicati dallo Stato può considerarsi doveroso per un insegnante statale professionista, essere obbligati a garantire percorsi di apprendimento uniformi e standardizzati è, invece, contro la libertà dell’insegnante, è mortificante della sua personalità e professionalità, oltre a essere incostituzionale e didatticamente scorretto. La cosa risultava chiara persino nei programmi della scuola elementare del 1955 e crea perciò meraviglia che un testo ministeriale possa oggi presentare così gravi aporie. Del resto, nel breve discorso pronunciato in apertura di un convegno ad hoc presso la Scuola Normale di Pisa (fondata, come è noto, da Napoleone Bonaparte nel 1810), il ministro Carrozza fa esplicito riferimento a nostalgie napoleoniche quando dice che «volendo riformare lo Stato e ripartire con la ricostruzione di cui c’è tanto bisogno in Italia, […] dobbiamo recuperare il ruolo che l’istruzione superiore ha sempre avuto a partire da Napoleone». Ruolo, ovviamente, destinato a essere di indottrinamento: come se gli insegnanti dovessero oggi apprendere il mestiere di áscari di un regime in fase di «ricostruzione»!
Napoleone – spiega il ministro – si basava su «un’idea profonda [sic!]: quando si deve lanciare un nuovo Stato, costruire un nuovo apparato burocratico, riformare lo Stato su nuovi princìpi, una delle cose più importanti da fare è formare gli insegnanti». Il ministro Carrozza insiste: «Non ho sogni napoleonici, anche se la tentazione è forte dalla Scuola Normale, ma penso che, in questo momento di ricostruzione del paese, noi dobbiamo guardare agli insegnanti. […] In questo momento, a parte l’esercito, la polizia, la guardia di finanza e tutti gli apparati dello Stato e i carabinieri, non ci sono altre istituzioni come la scuola italiana che possano provvedere alla coesione territoriale con tanta diffusione capillare e determinazione». La scuola e gli insegnanti sul territorio, dice la Carrozza, hanno il ruolo di «tenere insieme lo Stato». Né manca l’allusione del ministro a un programma di uniformità pedagogica: «Siamo italiani perché abbiamo studiato in aule simili, con professori che avevano gli stessi programmi, abbiamo studiato sugli stessi libri: e gli stessi libri sono quelli che ci tengono insieme, che ci danno quel linguaggio comune che ci fa sentire italiani». Vien da chiedersi chissà che cosa potrebbe succedere se studiassimo – come in effetti studiamo – su libri diversi! Il ministro Carrozza sarà in buona fede, certo, ma le sue idee non collimano con una concezione democratica dello Stato. E questo è molto imbarazzante da parte di un ministro della Repubblica.
2. Il libro di testo deve offrire una esposizione autorevole dei contenuti essenziali previsti dalle indicazioni nazionali.
3. Il libro di testo deve utilizzare al meglio la caratteristica fondamentale della “forma libro”.
C’è confusione o è uno scherzo? Il decreto ministeriale tocca indici alti di contraddizione: dà l’ordine di usare uno strumento di forma digitale (con struttura logica dinamica e “a ragnatela”) e, al tempo stesso, di mantenerne la forma libro (con struttura logica statica e lineare). Siamo di fronte a uno stranissimo allucinante e pasticciato comportamento! Affinché l’amaro del calice non abbia a essere edulcorato, ricordo al lettore che, nel frattempo, Manfred Spitzer, direttore del Centro per le neuroscienze e l’apprendimento dell’università di Ulm, ha pubblicato (traduzione italiana, 2013) un libro dal titolo provocatorio: Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi, ed. Corbaccio, con un capitolo che titola così: «La scuola: copia e incolla anziché leggere e scrivere?».
Incostituzionale, confuso e contraddittorio. Che farne di questo decreto? Così com’è produrrà soltanto danni. Ripensarlo e modificarlo? Purtroppo l’attuale governo non sembra avere molte chances. Ma – c’è da chiedersi – non si potrebbe affidare l’alfabetizzazione digitale alle competenze professionali periferiche del sistema scuola (che esistono e, tra l’altro, stanno già lavorando)? Non si potrebbe evitare l’orgia iperattiva e confusionaria degli organi centrali di governo? Per favore, fermate il ministro! O, se può risultare più efficace, fermate la Carrozza!