Un'antologica a Napoli
Tra arte e inconscio
Il Madre rende omaggio a un grande irregolare: Vettor Pisani. Visionario, provocatorio, esoterico, ironico: insomma un artista ancora oggi tutto da scoprire
Su di un’alta colonna troneggia la statua dell’Immacolata Concezione, presa dal repertorio kitsch delle “immaginette” devote; ai piedi, una piramide, simbolo magico e profetico dell’errare. Il pensiero corre ad Apocalypse Now, l’ultima mostra di Vettor Pisani alla Fondazione Morra, ancora in corso quando l’artista, barese di nascita ma con origini ischitane, il 22 agosto del 2011, decise di porre fine alla sua vita a 77 anni. Ed è da questo ultimo viaggio del poeta dell’inconscio che parte la retrospettiva, Eroica Antieroica, la più completa, che gli dedica il Madre di Napoli. A curarla Andrea Villani, direttore del museo ritrovato grazie alla spinta propulsiva del presidente Pierpaolo Forte, ed il giovanissimo critico d’arte Eugenio Viola con la supervisione di Laura Cherubini e la collaborazione di Mimma Pisani che ha permesso di ricostruire momenti salienti della carriera del marito, tra i protagonisti, a partire dal 1970, di quell’irripetibile stagione dell’arte, in cui gli artisti abbandonano musei e gallerie e si interrogano su cos’è l’arte.
L’Immacolata, nell’atrio, è l’ouverture al percorso iniziatico nell’universo criptico di Pisani, “scheggia impazzita” del sistema dell’arte, architetto, drammaturgo, filosofo affascinato dalla religione, dalla natura, dal mito, dall’alchimia e dalla massoneria, tra i personaggi più controversi, originali e visionari della sua generazione. Il colpo d’occhio, in questo cortocircuito allestitivo che ci traghetta, volutamente senza istruzioni per l’uso, in una sorta di labirinto circolare, dall’ingresso di palazzo Donnaregina alle sale del terzo piano, è al pianterreno. Oltrepassata la soglia, ci si immerge in una liturgia esoterica magicamente orchestrata da un “eroe-antieroe” che indaga l’invisibile e si serve dell’arte «che ci fa vedere l’indicibile». L’assurdo diventa possibile ci invitano le storiche installazioni messe in posa in dialogo provvisorio. Ecco la Barca dei sogni guidata da un nocchiero “romanticamente cupo”, la prua rivolta all’Isola dei morti, ispirata ad Arnold Bocklin, il «luogo dell’infinito – spiegava Pisani – che costruiamo noi con la nostra immaginazione, un’aldilà sereno, perché io non credo nella morte come estinzione dell’essere, ma nel passare da uno stato all’altro». Il continuo ritorno, la rimescolanza, il nuovo che nel vecchio acquista, attraverso citazioni, sfumature diverse. Ecco il Marat di David rivisitato in Museo criminale francese, l’Imitatio Christi con la nera Madonna in cartapesta, il Crocifisso in legno dorato e le semicroci a forma di T, lo struggente neon de Il mio cuore è un abisso, il pianoforte a mezza coda di Virginia Art Theatrum, la Tomba di Claretta Petacci, firmata con Gino De Dominicis e la complicità di Carmelo Bene, entrambi legati a Vettor Pisani dal comune interesse per il soprannaturale. Artisti insieme in uno spiazzante rimescolamento di carte. Il duo De Dominicis-Pisani ci riprova col Concerto Invisibile, due pianoforti a coda chiusi tipo panino sulla riproduzione della Gioconda di Leonardo, il tutto sormontato da una teoria di piramidi obelisco.
Pisani non accetta l’idea dell’artista solo, nel suo sguardo olistico, nella sua divorante sete di sapere, nel suo riflettere sul reale attraverso l’ibridazione di simboli e materie, si rivolge agli altri artisti in una ideale collaborazione-identificazione. Guarda a Duchamp, a Klein, a Beuys, lavora con De Dominicis e Pistoletto, si contamina col pornografo Riccardo Schicchi. Nella sua poliedrica ricerca, ben documentata al Madre con il corposo nucleo di grandi installazioni, dipinti su tela e pvc, disegni, collages, immagini fotografiche e filmiche delle azioni performative, spicca, appunto, lo straordinario Scorrevole, performance con una modella nuda agganciata tramite un collare a un cavo di metallo e sospinta nello spazio, ma anche doppio intervento su vetro di Pisani e su specchio di Michelangelo Pistoletto riferito a due opere di Duchamp. L’interazione tra i due si fa poi Plagio nel video in cui le sembianze dell’uno si confondono con quelle dell’altro. Nella narrazione suggerita da Villani e Viola senza alcuna cronologia ma con attenzione alle ossessioni pisaniane – amore e morte, maschile e femminile, umano e divino – il sottile filo di lettura si coglie nelle “stanze” tematiche che si aprono con una simbolica coppia di funamboli a far da preludio alla caduta della grande aquila-marionetta, un divano surreale con i cipressi che spuntano dai cuscini, un delicato disegno di un Arlecchino.
L’impressione è di un’unica opera d’arte totale in continua metamorfosi, la messa in scena dell’inquietudine di un artista in dubbio anche sulla propria identità, tanto da inventarsi una biografia finta con luogo di nascita Napoli o Ischia, data, 1934 costruita sul rosacrociano numero quattro, genitori presentati come un ufficiale di marina e una ballerina di strip-tease, un antenato condottiero veneto del Trecento. Nella folla di “apparizioni” si dipanano la Camera di Eros con una testa di Venere in cioccolato minacciata da una spada di Damocle, La lepre non ama Beuys, omaggio burlesco e dissacrante all’artista tedesco, Virginia con i pesci rossi del 1997 con cui Vettor Pisani anticipa la questione dei migranti.
Provocazioni, enigmatiche suggestioni, effimere, irriverenti scenografie. Come le tante versioni di Rc Theatrum o il ciclo di Edipo e la Sfinge rappresentato tra ironia e serietà nel “dedicato” a Roma con Edipo abbracciato a una Sfinge dal corpo di ghepardo e sullo sfondo la Piramide Cestia. Tra il bestiario di tartarughe, lumache, conigli, scimmie, gatti, pavoni ecco, infine, il progetto Virginia Art Theatrum/Museo della Catastrofe, realizzato, nel 2006, in una cava di travertino dismessa a Serre di Rapolano in provincia di Siena. E’ la sintesi di un errare nel labirinto della conoscenza, l’idea rincorsa per anni del senso dell’arte intesa come la natura che si rigenera dalla morte.
La mostra sarà visitabile fino al 24 marzo, per poi avere un sequel al Teatro Margherita di Bari. Occasione in un cui sarà presentata la monografia edita da Electa.