Le storie di “Ricci, limoni e caffettiere”
In attesa di vita
Un libro racconta in presa diretta le esperienze vissute da recluse e operatori nel carcere femminile di Rebibbia. Dove il domani più che un'opportunità e un obbligo
Da mesi è tutto un parlare di carceri, della loro situazione, del sovraffollamento, delle condizioni inumane ma, alla fin fine, poco si fa per rendere dignitosi i luoghi di detenzione che dovrebbero servire alla “redenzione” di chi ha sbagliato. E allora, per voi che non vi accontentate delle solite chiacchiere, ecco un agile libretto che vi parla di vite vissute, di «piccoli stratagemmi di una vita ristretta» per poterla migliorare quella vita dove un errore è per sempre.
Ricci, limoni e caffettiere, edizioni dell’asino, 88 p. 8€, è un libro corale fatto da chi in carcere, Casa Circondariale femminile di Rebibbia a Roma, espia la sua colpa e da chi in carcere lavora a diverso titolo: non vola alto con concetti filosofici e principi di giustizia ma vola altissimo con pezzi di vita, con espedienti per salvare il corpo e l’anima di chi in carcere ci vive. «Quando un soggetto entra in carcere, nel caso della donna, diventa una nuova giunta …», dice l’ex direttrice del carcere Lucia Zainaghi: in queste poche parole c’è l’abisso della spersonalizzazione, della vendetta dello stato civile verso chi ha sbagliato, sia essa/o un delinquente abituale o una persona incappata per una volta nel crimine più o meno grande.
Leggetelo, ci metterete poco, e forse sorriderete o forse vi commuoverete a conoscere un mondo nuovo. Imparerete come farsi una maschera di bellezza senza nulla o piccoli rimedi per inconvenienti giornalieri come potrebbe essere l’alitosi o un eccesso di sudorazione. E ci potrete trovare anche il rimedio per levare il malocchio. Di sicuro, se non siete insensibili alle vite del nostro prossimo, rifletterete e saprete distinguere il grano dal loglio tra le parole dei nostri politici.