Esce per la prima volta "Il silenzio"
Max Frisch ritrovato
Il piccolo editore Del Vecchio pubblica un racconto giovanile inedito del grande scrittore svizzero. Una storia epica di eroismo mancato: perché la vita è più semplice che romantica
Conoscete Max Frisch? Se, zigzagando tra i grandi del Novecento, l’avete perso, recuperatelo, ne vale la pena. Homo Faber in letteratura e Don Giovanni o l’amore per le geometrie in teatro (apologia e inutilità della solitudine e della tecnocrazia) sono le sue opere migliori anche se difficili da reperire: una critica al Novecento dall’interno, nel senso che non basta il pensiero, neanche quello più aperto, più progressista, a sconfiggere il potere dei sentimenti. Sennonché – se ne può dedurre – saggezza e spirito critico sono inutili: ciò che questo inizio di terzo Millennio si è incaricato di dimostrare con rigore scientifico. Purtroppo! Max Frisch, infatti, denunciava una tendenza che ai nostri giorni s’è pienamente affermata come norma.
Insomma, non perdetevi Max Frisch (1911-1991), magari cominciando da un librino strano pubblicato da un piccolo, volenteroso editore: sto parlando di un “racconto dalla montagna” intitolato Il silenzio e pubblicato da Del Vecchio (traduzione di Paola Del Zoppo, 120 pagine, 13 euro). Si tratta di un racconto giovanile, (primi anni Quaranta) “ripudiato” dall’autore e di fatto pubblicato ora per la prima volta in lingua originale e subito rimbalzato da noi. È una sorta di Linea d’ombra della montagna: un ragazzo in cerca di identità decide di sfidare una cima prodigiosa. Con un po’ di retorica ottocentesca (e questo è l’unico limite del racconto) si prepara alla sfida della vita: se riuscirà ad arrivare in vetta seguendo un percorso inedito e difficilissimo, sarà un uomo, in caso contrario non sarà. Perché l’unica vera alternativa al successo, si dice il ragazzo, è la morte. Peccato che l’esperienza si prenda l’incarico di smentirlo. E la smentita si chiama Irene: una ragazza altrettanto misteriosa. Ma non credete: non è l’amore la terza via. Il racconto ha un colpo di scena sinistro che non vi anticipo, ovviamente.
Max Frisch era svizzero: figlio di un architetto celebre, bazzicò la poesia prima di decidere di darsi un ordine (mentale) sposando i numeri. Che nel suo caso erano quelli di derivazione paterna: lasciò la poesia e divenne architetto (per dire, la piscina di Zurigo porta il suo nome…). Il suo racconto ripudiato e inedito si colloca proprio in questo passaggio; e ne assume sostanza. Salvo che dopo la svolta architettonica, Frisch riprese in mano la penna e continuò a scrivere. Soprattutto dopo aver legato con un conterraneo di genio, Friedrich Dürrenmatt, e con un grande intellettuale dell’epoca, Bertolt Brecht. Insomma, la letteratura di Frisch è un coacervo di contraddizioni perfettamente novecentesche: le passioni che non collimano con le idee, la tecnologia che opprime le individualità o, come nel caso di questo racconto Il silenzio, l’eroismo romantico che contrasta con la banalità della vita… Se non lo conoscete, non perdetevelo.
P.S. Un’ultima parola su questa piccola casa editrice, Del Vecchio, che non conoscevo. Il libro in questione è molto elegante: con una grafica retrò, buona carta e apparati critici utili. Dentro ci sono disegni buffi e suggerimenti di lettura interessanti: insomma, un oggetto che va controtendenza, rispetto alla fretta critica e alle scelte grafiche facili e rutilanti di oggi. Complimenti!