Lettera da Londra
Scozia libera tutti!
Ormai è deciso: il 18 settembre 2014 si terrà il referendum sul distacco degli scozzesi dalla Gran Bretagna. Gli indipendentisti di mezzo mondo sono in fermento, e Cameron trema
È fatta. Di qui a un paio d’anni la Scozia potrebbe essere un Paese indipendente. Di strada se n’è fatta da quel lontano 1603 quando, alla morte senza eredi di Elisabetta, Giacomo I sedette sul trono inglese, unificando sotto la sua testa coronata i regni di Inghilterra, Scozia e Irlanda. E adesso, a distanza di più di quattrocento anni, Alex Salmond ha tracciato la strada per la liberazione definitiva da quello che il suo partito SNP (Partito Nazionale Scozzese) e molti altri nazionalisti scozzesi hanno sempre considerato il giogo egemonico e soffocante della Union Jack, la bandiera nazionale del Regno Unito.
La settimana scorsa Mr Salmond (nella foto) ha annunciato il “Giorno della Giudizio”, il 18 settembre 2014, quando gli scozzesi saranno chiamati alle urne in un referendum per scegliere sì o no, votare per l’indipendenza o preservare la fisionomia di un regno che dura invariato da secoli. Cosa succederà se sarà la fazione dello “Yes” a vincere? L’effetto sarebbe immediato e si dovrebbero ristampare le cartine politiche di mezzo mondo. È tutto spiegato con dovizia di particolari nel White Paper, il Libro Bianco per l’indipendenza della Scozia, un documento di 670 pagine che vaglia e risponde a ogni possibile FAQ. Si attesta, per esempio, che è nell’interesse del nuovo stato libero mantenere la sterlina, assicurando la continuità monetaria con la vicina Inghilterra, e, soprattutto, la forza della moneta grazie alle esportazioni di petrolio, gas e whisky. Verrà rimossa la base sottomarina ad armamento nucleare sull’estuario del fiume Clyde, vicino Glasgow, ma verranno mantenuti gli impegni in ambito europeo.
Le maglie dell’Unionismo sono sempre andate troppo strette agli Scots. Dalla sua fondazione nel 1934, l’SNP ha rivendicato l’affrancamento da Londra, e dopo le elezioni del 1997 ottenne per la prima volta dei seggi in Parlamento e, in ultimo, un referendum per l’introduzione di un Parlamento scozzese, che venne istituito nel 1998 a seguito dello Scotland Act. Tutto ciò non sorprende se si considera che i nazionalismi intestini sono particolarmente radicati da questa parte della Manica: tanto per fare un esempio spicciolo, il Regno Unito partecipa ai tornei di rugby, calcio, hockey, squash non come nazione in quanto tale, bensì con le singole regioni di Scozia, Galles e Inghilterra. Come veder giocare la Basilicata contro il Brasile, per intenderci. A vederla così, di “unito” sembra essere rimasto ben poco.
Qualunque sia il risultato nel referendum dell’anno prossimo, l’idea di una Scozia indipendente non è più il ridicolo farneticare di nazionalisti esaltati, quanto piuttosto una realtà concreta, che lascerà sicuramente un marchio importante nella storia dei regionalismi. Questa alzata di testa degli Scozzesi può essere un segnale forte agli occhi degli altri movimenti indipendentisti, in quanto mostra come ci sia possibilità di scampo da quel centralismo londinese che rimane ai più indigesto. Il primo ministro gallese Carwyn Jones sta osservando da vicino la situazione scozzese e ha affermato che, comunque vadano le cose, la Gran Bretagna dovrà rivedere la propria costituzione. Senza poi dimenticare la Cornovaglia e la voce separatista del partito Mebyon Kernow: nel censimento del 2011, 73.200 persone su 530.000 hanno indicato come “Cornish” (cornico) la propria nazionalità. È anche vero, tuttavia, che Salmond non vuole e non può permettersi un fiasco come avvenne per i referendum indipendentisti in Quebec nel 1980 e 1995: dal sondaggio di domenica 1 dicembre, è risultato infatti che solo il 27% dei votanti prevede di rispondere “yes” nel referendum dell’anno prossimo.
E da parte sua l’Inghilterra che fa? La settimana scorsa, in Parlamento, David Cameron ha pubblicamente screditato il White Paper di Salmond, in quanto irrisorio ed evasivo su molte questioni di strategica importanza per il futuro del nuovo stato. Non c’è da sorprendersi che i tre principali partiti inglesi (i Conservatori, i Labouristi e i Socialdemocratici) si oppongano strenuamente alla formazione di una Scozia libera ed indipendente, affermando che uno stato con una popolazione di soli 5 milioni di abitanti sarebbe sicuramente debole ed insicuro. Insomma, è innegabile che la Gran Bretagna sia sempre stato un paese dalle identità regionali particolarmente radicate perciò, a questo punto, non resta che sedersi ed aspettare.